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 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

INTERNET WI-FI UN DECRETO DA CANCELLARE

L’Italia è sistematicamente tra gli ultimi Paesi in Europa, a fianco di Romania e Bulgaria, per tutto quanto riguarda Internet e informatica. Inequivocabili i dati Istat e Eurostat: sono indietro i cittadini, metà dei quali non hanno mai usato un computer; sono indietro le imprese che investono decisamente meno di quelle tedesche o inglesi in tecnologie dell’informazione; è complessivamente indietro la pubblica amministrazione, nonostante i periodici annunci di rivoluzioni digitali.
Quando un Paese è così gravemente arretrato in un determinato settore, le cause sono quasi sempre più d’una. Ma pur riconoscendo la molteplicità e la complessità delle cause, a volte un fattore si staglia netto nella sua evidente nocività. Per l’Italia che soffre a essere relegata tra gli ultimissimi Paesi in Europa per tutto quanto riguarda la rete, per quell’Italia, che è consistente e che popola tutti gli schieramenti politici, che vede nella rete una straordinaria opportunità di crescita economica e sociale, non ci sono dubbi: quel fattore è il cosiddetto decreto Pisanu.
Introdotto subito dopo gli attentati terroristici di Londra del luglio 2005, il decreto Pisanu regolamenta l’accesso a Internet da postazioni pubbliche, come gli Internet point e le reti wi-fi. Chi offre la connettività deve non solo richiedere, in numerosi casi, una licenza al questore, ma anche e soprattutto identificare in maniera forte, ovvero con documento di identità, chiunque voglia connettersi alla rete. Quindi, fotocopia della carta d’identità o del passaporto, e assegnazione di un identificativo unico associato alla connessione. Questi adempimenti burocratici apparentemente innocui, particolarmente in un Paese che nuota nella burocrazia, da cinque anni strozzano un’importante modalità di accesso a Internet. Chi vuole, infatti, offrire accesso alla rete in un locale pubblico, in una università, in una biblioteca o una piazza, deve obbligatoriamente identificare gli utenti, con costi ingenti soprattutto dal punto di vista organizzativo. Il risultato è tanto scontato quanto nocivo: in Italia l’offerta pubblica di wi-fi (gratis o a pagamento) è nettamente inferiore a quella di molti altri Paesi. In altre parole, abbiamo azzoppato una delle modalità più facili da realizzare - e anche economicamente più abbordabili per chi non può permettersi l’Adsl a casa o una chiavetta cellulare (con peraltro tutti i limiti di quest’ultima soluzione) - per offrire accesso a Internet in un Paese che ne ha disperatamente bisogno.
Si dirà: è una norma indispensabile per la lotta al terrorismo. Può essere. E’ stata la motivazione originale e probabilmente anche quella che ha indotto i governi di entrambi gli schieramenti a prorogare il decreto Pisanu anno dopo anno.
Tuttavia un dato di fatto eclatante sembra smentire decisamente questa ipotesi: siamo l’unico Paese al mondo ad avere una norma simile. Unico tra i Paesi avanzati e democratici, si capisce. Unici nell’Unione Europea, unici tra i Paesi Ocse. Non c’è nulla di simile negli Usa del pur draconiano Patriot Act post 11 Settembre. Non c’è nulla di simile in un Paese che in quanto a sicurezza non scherza come la Turchia. Non c’è nulla di simile in un Paese che ha fatto della sicurezza uno dei pilastri della sua stessa esistenza come Israele.
Il motivo è facilmente intuibile: norme burocratiche come il decreto Pisanu sono soprattutto un gigantesco fastidio per i cittadini per bene, un poderoso freno posto alla parte sana del Paese, ma un lacciuolo facilmente eludibile da parte di terroristi e altri malintenzionati.
Per Natale, dunque, facciamoci un regalo: abroghiamo il decreto Pisanu, come proposto ieri pomeriggio a Montecitorio da Luca Barbareschi (Fli), Paolo Gentiloni (Pd) e Linda Lanzillotta (Api). Iniziamo il 2011 un po’ più leggeri e un po’ più moderni.