Roberta Camesasca, varie, 2 ottobre 2010
I SACCHETTI DI PLASTICA, PER VOCE ARANCIO
Dal primo gennaio 2011 saranno vietati i sacchetti di plastica non biodegradabili. La Finanziaria 2007, sulla base della normativa europea EN 13432, li aveva messi al bando a partire dal 31 dicembre 2009, ma lo scorso autunno la scadenza è stata prorogata di un anno.
«In nome del rispetto per le specie viventi, per il paesaggio e per la bellezza, per l’ambiente dell’Italia e del Pianeta. Io sottoscritto, mi impegno a non fare più uso dei sacchetti non biodegradabili “usa e getta” e chiedo agli esercizi commerciali di trovare nuove soluzioni. Chiedo inoltre al ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare di impegnarsi a non prorogare ulteriormente il divieto di commercializzazione di sacchi non biodegradabili, non rispondenti ai criteri fissati dalla norma comunitaria EN 13432, oltre il 31 dicembre 2010». È la petizione di Legambiente per non prorogare ulteriormente il divieto di commercializzazione dei sacchetti non biodegradabili. La petizione si può firmare on line su www.legambiente.it o www.puliamoilmondo.it e ad oggi sono state raccolte oltre 3.600 adesioni.
Nel mondo si consumano tra i 500 e i 1000 miliardi di sacchetti di plastica all’anno. In Europa, 100 miliardi. L’Italia, con 20 miliardi, è il primo paese “consumatore” in Europa, dove la media per paese è di 13 miliardi.
Ognuno di noi consuma una media di 300 sacchetti all’anno (in Germania, la media è di 65). In peso, 6 grammi di polietilene ad alta densità ciascuno, quasi 4 chili di plastica all’anno. Basterebbe usare una borsa riutilizzabile ogni volta che si fa la spesa per risparmiare 180mila tonnellate di petrolio e 8 kg di CO2 all’anno.
Mediamente un sacchetto di plastica viene usati per 20 minuti, il tempo medio tra la cassa e il frigo. L’ambiente, per distruggerlo, impiega dai venti ai 400 anni. Fino anche a 1000 anni, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente.
Per produrre 100 miliardi di buste si consumano 910 mila tonnellate di petrolio all’anno. Per produrre 100 sacchetti di plastica biodegradabile ci vogliono 1 kg di mais e 1 kg di olio di girasole.
Solo l’1% dei sacchetti di plastica viene riciclato a livello mondiale. Riciclarli, infatti, costa più che produrli. Secondo Jared Blumenfeld, direttore del dipartimento del Medio Ambiente di San Francisco, riciclare una tonnellata di sacchetti di plastica costa 4.000 dollari, mentre comprare la stessa quantità nuova costa 32 dollari.
Inventato da un ingegnere svedese, nel 1965, il sacchetto di plastica è di solito fatto di polietilene ad alta densità (HDPE), prodotto in film (pellicole) da una materia prima che può essere sia petrolio che gas naturale. Ha spessori diversi: dai 7 micron fino ai 40 micron e oltre. In Italia, si usano normalmente quelli con spessore di circa 23/24 micron.
Facilmente trasportati dal vento e dispersi nell’ambiente, nei fiumi, nei mari e sul territorio, i sacchetti di plastica sono un pericolo per l’ecosistema: le tartarughe marine muoiono perché ingeriscono sacchetti di plastica alla deriva scambiandoli per meduse, il loro cibo preferito e, secondo le stime dell’Unep, un milione di uccelli marini vengono uccisi per strangolamento, per soffocamento o per blocchi intestinali. Con il tempo, i raggi ultravioletti e il calore degradano i sacchetti in frammenti sempre più piccoli, che contaminano i suoli e le falde acquifere, entrando nella catena alimentare a partire dagli organismi più piccoli. Studi effettuati in Giappone e negli Stati Uniti hanno evidenziato una presenza di micro particelle plastiche (non solo sacchetti, però) da due a dieci volte superiore al plancton. Si sono trovati frammenti di plastica persino nei nidi degli albatros in remote isole dell’Oceano Pacifico.
L’80% dei rifiuti che si trovano nei mari e negli oceani è costituito dalla plastica (rapporto Unep 2009).
A 800 miglia a nord delle Hawaii, nell’Oceano Pacifico, le correnti hanno formato una enorme concentrazione dei rifiuti dispersi nell’ambiente, il cosiddetto Pacific Trash Vortex. In gran parte costituito da plastica, ha un’estensione che varia a seconda delle stime tra i 700.000 e i 10 milioni di kmq e un peso stimato di 3 milioni di tonnellate. “Isole di plastica” sono state segnalate anche nel Mediterraneo, tra la Sardegna e le Egadi.
I maggiori paesi esportatori di shopper: Cina, Malaysia e Thailandia.
Cina, India, Taiwan, Sudafrica, Eritrea, Ruanda, Somalia e altri paesi hanno già vietato da tempo i sacchetti di plastica sottile (inferiore ai 25-30 micron) non biodegradabili. Nel 2002 il Bangladesh li ha banditi dopo aver scoperto che intasavano i canali di deflusso dell’acqua e per questo, in caso di alluvioni, la capitale Dhaka, restava semisommersa per mesi.
Dal 2003, in India, nello stato dell’Himachal Pradesh, chi usa buste di plastica rischia sette anni di carcere e una multa pari a 1.500 euro. Durissima, in merito, anche la legislazione del Sud Africa: chi getta un sacchetto di plastica rischia una multa di 100.000 rand (10 mila euro) o una condanna fino a 10 anni di prigione e quando si va a fare la spesa è obbligatorio portarsi da casa la shopping bag. Dal novembre 2006, introdurre sacchetti e usarli a Zanzibar, l’arcipelago al largo della Tanzania nell’oceano Indiano, è illegale. Chi non rispetta il divieto rischia una pena fino a sei mesi di prigione o una multa di 2.000 dollari.
Nel marzo del 2007, San Francisco vietò l’uso degli shopper nei grandi supermercati e nelle farmacie. Da allora, ogni anno si risparmiano circa 100 milioni di borse di plastica.
In Europa, la prima a imporre il divieto è stata l’Irlanda, nel 2002. Per ogni sacchetto di plastica non biodegradabile fu imposta una tassa (la cosiddetta PlasTax) di 15 centesimi al fine di ridurne l’utilizzo e di evitare di contribuire all’inquinamento delle campagne irlandesi. Secondo il ministero dell’Ambiente il numero dei sacchetti di plastica, nei mesi successivi all’adozione della tassa, diminuì del 90% e l’imposta di 15 centesimi rese più di 13,5 milioni di euro, reinvestiti poi in progetti ambientali.
In Inghilterra, la catena di supermercati Tesco regala punti fedeltà ai clienti che riutilizzano gli shopping bag non biodegradabili.
In Italia alcuni comuni (stando a Legambiente almeno 150) hanno agito d’anticipo sul divieto che dovrebbe entrare in vigore in gennaio e hanno già messo al bando le borse di plastica non biodegradabili. Torino è stata una delle prime città. «Si possono fare tutti i ragionamenti del mondo, ma quella che va incentivata è la consapevolezza ambientale: si devono cambiare la cultura e le abitudini», ha detto il sindaco Sergio Chiamparino. Banditi gli shopper in propilene anche da Anacapri, Cesena, Ercolano, Lesmo, Tortolì, Senigallia, Arezzo, Brugherio, Castelfranco Veneto, Cava dei Tirreni, Montebelluna, Sarno, Vico Equense …
«Non vogliamo che il Parlamento faccia dei nuovi rinvii, dobbiamo educare cittadini e operatori commerciali al giusto comportamento abbandonando la cattiva abitudine dei sacchetti di plastica che non è più sostenibile» (il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha promosso in collaborazione con l’Ama un programma sperimentale per la progressiva riduzione di questo tipo di sacchetti).
A Roma ogni anno vengono consumate circa 1 miliardo e 600 mila buste in polietilene. Nella sola provincia di Milano vengono venduti ogni anno 1,3 miliardi di shopper in plastica, pari a 421 sacchetti pro capite. Di questi, il 23% - pari a circa 300 milioni di pezzi - è distribuito nei supermercati.
Molte catene della grande distribuzione hanno già sostituito (in tutto o in parte) i sacchetti di plastica “non biodegradabile” con borse della spesa riutilizzabili, sacche in cotone o in iuta “equo e solidale”, sacchetti di carta o in Mater-Bi, «polimero biodegradabile» ricavato dall’amido di mais, brevettato e prodotto dalla Novamont di Novara.
Dal primo gennaio 2010 Leroy Merlin, in base alla Finanziaria 2007, ha eliminato da tutti i 23 punti vendita italiani i sacchetti non biodegradabili. La sostituzione con eco bag ha consentito un risparmio, in 6 mesi, di circa 778.000 shopper. Ikea già da tempo non propone più gli shopper di plastica, ma buste di carta e capienti borsoni blu. Dal 2009, Auchan non distribuisce più il sacchetto usa-e-getta e in un anno ha venduto un milione e duecentomila borse riutilizzabili realizzate in collaborazione con il Wwf.
Tra gennaio e febbraio 2010 l’assessorato all’Ambiente della Regione Piemonte, in collaborazione con Conad, Coop, Crai e Il Gigante, ha lanciato la campagna “Nessuna scusa, la borsa si riusa”: chi è andato a fare la spesa con una borsa riutilizzabile, senza chiedere alla cassa borse di plastica, otteneva un tagliando che, una volta grattato, poteva rivelarsi un buono sconto da 5 euro.
Julia Roberts, quando va a fare la spesa, si porta da casa i suoi sacchetti ecologici.
Andrea Poggio, vicedirettore di Legambiente: «Il sacchetto di plastica è l’emblema dell’economia dello spreco, la sporta o il sacchetto elegante riutilizzabili sono tornati di moda: milioni di tartarughe, pesci e uccelli marini ci ringrazieranno».
Un paio di anni fa la borsa ”Im not a plastic bag” (“Non sono un sacchetto di plastica”) - tela ecologica, manici in corda e prezzo da bancarella (12 euro) – è andata a ruba. Disegnata dalla stilista inglese Anya Hindmarch allo scopo di sostituire nell’uso quotidiano i sacchetti di plastica, è stata vista al braccio di Kiera Knightley, Sienna Miller, Jessica Alba e Scarlett Johansson.
Se si usa una borsa di tela per la spesa, si possono risparmiare sei sacchetti a settimana, cioè 24 sacchetti al mese, 288 sacchetti all’anno, 14.400 sacchetti in 50 anni di vita di spesa.
Dal 24 al 25 settembre, “Puliamo il mondo insieme” di Legambiente: migliaia di volontari si mobilitano in tutta Italia per recuperare numerosi luoghi dal degrado e, allo stesso tempo, per promuovere il corretto smaltimento dei rifiuti e una maggiore attenzione al territorio.