Elisabetta iovine, ItaliaOggi 2/10/2010, 2 ottobre 2010
CUBA, LICENZIATI IN 500 MILA
Continua la svolta cubana verso il mercato, propugnata con decisione dal presidente Raul Castro. Le controindicazioni, però, si fanno sentire: entro i primi mesi del 2011 saranno soppressi 500 mila posti di lavoro nel settore pubblico. E qualcuno si spinge addirittura a evocare il licenziamento di un milione di addetti, vale a dire un lavoratore su cinque, in un paese nel quale circa l’80% della popolazione attiva dipende dall’impiego statale.
Efficace la sintesi prodotta nei giorni scorsi dal giornale Granma, organo ufficiale del Partito comunista: l’economia, si legge, deve essere efficace e questo è possibile sia sul piano finanziario sia su quello umano. La ricetta sembra indolore.
Dal suo insediamento alla guida di Cuba, avvenuto poco più di due anni e mezzo fa, il fratello del Lider maximo ha insistito per l’adozione di un sistema più liberale: soppressione delle mense aziendali, innalzamento dell’età pensionabile, stop all’uguaglianza salariale per far posto a una paga supplementare per chi lavora di più. Secondo Raul non sarà possibile aumentare la qualità della vita dei cittadini cubani senza un’economia solida e dinamica, senza eliminare le spese superflue e gli sprechi.
Le aperture, però, si limitano al denaro e non toccano, per ora, i diritti politici. La recente liberazione dei dissidenti non ha fermato gli arresti arbitrari. Una studentessa all’università dell’Avana ha raccontato che, se qualcosa funziona alla perfezione sull’isola, è la polizia. Sul versante economico, intanto, il ministero del lavoro ha pubblicato la lista delle 178 professioni aperte al settore privato. Alcune esistono già, altre faranno da apripista al nuovo corso cubano: è il caso dei venditori di libri, dei custodi di parcheggio e delle donne che sorvegliano e puliscono i bagni pubblici. I piccoli contadini potranno vendere i loro prodotti nei chioschi in cambio di un prelievo del 5% sui ricavi. E c’è anche chi, per un dollaro, propone alle famiglie di scattare fotografie nelle strade della capitale.
Non è che la gente non voglia darsi da fare. La questione, secondo un addetto d’albergo, non è tanto l’adozione del capitalismo, quanto l’assenza di infrastrutture. Le persone non sono preparate alla mentalità di mercato e ci si chiede come i nuovi piccoli imprenditori riusciranno a lanciare la loro attività commerciale. Conclusione pessimista: non sarà il governo ad aiutarli.