ETTORE LIVINI, la Repubblica 5/10/2010, 5 ottobre 2010
DA TELELOMBARDIA AL MINISTERO ANTICRISI L’ESCALATION DEL "GUARDIANO DI MEDIASET - MILANO
Il colpo grosso - nome dell’indimenticabile sexy-varietà di Umberto Smaila che ha inventato a fine anni ’80 - questa volta l’ha fatto lui. Dopo anni di gavetta nel sottobosco ministeriale, passati a sbrogliare le matasse più intricate per Silvio Berlusconi, Paolo Romani è passato all’incasso.
L’ex editore di Telivorno, Telelombardia (all’epoca di Salvatore Ligresti) e Lombardia 7 - abbandonata pochi giorni prima del fallimento - è approdato al delicatissimo dicastero dello Sviluppo economico. È l’uomo giusto al posto giusto? L’Italia di Tirrenia e Pomigliano, delle piccole imprese alle corde e del milione di persone che rischia di trovarsi senza reddito a fine anno potrà giudicarlo - dopo 153 giorni senza ministro - nei prossimi mesi. Una certezza però c’è già: Silvio Berlusconi, visto il curriculum vitae di Romani, ha messo i suoi interessi in cassaforte. Blindando nelle mani di un fedelissimo come il 63enne di Cusano Milanino - entrato in Parlamento con Forza Italia nel ’94 - partite delicatissime per il portafoglio di famiglia (leggi Mediaset) come la firma del contratto di servizio della Rai, la gestione dello sbarco di Sky sul digitale terrestre e il delicatissimo capitolo della banda larga.
Romani si è conquistato la fiducia del premier sul campo. Combattendo per anni sulla linea del fuoco alcune delle battaglie politiche più difficili per Arcore. È stato tra gli estensori della legge Gasparri. Ha lavorato a livello legislativo per far saltare l’odiata legge della par condicio, prima proponendo la liberalizzazione dei programmi politici a pagamento (nel 2006, senza successo) poi (con migliori risultati) ottenendo la sospensione dei talk-show come Annozero e Ballarò prima delle ultime elezioni. Qualche volta, oltre che di etere, si è occupato anche di affari più terra-terra. Come nel 2007 quando per «risolvere un problema che è una spina nel fianco della famiglia Berlusconi» (ipse dixit) ha accettato di fare l’assessore all’urbanistica del comune di Monza. Poltrona da cui è riuscito dopo quarant’anni a sbloccare il progetto della Cascinazza - una speculazione immobiliare su un’area a rischio esondazione del Lambro - garantendo così a Paolo Berlusconi un sostanzioso sovrapprezzo rispetto ai 40 milioni cui aveva venduto i terreni ai Cabassi. Il neo-ministro non ha mai lavorato direttamente per Mediaset. La sua attività politica come sottosegretario alla comunicazioni negli ultimi anni si è concentrata però di recente su due dossier carissimi al Biscione: il tentativo di sfilare la rete Telecom all’ex monopolista (la banda larga serve come il pane a Cologno) e la resistenza ad oltranza contro lo sbarco dello spauracchio Rupert Murdoch sul digitale terrestre, la tecnologia su cui il gruppo guidato da Fedele Confalonieri ha giocato tutte le sue carte. Romani è stato protagonista di un’estenuante melina prima di autorizzare le trasmissioni in Dt al canale Cielo di Sky, si è messo di traverso all’ingresso anticipato delle reti di News Corp. sul digitale. Poi, quando Bruxelles l’ha sconfessato, si è tutelato "regalando" in anticipo a Mediaset la frequenza più appetita per le prove sull’alta definizione e mettendo nelle mani del ministero dello sviluppo economico (guarda un po’...) la scelta dei vincitori delle aste per i nuovi multiplex digitali. Il Quirinale, con garbo, aveva sollevato alcune obiezioni sull’opportunità di una nomina così poco bipartisan. Ma tant’è, con il clima politico invelenito e senza più la necessità di quietare i finiani con una poltrona di governo, Berlusconi ha deciso di tirare dritto. Romani non è Bocchino o Granata. Su di lui, quando il gioco si fa duro, si può contare. E così nelle prossime settimane l’inventore delle proto-veline di Colpo Grosso e dei "Vizi privati" di Maurizia Paradiso potrà aggiungere qualche medaglia al suo palmarès continuando dalla sedia di ministro la guerra di posizione contro Sky e quella di logoramento contro la Rai. Primi appuntamenti proprio l’asta del digitalee la firma del contratto di servizio della tv pubblica.
Un documento chiave in cui, in cambio dei fondi necessari per tenere in vita viale Mazzini, Romani potrebbe chiedere contropartite "politiche" pesantissime.