Varie 4/10/2010, 4 ottobre 2010
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SCHEDONE PREMIO NOBEL PER LA MEDICINA A ROBERT EDWARDS
Robert Geoffrey Edwards, 85 anni, inglese, biologo ed embriologo, ha vinto il premio Nobel 2010 per la Fisiologia e la Medicina. Lo scienziato è stato premiato dal Karolinska Institutet di Stoccolma «per lo sviluppo del trattamento della fecondazione umana in vitro. Le sue scoperte hanno reso possibile il trattamento della sterilità che colpisce un’ampia porzione dell’umanità e più del 10% delle coppie nel mondo».
Edwards ha battuto tutti i favoriti: il giapponese Shinya Yamanaka, che ha ricavato cellule staminali dall’epidermide, i canadesi Ernest McCulloch e James Till, che negli anni Settanta identificarono le staminali, e John Gurdon, padre degli studi sulla clonazione.
Nato a Manchester il 27 settembre 1925, professore emerito a Cambridge, dal 2007 nella lista del Daily Telegraph dei cento geni viventi, dopo aver combattuto nella Seconda guerra mondiale Edwards studia Biologia negli Stati Uniti e in Scozia. Dal 1958 è ricercatore dell’istituto nazionale per la ricerca medica di Londra e qui comincia a interessarsi alla fecondazione. Dal 1963 studia a Cambridge, prima all’università, poi alla clinica Bourn Hall, dove con il ginecologo Patrick Steptoe fonda il primo centro al mondo per la fecondazione assistita, di cui per molti anni è direttore.
L’intuizione che gli è valsa il Nobel risale agli anni Cinquanta. Alcuni scienziati avevano dimostrato che cellule uovo di coniglio potevano essere fecondate in provetta, Edwards volle verificare se metodi simili potevano essere usati anche nell’essere umano. Con una serie di esperimenti scopre come maturano gli ovuli, quali ormoni ne regolano il ciclo vitale e quali possono essere fecondati. Il primo successo in laboratorio arriva nel 1969, quando un ovulo è fecondato in provetta. Le cellule però non si dividono e gli embrioni non si formano. Edwards allora si rivolge a Steptoe, pioniere della laparoscopia (tecnica che consiste nell’osservazione dell’interno della cavità addominale attraverso una telecamera): il ginecologo usa il laparoscopio per rimuovere gli ovuli dalle ovaie, Edwards li mette in coltura e aggiunge lo sperma.
Gli studi sono promettenti ma il britannico Medical Resarch Council decide di non finanziare il progetto, che prosegue grazie a una donazione privata. Edwards e Steptoe vanno avanti e perfezionano la tecnica. Nel 1971 James Watson, il Nobel che ha scoperto il Dna insieme a Francis Crick, durante una conferenza sull’etica biomedica dice che la ricerca sulla fecondazione in vitro avrebbe portato all’infanticidio.
Nel 1978 i coniugi Lesley e John Brown, dopo nove anni di tentativi falliti, si affidano a Edwards per avere un figlio. L’ovulo di Lesley viene fecondato, si sviluppa in un embrione di otto cellule e le viene reimpiantato. Nove mesi dopo, alle 23.47 del 25 luglio 1978, al General Hospital di Oldham (Manchester) nasce Louise: in tanti temevano fosse venuto al mondo un mostro ma la bimba è sana. Louise, oggi mamma, ha sempre goduto di buona salute.
Patrick Steptoe è morto nel 1988. Forse oggi il Nobel l’avrebbe vinto anche lui, il riconoscimento però non si assegna postumo.
La tecnica IVF (in vitro fertilisation) consiste nel fecondare in vitro un ovulo estratto dalle tube di Falloppio della paziente con uno spermatozoo sano per poi reimpiantare l’embrione ottenuto nell’utero della donna di solito entro 72 ore. Le possibilità di gravidanza si stima siano pari al 18% dei cicli ovulatori femminili: tre quarti di queste gravidanze arrivano al parto.
La tecnica prevede tre fasi. In primo luogo alla donna si somministrano farmaci destinati allo sviluppo di un maggior numero di cellule uovo, poi si aspirano gli ovociti giunti a maturazione. Gli ovociti recuperati si esaminano al microscopio, si selezionano e, messi in un recipiente speciale insieme al seme maschile, vengono fecondati. Quando si formano gli embrioni, se ne selezionano alcuni, in genere tre, che poi vengono reintrodotti nell’utero perché almeno uno dia luogo a una gestazione normale.
In Italia la procreazione medicalmente assistita è regolata dalla legge 40 del 19 febbraio 2004. La legge, molto dibattuta, impone l’impianto nell’utero della donna di tutti gli embrioni fecondati, aumentando di molto la percentuale di gravidanze gemellari. Nel 2005 Edwards ha firmato il documento con cui la comunità scientifica internazionale ha espresso il suo giudizio negativo sulla 40.
Grazie alla fecondazione in vitro le possibilità di avere figli sono una su cinque, più o meno quante quelle del concepimento naturale. Secondo uno studio australiano le donne che fanno ricorso all’IVF hanno maggiori probabilità di avere un maschio: dal 51% in caso di concepimento naturale si arriva al 56%.
Alla fecondazione assistita si ricorre nei casi d’infertilità maschile (sperma troppo tenue per dar luogo a gravidanze) e femminile (in genere, occlusione delle tube). I problemi etici sono legati essenzialmente al fatto che nella procedura va distrutto un certo numero di embrioni.
La procedura, ampiamente testata, non è del tutto priva di rischi: le emorragie e le infezioni sono rare ma la somministrazione di ormoni può provocare alla donna vertigini, nausea, vomito, dolori addominali. Nel lungo periodo si suppone possa aver ruolo nella comparsa di menopausa precoce.
Grazie alla fecondazione in vitro dal 1978 a oggi sono nati circa quattro milioni di bambini (10mila in Italia nel 2008). La prima italiana nata da fecondazione assistita si chiama Alessandra Abbisogno, è napoletana, ha 26 anni e a luglio si laureata in Biologica e specializzata in Embriologia.
Edwards oggi ha undici nipoti. Ripete spesso che «la cosa più importante nella vita è avere un figlio» e che «nulla è più speciale di un bambino». Il professore non sta bene, dopo la notizia del premio ha parlato per lui la moglie, Ruth: «Noi della famiglia – ha detto - siamo emozionati e immensamente felici che Robert abbia vinto il premio Nobel. Il successo di questa ricerca ha toccato le vite di milioni di persone in tutto il mondo. La sua dedizione e la sua determinazione hanno portato all’applicazione dei suoi studi rivoluzionari, nonostante la contrarietà piovuta da più parti».
Oltre a quella per la fecondazione in provetta, il neo Nobel ha partecipato anche ad altre battaglie importanti, come quella sulle cellule staminali: sulle pagine di Nature nel 2001 Edwards ha sostenuto l’importanza della ricerca sulle staminali perché promette di riservare in futuro possibilità «sorprendenti» in molti campi della medicina.
Per il ginecologo Severino Antinori, presidente dell’Associazione mondiale della medicina riproduttiva, il Nobel a Edwards è «una grande ingiustizia perché lo meritava 30 anni fa. In ogni caso è una vittoria contro tutti i pregiudizi etici e morali». Carlo Flamigni, pioniere della fecondazione assistita in Italia, si è congratulato con il «padre scientifico di quattro milioni di bambini». Secondo Flamigni dopo le prime fasi di avvio delle tecniche che portarono alla nascita di Louise Brown ora il percorso sembra rallentato: «Ogni anno aumentano le gravidanze nelle varie fasce di età dell’1%, tranne che fra le donne dopo i 40 anni, proprio quelle che hanno maggiori problemi. È su queste che bisogna concentrare gli sforzi». Ignazio Marino, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, ha chiesto di aprire una discussione sulla legge 40. Roberto Colombo, docente dell’università Cattolica di Milano e membro della Pontificia Accademia per la Vita e del Comitato nazionale di bioetica, pur riconoscendo «l’importante scoperta scientifica» di Edwards, ha ricordato «che la fecondazione in vitro suscita gravi interrogativi morali quanto al rispetto della vita umana nascente e alla dignità della procreazione umana». L’associazione Scienza & Vita parla di «visione riduzionistica della vita insita nelle procedure di fecondazione artificiale, nelle quali l’essere umano si traduce da soggetto a oggetto, vale a dire a mero “prodotto” del concepimento».
La scelta del Karolinska Institutet di Stoccolma è stata duramente attaccata dalla Santa Sede. «Ritengo che la scelta di Edwards sia completamente fuori luogo, i motivi di perplessità non sono pochi», ha commentato il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Ignacio Carrasco de Paula, che ha accusato il biologo di essere causa del «mercato degli ovociti», degli embrioni abbandonati che «finiranno per morire» e dello «stato confusionale della procreazione assistita, con figli nati da nonne o mamme in affitto». «Innanzitutto – ha detto Carrasco - senza Edwards non ci sarebbe il mercato degli ovociti con il relativo commercio di milioni di ovociti; secondo, senza Edwards non ci sarebbero in tutto il mondo un gran numero di congelatori pieni di embrioni che nel migliore dei casi sono in attesa di essere trasferiti negli uteri ma che più probabilmente finiranno per essere abbandonati o per morire e questo è un problema la cui responsabilità è neo premio Nobel». Infine, «senza Edwards non ci sarebbe l’attuale stato confusionale della procreazione assistita con situazioni incomprensibili come figli nati da nonne o mamme in affitto». Con la fecondazione in vitro, «in conclusione direi che Edwards non ha in fondo risolto il problema dell’infertilità, che è un problema serio, né dal punto di vista patologico né epidemiologico. Insomma non è entrato nel problema, ha trovato una soluzione scavalcando il problema dell’infertilità. Bisogna aspettare che la ricerca dia un’altra soluzione, anche più economica e quindi più accessibile della fecondazione in vitro, che tra l’altro presenta costi ingenti».
I premi Nobel furono consegnati per la prima volta nel 1901 a cinque anni di distanza dalla morte di Alfred Nobel, l’inventore della dinamite che istituì il premio per stimolare la ricerca in quei campi che illuminano e aiutano l’umanità a vivere meglio. I premi sono consegnati nel corso di una cerimonia che si svolge il 10 dicembre, giorno in cui morì Nobel, ma vengono annunciati nel mese di ottobre. Ogni premiato riceve un diploma, una medaglia d’oro e dieci milioni di Corone svedesi, pari a un milione di euro circa.