Gianluigi Nuzzi, Libero 05/10/2010, 5 ottobre 2010
UNA TELEFONATA CONFERMA LA VERSIONE DELL’AGENTE
Sull’attentato a Maurizio Belpietro emerge un elemento che toglie ossigeno a qualsiasi dietrologia che sta cercando spazio pur di screditare la vicenda e quindi A.M., il quarantaquattrenne caposcorta che da otto anni segue il nostro direttore. L’elemento è costituito da una telefonata che proprio l’agente ha effettuato durante l’inseguimento dell’assa litore che venerdì sera aspettava Belpietro tra il quarto e il quinto piano del palazzo di via Monte di Pietà. A.M. utilizzando la funzione di chiamate rapide sul cellulare ha telefonato al collega che era in auto nel primo cortile del palazzo, per chiedere soccorso immediato elanciare l’allarme. Una telefonata che seppur durata pochi secondi determina alcuni effetti rilevanti per le indagini. Innanzitutto, mette in azione il secondo agente, C.L.. Arma in pugno, l’agente scende subito dall’auto e si avvia verso l’ingresso principale del palazzo. Al tempo stesso chiamail 113 e chiede rinforzi. Insomma dà l’allarme generale. Dopo qualche esitazione del centralinista viene messo in contatto con la sala operativa, la cosiddetta “radio” che fa convergere in poche manciate di secondi alcune volanti sul posto facendo partire la caccia all’uomo. La telefonata tra A.M. e C.L. avviene durante l’inseguimento. E questo sarebbe confermato dal fatto che mentre il caposcorta è al telefono, arma in pugno, esplode un altro colpo contro l’assalitore in fuga udito dal collega.
L’inserimento di C.L. nella sequenza dell’inseguimento avvalora il racconto dell’agente che si è visto puntare la pistola a mezza scala tra il quinto piano e il mezzanino che separa il quarto dal quinto. Tanto che i due poi si dirigono subito nel secondo cortile cercando l’aggressore indagato ora per tentato omicidio. Vengono aperte le porte di un bagno di servizio, del locale della spazzatura cercando l’uomo ma senza esito. Ora, quella telefonata conferma che A.M. ha agito di impulso. Aveva bisogno di aiuto. Ha cercato di avvisare il collega dopo averne urlato il nome senza successo.
Quella telefonata riduce i tempi di manovra dell’assalitore e quelli della dietrologia, di chi collega questa storia con l’analogo salvataggio dell’allora magistrato Gerardo D’Ambrosio, compiuto sempre da A.M. 14 anni fa. Una singolare coincidenza, certo, ma con elementi anche assai diversi. Ora infatti gli agenti sono due e non uno. Il coinvolgimento di C.L., significa che un altro agente aveva l’arma in pugno. Poteva accorgersi di qualsiasi incongruenza. Ha cercato ovunque con il caposcorta l’assalitore che può essere sì fuggito ma anche essersi nascosto al sicuro chissà dove. Nel piano diabolico della finzione, infatti, avrebbe avuto più gioco lasciare fuori il collega C.L., lasciando dubbi sul tappeto delle indagini come quello che il collega forse non si è accorto di niente. Magari l’assalitore è uscito dall’ingresso principale sfruttando la distrazione dell’agente nell’auto o chissà cos’altro. Insomma, quella telefonata taglia i tempi morti, riduce la sequenza. Infatti, il caposcorta ha fatto il suo dovere, ha cercato rinforzi per bloccare la persona in fuga. La Digos ha anche raccolto la testimonianza di un vicino di casa Belpietro che avvertito il trambusto apre la porta per capire cosa stesse accadendo per poi richiuderla su indicazione, perentoria, del caposcorta.
C’è infine una considerazione che lascia un’amarezza insuperabile. Tra gli agenti delle corte, tra i carabinieri e i finanzieri che proteggono ogni giorno politici, giudici e giornalisti l’intervista con i dubbi postumi di D’Ambrosio pro-voca rabbia e stupore. Ci si chiede perché solo oggi il senatore ex magistrato solleva queste perplessità quando all’epoca pronunciò parole d’elogio nei confronti di questo agente. Già, perché? Una domanda destinata a rimanere senza risposta come quest’altra che oggi poniamo noi: se D’Ambrosio fosse ancora in procura, nella magistratura avrebbe davvero sollevato quegli intollerabili quesiti, quelle allusioni, O, forse, l’aria della politica inquina e schiaccia quella della storia?