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 2010  ottobre 05 Martedì calendario

CHIUSA LAMPEDUSA, SPUNTANO ALTRE ROTTE. MA LA NUOVA FRONTIERA SI CHIAMA MALPENSA


Ora che a Lampedusa non sbarca più nessuno (e per questo nelle prossime settimane verrà chiuso il Centro di accoglienza temporaneo dell’isola) qual è la nuova frontiera dell’immigrazione? «La nuova frontiera dell’immigrazione è Malpensa». La risposta non è una battuta: l’affermazione è stata veramente fatta dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, nel luglio scorso. Parlare dell’aeroporto di Milano come di una Lampedusa-bis significa ammettere che è cambiato il quadro di riferimento nell’analisi dei flussi migratori: oggi il clandestino standard prende l’aereo, sbarca a Milano con un visto turistico e dopo tre mesi fa perdere le sue tracce. C’è anche chi continua a preferire il mare come via di fuga: tappata la porta di Lampedusa, ecco che gli immigrati raggiungono la Turchia o la Grecia e da lì arrivano in Italia.
Sbarcano sulla costa ionica o salentina, da ieri hanno preso terra perfino sulle coste del Lazio. Alcuni sono arrivati sulle coste calabresi a bordo di lussuosi yacht: è successo anche questo nelle scorse settimane ed anche questo ci costringe ad aggiornare il modello di riferimento dei nuovi flussi migratori. A proposito, abbiamo già la nuova Libia: è la Grecia il Paese con le frontiere più “porose” della Ue, con il 75 per cento del totale dei passaggi clandestini rilevati ai confini europei.
Il contrasto. Perché è così difficile fermare i clandestini, almeno quelli che arrivano via mare? E’ vero che nell’ultimo anno, in Italia, gli sbarchi sono stati ridotti dell’88 per cento ma è altrettanto vero che, chiusa la rotta siciliana, se ne possono riaprire altre e i segnali in questo senso già ci sono. Ufficialmente è un’Agenzia della Ue, che si chiama “Frontex” e che ha lo scopo di “gestire” le frontiere dell’Unione, l’organo comunitario preposto al controllo dei clandestini. Maroni ha scarsissima fiducia nell’attività della “Frontex”, che secondo lui «rischia di diventare un eurocarrozzone». Secondo il nostro ministro dell’Interno, «Frontex non svolge in realtà compiti di natura operativa, demandandoli agli Stati membri». Inoltre, come dice, «ha un’inarrestabile tendenza a impiegare risorse per le spese amministrative e non per quelle operative». Il budget di Frontex è di 88,2 milioni di euro per l’anno in corso. Non è proprio poco; eppure, nonostante ciò, non si riescono a fare pattugliamenti congiunti e il commissario agli Affari interni Cecilia Malstroem lamenta «un’insufficiente coordinamento tra le Autorità nazionali». Così si intersecano i piani, anzi si annodano; vista la costosa impasse di Frontex le si tentano tutte: si vara la versione “teste-di-cuoio” dell’anti-immigrazione, i cosiddetti “Rabit” (Rapid border intervention team), pronti a intervenire in ogni situazione d’emergenza; si fanno patti con i Paesi africani (il progetto “Sahamed”, finanziato con 10 milioni dalla Ue) per fermare l’esodo dei giovani; si fanno accordi bilaterali, come quello italo-libico; si fa di tutto, ma gli sbarchi continuano. Hanno solo cambiato direzione e approdi. L’Agenzia “Frontex” ha descritto il fenomeno affermando di aver notato «uno spostamento rapido e brutale» dei luoghi di passaggio dei clandestini. Oggi i principali punti d’accesso degli immigrati in Europa sono le frontiere greche con la Turchia. “Frontex” ha calcolato che il 60 per cento dei fermi avviene nel paese di Orestiada, il punto estremo a Nord est della Grecia nella regione della Tracia. Orestiada è oggi la nuova capitale dell’immigrazione clandestina. Come ieri lo è stata Lampedusa.