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 2010  ottobre 01 Venerdì calendario

DEFICIT IRLANDESE AL 32% DEL PIL

Dilaniata dalle sue banche, in una nemesi storica che riduce un lungo boom nel precipitare sotto il segno del debito e del mattone. L’Irlanda arriva a sfiorare il 32% di disavanzo pubblico per puntellare un sistema bancario che ha ormai la stessa consistenza di un pozzo senza fondo. Miliardi entrano e miliardi si dissolvono nel tentativo di frenare le sofferenze provocate dalla bolla immobiliare. «Cifre orrende», ha confessato il ministro delle Finanze Brian Lenihan annunciando che per far fronte ai buchi di bilancio di un solo istituto, Anglo Irish Bank, sono necessari 29,3 miliardi di euro, 6,4 in più del previsto. E questo nello scenario migliore. Se invece dovesse prendere corpo quello peggiore ci vorrebbero oltre 34 miliardi di euro.

A determinare la differenza è il grado di tossicità degli asset in pancia alla banca, ovvero soprattutto mutui immobiliari concessi quando il mercato era ai massimi. Passano alla band bank, alla National asset management agency (Nama) che si pensava li contabilizzasse al 42% del valore nominale come avvenuto in passato, facendo segnare sofferenze per 23 miliardi circa. Invece sono stati ulteriormente svalutati e oggi - complice la caduta del 65% dell’immobiliare - quei mutui non vanno oltre il 33% del valore originario. Se resteranno così il conto sarà appunto di 29,3 miliardi, se invece, dovessero essere ulteriormente abbattuti il saldo finale raggiungerà 34 miliardi. Per il ministro delle Finanze e per la Banca centrale di Dublino è lo scenario ultimo e peggiore, il prezzo del risanamento di Anglo Irish non potrà, dicono, andare oltre.

Alla domanda più ovvia - perché non l’avete lasciata fallire? - Brian Lenihan ha risposto indirettamente con il motto di tutta questa crisi. «Too big to fail», troppo grande per fallire. L’Irlanda stessa sarebbe stata minacciata dall’enormità del collasso. «Nessun paese - ha detto Lenihan - potrebbe contemplare il fallimento di un’istituzione del genere». Numeri, quelli di Anglo Irish, che rappresentano una fetta importante del prodotto interno lordo irlandese. Numeri ai quali vanno aggiunti quelli di Nationwide Building society (2,7 miliardi di euro) e di Allied Irish Banks di cui lo stato assumerà il controllo versando un assegno di 3 miliardi di euro.

La somma di questi interventi fa schizzare il disavanzo pubblico fino al 32% del prodotto interno lordo. Dieci e più volte il criterio limite imposto dalle regole di Maastricht, fondamenta dell’euro. Il debito arriverà sulla soglia del 100% del pil. Secondo altri calcoli il prezzo complessivo per trascinare le banche irlandesi fuori dalla crisi oscilla fra i 45 e i 50 miliardi di euro. Tutto incluso, salvo gli imprevisti. «In realtà - ha commentato il ministro - questa è l’ultima stima. Oggi abbiamo posto fine alle incertezze».

I mercati hanno risposto con intonazioni opposte. La forbice sul bund tedesco si è ridotta, segno che gli investitori hanno apprezzato la chiarezza dei numeri, viceversa le azioni di Allied Irish sono cadute fino al 18% dopo la notizia dell’ulteriore aiuto pubblico. Quelle di Irish bank, che non ha avuto nulla dal governo, sono scivolate del 6 per cento. A tranquillizzare in parte i mercati è giunta la notizia che Dublino ha cancellato tutte le aste di bond fino alla seconda metà del 2011. Solo allora dovrà fare nuovamente ricorso al mercato per rifinanziarsi. «È una situazione difficile - ha insistito Brian Lenihan - ma anche gestibile perché sono numeri che vanno spalmati lungo un decennio». Il deficit pubblico, al netto dei costi una tantum delle banche, è all’11,6% del Pil ma non corre certo verso una rapida contrazione. La stretta di Dublino è stata severissima con tagli dei salari fino al 15% e non agevola il ritorno ai consumi e alla crescita interna. L’export non basta per accelerare uno sviluppo destinato a fermarsi allo 0,3% nel 2010 contro lo 0,7 ipotizzato un mese fa e l’1% immaginato dal governo. Poco, troppo poco per sperare in un rimbalzo capace di innescare una spirale virtuosa. La lunga notte di Dublino continua.