Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 05 Martedì calendario

CHIARI SUPERDOTATO COME UN GORILLA

E ANDREOTTI DISSE NO -

La delibera è datata 9 agosto 1950, e scritta in un democristianes egentile ma implacabile. «Nonspetta a me il giudizio critico suquesto film. Osservo che esso si impernia sul motivo del foot ball - nulla c’è da dire - e sul motivo della passione sessuale epidermica-mente toccata con una non lieve grossolanità...».
Ed ecco, dopo necessaria premessa, che Giulio Andreotti 28enne sottosegretariato alla Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri con delega allo Spettacolo, censura ufficialmente ben quattro scene del film “L’inafferabile 12” di Mario Mattoli con WalterChiari: 1) «la sculacciata di Chiarialla Pampanini»; 2) la «scena delrotolante preamplesso dei due predetti che richiama da vicino certi spettacoli tra cagnolini che sivedono al Pincio» (sic); 3) l’«aggiustamento della vestaglia dellaPampanini»; 4) la scena dello«spogliarello psiconalitico» conun ineffabile Aroldo Tieri.

PASSO IN COMMISSIONE
«Questi i passi che mi sono appuntato vedendo il film, ma prego la Commissione di vederlo concura per toglierne altri analoghi», aggiunge, zelante, il sottosegretario Andreotti. E il “passo analogo” è il manifesto del film, rimastoimpubblicato per il ritratto della scimmia (che Chiari interpretava con «virilità gorillesca» in un fotogramma, vestito da portiere di calcio) mentre s’arrampica sulle gambe della protagonista Silvana Pampanini. Quest’inedito episodio della storia del cinema emerge dal programma “Il cinema ritrovato: Tatti Chiari amicizia lunga” (su Iris, digitale terrestre Mediaset, da lunedì al venerdì ore 15), che comprende un ciclo di 22 film fondamentali dell’attore mai troppo rivalutato, e alcune chicche documentarie. Come quella della censura di Chiari, appunto. «Walter Chiari aveva rotto un certo modo di fare cinema grazie alla sua personale rappresentazione del corpo maschio, scimmiesco, educato alla boxe; era un comico che s’ispirava alle gesta pugilisti che di Gene Tunney e di Panama Al Brown “l’uomo dal pugno d’oro”...», sospira il curatore del programma Tati Sanguinetti, amico di Chiari, eccelso critico, probabilmente il migliore esperto di cinema italiano tra i viventi. Sanguineti della storia della censura cinematografica è aedo inarrivabile.
Nel ’99 scrisse il saggio “Italia taglia”; e oggi sta straziando la propria vecchiaia nella preparazione d’un’opera titanica, “Il cinema visto da vicino”. «Sono cinquantaore di intervista ad Andreotti tra il 2003 e il 2004 sottosegretario durante sette governi De Gasperi» continua Tati «per mandarla in onda avevo un accordo con la Rai, ma il progetto è fermo, mi sento un cosmonauta sovietico abbandonato nello spazio. Pago l’inattualità di Andreotti».
Tale summa dell’Andreotti cinematografico è, per la cronaca, ancora in fase di montaggio, ed è divisa in tre parti: la ricostruzione, la propaganda, la censura. Sotto di essa sono stratificati, quasi geologicamente, gioiellini come la copia zero dello “Sceicco bianco” di Fellini o inediti di Jacopetti. Ma il punto è un altro. È la precision edella scure del divo Giulio. Ilquale, da ex dipendente dell’ufficio per le tasse sui celibi, dopo i libe-ali Libonati e Arpesani e dopo il cattolico Cappa, divenne delegato allo Spettacolo dal ’47 al ’53, su segnalazione del futuro Paolo VI.

DA GERMI A TOTÒ
La politica andreottiana del cinema risollevò da un lato il fatturato dell’industria nostrana incrementando esponenzialmente le produzioni annue; dall’altro fece pesare la sua autorità. Giulio si spese per far sbarcare in America i film di Rossellini e salvò il film di Germi “Gioventù perduta” e lo Zampa di “Anni difficili”. Ma non si oppose, più tardi, quando Germi incappò nella censura con “Il cammino della speranza”. A Mario Soldati bloccò il progetto del film “Bandiera rossa”. Al principe De Curtis in “Totò e i re di Roma”cambiò la battuta sulla “proboscide” di De Gasperi, sostituendola con quella di Bartali. DiWalter Annichiarico in arte Chiari criticò l’eccessiva fisicità.
Chiari aveva da sempre un rapporto asettico con l’Istituzione. Dopo essere stato, nel ’70, coinvolto in una storia di droga che lo esiliò per anni, si lasciò scappare:«Lo Stato italiano, per me, è stato un tir che mi ha investito sulle strisce». Qualcuno, prima o poi, di Chiari dovrà valorizzare lo spirito vitalistico ed anarcoide. Ma questa è un’altra storia...