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 2010  settembre 02 Giovedì calendario

ROMA - "Sono uno di parola, oggi metto in pagina sull’Avanti! la mail che incastra Tulliani e in contemporanea ve la giro"

ROMA - "Sono uno di parola, oggi metto in pagina sull’Avanti! la mail che incastra Tulliani e in contemporanea ve la giro". Eccola, anche sulle nostre pagine. Valter Lavitola, giovane direttore del quotidiano socialista ora d’area berlusconiana, non sa usare il computer e chiede alla segretaria di allegare e inviare. Alle otto di sera possiamo leggere il contenuto della posta elettronica inviata venerdì sei agosto dal broker off-shore James Walfenzao a due fiduciari dei fondi segreti Printemps e Timara. Sono Michael Gordon ed Evan Hermiston. A una precedente richiesta di spiegazioni su ciò che sta succedendo tra l’Italia e Montecarlo, Walfenzao il 6 agosto risponde: "Le nostre due compagnie stanno attraendo la stampa italiana perché c’è uno scontro in corso tra Berlusconi e Fini (prima alleati politici). La sorella del nostro cliente - e qui si allude a Giancarlo Tulliani - ha un legame molto forte con uno dei due politici interessati". Ora si parla della sorella Elisabetta compagna del presidente della Camera Gianfranco Fini. Ecco, la mail somiglia davvero a una prova del coinvolgimento diretto di Giancarlo Tulliani nelle off-shore proprietarie della casa di Montecarlo: lui è il "client" di una società, la Corpag, che di mestiere crea e vende società schermate, off-shore. La mail del 6 agosto, che "Repubblica" aveva visionato giovedì, conferma che Tulliani sarebbe il famoso "beneficiario dei fondi" già citato dal ministro della Giustizia dell’isola di Santa Lucia. La mail di Walfenzao, venti righe in tutto, prosegue: "La maggior parte del fango la stanno lanciando i giornali controllati da Berlusconi, "ma iniziano a scriverne anche giornali più seri". Ancora: "Queste due compagnie (la Printemps e la Timara, ndr) sono state usate per acquistare un piccolo appartamento a Monaco a un prezzo basso, il notaio (è Paul-Louis Aureglia, ndr) ci ha detto che la casa era in cattive condizioni, che il prezzo gli stava bene e che garantisce lui per le tasse". Nel "dossier Lavitola" ci sono altre due mail, una del 26 luglio, che "Repubblica ha visionato. Il fatto è che da due giorni il direttore-faccendiere ha deciso di raccontare pezzi delle sue conoscenze. Con molte contraddizioni. Di prima mattina apre la redazione, legge l’Espresso e chiama la moglie: "Hai letto? La caccia ai cervi sloveni, le mie feste con Berlusconi a Tor Crescenza. Tutte palle. Questa roba glie l’ha raccontata Ghedini. Non sopporta che Berlusconi mi vuole bene e ha deciso di distruggermi. Devono stare attenti i cortigiani, so cose di loro che potrei fargli il culo". Ha accelerato la pubblicazione delle sue carte "perché i servizi mi ascoltano al telefono e sono decisi a sequestrarmi tutto". Il premier? "Quando ha saputo della roba che avevo raccolto a Santa Lucia mi ha detto: "Ma queste informazioni deve girarle a Sallusti". Al Giornale non gliele do, resto un socialista". Si racconta, allora, Lavitola: "A 19 anni mi sono iscritto alla massoneria di Napoli, a 21 ho lasciato. Il mio rapporto con Berlusconi nasce nel ’94: Occhetto e la macchina da guerra faceva paura e così portai molti giovani socialisti dall’altra parte. E poi nel 2008 convinsi De Gregorio a mollare Di Pietro e a tirar giù il governo Prodi. Da allora Silvio mi incontra, mi ascolta. Dicono che ho sostituito Tarantini nel ruolo di organizzatore delle sue feste? Io vado solo a feste perbene. Arcangelo Martino, quello della P3? I miei amici di Napoli dicono che in gioventù ci conoscevamo. Certo, stavo già all’Avanti! quando il giornale produsse quel falso dossier su Stefania Ariosto, subito dopo Tangentopoli. Non lo avrei mai pubblicato, ma allora non contavo niente. Come mi sono procurato l’inchiesta? Laggiù si paga tutto. Per la lettera del ministro della giustizia ho offerto 50 dollari, l’hanno data ad altri. Un documento del catasto si ottiene con 350 dollari, la copia di un bonifico bancario 200 dollari più una cena. L’intera indagine mi è costata 32 mila dollari. Ditelo a Fini: tutti soldi miei. Attenzione, quello è il costo dell’inchiesta, non della festa a San Paolo per il premier. Là, io, ero solo un invitato". A fine conversazione dal taschino della giacca esce l’ultima carta (compromettente, sostiene, per Tulliani e quindi per Fini): è un organigramma scritto a mano "da una fonte di Santa Lucia" che ricostruisce "l’impero Wolfenzao". È articolato sulla società madre Corpag e in un ramo, sotto una sigla la cui grafia sembra "Chipit", c’è ancora quel nome: Giancarlo Tulliani. (02 ottobre 2010)