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 2010  ottobre 05 Martedì calendario

«CINA, IL MIO PAESE MALATO DI SUICIDIO»


Pubblichiamo ampi stralci dell’intervento tenuto a Barcellona da monsignor Paul Junmin Pei, arcivescovo di Shenyang nella provincia cinese di Liaoning, in occasione dell’incontro «Uomini e religioni» organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.

Nella mia diocesi di 43 milioni di perso­ne ho soltanto ot­tanta sacerdoti e 180 reli­giosi per aiutarmi a com­piere il mandato del Signo­re. Alla fine del 2009, la popo­lazione urbana della Cina raggiungeva 620 milioni di persone, il 46% della popo­lazione totale. La nostra po­polazione urbana è due vol­te gli abitanti degli Stati U­N niti e un quarto più dell’in­tera popolazione dell’Unio­ne Europea. Questo rischia di far dimenticare il fatto che la maggioranza della nostra popolazione, 680 milioni di persone, vive an­cora nella Cina rurale. Que­sta è una sfida pastorale che la Chiesa cinese deve affrontare quotidianamen­te.
(...) Come Chiesa, ci trovia­mo ogni giorno di fronte al­le difficoltà del nostro po­polo che vive, allo stesso tempo, nei due mondi dello sviluppo e del sottosvilup­po. Siamo popolo di Dio in­sieme urbano e rurale, che cerca di costruire una so­cietà armoniosa e di contri­buire alla pace del mondo.
Per la Chiesa cinese pren­dersi cura dei malati e degli anziani è una priorità. (...) La Cina diventerà la società più vecchia del mondo en­tro il 2030. Le Nazioni Unite prevedono che gli ultrases­santenni saranno il 28% della popolazione nel 2040, il che significa circa 420 mi­lioni di anziani. Li Baoku, presidente della China A­ging Development Founda­tion, ha detto: «Il tasso di suicidi tra gli anziani delle zone rurali in Cina è da quattro a cinque volte su­periore alla media mondia­le ». (...) La dolorosa realtà del­l’aumento dei suicidi tra gli anziani è tristemente colle­gato alla dolorosa realtà del suicidio tra le donne. Se­condo Yang Fude, vicepresi­dente del Beijing Hui Long Guan Hospital, la Cina è l’unico paese in cui i suicidi delle donne superano quelli degli uomini ed è anche u­no dei pochi paesi in cui i suicidi rurali superano quelli urbani.
In Cina il suicidio è la prin­cipale causa di morte nella fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Questo vuol dire che i nostri giovani, l’a­more delle nostre vite, sta perdendo speranza nel pro­prio futuro. Dove andremo? Dove andrò io come vesco­vo?
Credo che come Chiesa ab­biamo sia la responsabilità sia il dovere di cooperare alla costruzione di una so­cietà armoniosa, un mondo di famiglie. Questo può es­sere fatto soltanto con la preghiera e con l’aiuto dello Spirito Santo che opera già dentro di noi. E in Cina c’è un risveglio religioso, nono­stante ci si aspettasse che la rapida urbanizzazione si­gnificasse il trionfo della ra­zionalità, dei valori secolari e della demistificazione del mondo, e che la religione venisse relegata ad un ruolo secondario.
Un sondaggio del Pew Fo­rum on Religion & Public Life del 2008 affermava che per oltre il 56% dei cinesi la religione ha un ruolo im­portante nella vita. E solo l’11% pensa che la fede non sia importante.
Per tutti questi motivi chie­do di pregare perché venga presto il giorno in cui po­tremo fondare un’Univer­sità Cattolica a Shenyang, dedicata allo studio dei problemi sociali che ci tro­viamo ad affrontare. Abbia­mo bisogno di migliaia di psicologi, operatori sociali, giovani lavoratori per ri­spondere ai bisogni della gente in Cina. Nella nostra povertà ma con la nostra fe­de in Gesù, vogliamo con­tribuire a costruire una so­cietà armoniosa in Cina.

Paul Junmin Pei, arcivescovo di Shenyang