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 2010  ottobre 05 Martedì calendario

BENVENUTI NELLE METROPOLI FANTASMA 2

Bisogna arrivarci in aereo di notte. Un bagliore di luci sconcertante nel buio inchiostro del deserto, che si inizia a vedere da cento chilometri di distanza. Lo stesso effetto di Las Vegas, anzi di Dubai che è dichiaratamente il modello al quale si ispira Ashgabat, capitale del Turkmenistan, 500 chilometri dalla sponda orientale del Mar Caspio e altrettanti dall’Afghanistan. Quello che Dubai è per il Golfo Persico, Ashgabat vuole diventare per l’Asia centrale: il centro della finanza, dell’industria, soprattutto del petrolio. Il quale teoricamente non manca, così come il gas, solo che i progetti di sfruttamento procedono a rilento. Per ora sono state costruite solo le infrastrutture: uscendo da un aeroporto avveniristico si imboccano immensi vialoni con un’illuminazione palesemente eccessiva. Li fiancheggiano decine di mega-edifici, ognuno di una quindicina di piani, tutti grandiosi, tutti nuovi fiammanti, decorati con bianchissimo marmo di Carrara, senza risparmi quanto a finimenti di gran lusso, interni ed esterni. Solo che, piccolo dettaglio, non c’è anima viva. Anche i palazzoni dell’eredità sovietica sono stati rivestiti di marmo importato dall’Italia, tagliato e lucidato con criteri di omogeneità che danno alla città un aspetto ancora più surreale.

Come in Blade Runner, la megalopoli perfetta con i suoi raffinati lampioni in ferro battuto sempre accesi giorno e notte come le finestre dei grattacieli, con i suoi parchi modello, con i suoi marciapiedi lindi e continuamente puliti, è assolutamente deserta.

E lo spettacolo non cambia di giorno. I palazzi sono per la maggior parte vuoti e senza insegne. Costruiti per grandeur in previsione di un futuro radioso per questa terra sulla via della seta che ha conosciuto le dominazioni dei Parti, dei persiani, dei mongoli di Gengis Khan, degli ottomani, dei sovietici, e che ha finalmente conquistato l’indipendenza solo nel 1991. Nella città-fantasma qualche ufficio qua e là comincia ad essere insediato, ma anche i palazzi "vivi" hanno un tasso di occupazione minimo.

Persone e macchine per strada quasi non se ne vedono. Non mancano solo i poliziotti che sembrano avere soprattutto il mandato di garantire la pulizia: chi vive qui racconta che è stato più volte multato perché non aveva lavato la macchina dopo un’escursione nel deserto. Di compito la polizia ne ha anche un altro: in una città dove il traffico è zero, quando passa il corteo presidenziale blocca le strade per ore. La città vera, quella abitata da mezzo milione di persone,è povera, confinata in un angolo dell’immensa area urbana dove nessuno ti vuole portare perché minerebbe l’immagine splendente che Ashgabat vuole a tutti i costi imporsi, meno che mai l’"interprete" che sembra uscito da un film di James Bonde viene appiccicato ai giornalisti fin dall’aeroporto per non lasciarli mai.

Perfino il nuovo rutilante palazzo presidenziale con fughe di cupole dorate, costruito da ditte italiane, è vuoto perché il presidente preferisce starsene in qualche altra sede non meglio precisata. Si chiama Kurbanguly Berdymukhamedov ed è il temutissimo capo sia dello Stato che del governo. È stato eletto nel dicembre 2006 a lista unica con il 95% dei consensi, dopo che era stato misteriosamente incarcerato durante la campagna elettorale Owezgeldi Atayew, l’erede designato dal predecessore Saparmurat Niyazov. Questi a sua volta era un apparatcik di Mosca quand’era governatore della regione e poi, caso unico nell’ex-Urss, era diventato presidente. Di Niyazov, del quale era il dentista, l’attuale leader sembra avere ereditato - almeno a giudicare dalla città - un bel po’ di megalomania. Ha fatto abbattere la statua dorata alta 15 metri di Niyazov che veniva ruotata dai soldati durante la giornata perché il volto doveva sempre essere rivolto verso il sole, è vero, ma se n’è fatta costruire una ancora più grande. L’opposizione politica è di fatto inesistente, e lui continua ad ampliare il suo inner circle: ha nominato il ministro dei fiori, quello dei tappeti, quello dei cavalli. «Sono voci importanti della nostra società», spiega solerte l’interprete.

La vera ricchezza, le riserve di idrocarburi, aspetta di essere valorizzata e distribuita alla popolazione, come continuano a ricordare il Fondo Monetario, la Banca Mondiale, le agenzie nazionali di sostegno all’export come l’italiana Sace. L’estrazione del petrolio è ferma a 200mila barili al giorno, controi5 milioni dell’Iran cheè qui a pochi chilometri. Anche il gas è ben sotto il potenziale, che pare davvero da record mondiale. Pare che il motivo dei ritardi sia l’amore-odio con Mosca: ora l’Eni ha proposto un metodo innovativo per esportare il gas, compresso a bordo di petroliere, attraverso il Caspio, che permetterebbe di evitare di doverlo per forza veicolare attraverso le pipeline russe. Ma l’ambiguità delle relazioni con la Russia rallenta tutto.

Berdymukhamedovè venuto anche in Italia lo scorso novembre, accolto con tutti gli onori da Berlusconi, promettendo grandi relazioni. Qualche giorno fa l’impegno è stato rinnovato quando è venuto qui il viceministro del Commercio estero, Adolfo Urso. Ma per il momento la grandiosa capitale brilla "inutilizzata" sotto il sole del deserto. Aspettando tempi migliori.