Roberta Mercuri, varie, 2 ottobre 2010
I PADRI SEPARATI, PER VOCE ARANCIO
Nel 2009, 100.252 bambini sono stati coinvolti in separazioni non consensuali, e 49.087 in divorzi. Nell’85 per cento dei casi, i giudici affidano i figli alle madri, ma spesso gli accordi sul tempo da concedere ai papà vengano disattesi o ignorati.
Tiberio Timperi, che da quando s’è separato dalla moglie Orsola Gazzaniga fatica a vedere il figlio Daniele, 6 anni, sull’argomento ha scritto un libro dal titolo Amarsi sempre! Sposarsi?. «I giudici - dice - dovrebbero avere il coraggio di essere impopolari e affidare il bambino al genitore più equilibrato. Se questi è il papà, che si dia il bambino a lui».
Ernesto Emanuele, presidente dell’Associazione papà separati di Milano: «La legge stabilisce che il padre non può più vedere i figli quando c’è una denuncia di stalking o di violenza da parte della moglie. Se la moglie accusa il marito di usarle violenza, e lo fa anche senza apportare alcuna prova, allora lui deve lasciare casa e figli. In due ore i padri sotto accusa devono andarsene e sta a loro dimostrare la propria innocenza». Siccome i tempi della giustizia sono lentissimi, può capitare che al padre venga restituita l’onorabilità quando i figli sono diventati maggiorenni. Emanuele racconta il caso di un padre accusato di aver molestato la figlia di 5 anni. Completamente scagionato dopo parecchi anni, s’è sentito rispondere dalla figlia ormai diciottenne: «Io non ti conosco, non sei mio padre, cosa vuoi da me?».
«Tanti padri vanno vicino alla scuola o al supermercato per cercare così almeno di vedere i bambini. Uno di quelli che assisto io è stato denunciato proprio perché si è permesso di avvicinare il figlio all’uscita da scuola, il bambino, ovviamente, si è spaventato e lui si è beccato la denuncia. Un altro si è “intrufolato” tra gli scaffali di un supermercato per seguire il figlio mentre era con i nonni materni a fare la spesa e anche loro non gliel’hanno perdonata. Per non parlare delle madri che se ne vanno a centinaia di chilometri di distanza, una da Milano addirittura fino a Lecce, portandosi dietro i figli per seguire i propri nuovi compagni».
C’è una speranza per questi padri separati?
«C’è se riescono a gestire la separazione dalla moglie con il massimo della civiltà, senza rancore, senza violenza. Solo così potranno riuscire a non separarsi anche dai loro figli» (Ernesto Emanuele a Panorama.it).
La situazione dei padri italiani potrebbe essere ribaltata da una recente sentenza della Cassazione (n. 32562) con cui i giudici hanno stabilito che il papà al quale l’ex moglie impedisce di vedere i figli ha diritto al risarcimento dei danni morali. Danni che, qualche giorno fa, il cantante Morgan ha chiesto ad Asia Argento.
«Su Internet colpiscono le storie di questi uomini, dentro blog e siti che si chiamano “Caro papà”, “Figli contesi”, “Forza papà”, “Figli negati” oppure “Papà separati”: dove, per separati, bisogna intendere dai figli e non solo dalle mogli. Gallerie fotografiche toccanti, nelle quali i padri sfilano cullando bambolotti che simboleggiano i bimbi contesi, e forse perduti. Non è raro che sullo sfondo delle battaglie tra genitori possa esplodere la tragedia: negli ultimi dieci anni, sono stati uccisi in raptus o a sangue freddo 158 minori, trasformati in oggetto di vendetta e follia. Ma vi sono anche pagine e pagine di testimonianze, di sofferenza ma anche di indigenza, perché proprio tra i padri separati sta crescendo enormemente la percentuale dei nuovi poveri che si rivolgono alla Caritas o ai servizi sociali, appelli e lettere che si rivolgono ai piccoli lontani» (Maurizio Crosetti su Repubblica).
In Italia i padri separati sono 4 milioni, di cui 800 mila vivono sotto la soglia di povertà. «Il 25% degli ospiti delle mense dei poveri sono separati e divorziati. Molti di questi dormono in auto e i più fortunati (circa 500mila) sono tornati ad abitare dalle loro famiglie d’origine. È un fenomeno che riguarda per lo più operai, impiegati e insegnanti. Le separazioni e i divorzi, dati gli obblighi economici e le spese che determinano, trasformano questi lavoratori in veri e propri clochard» (Gian Ettore Gassani, presidente nazionale dell’Ami, l’Associazione matrimonialisti italiani).
A Roma, dove 5 mila padri separati vivono come barboni, il Comune ha creato nel 2009 una “Casa dei papà”: 22 appartamenti dove stare con i figli, canone mensile 200 euro. L’assessore alle Politiche sociali della città, Sveva Belviso: «A precipitare nel disagio economico sono i genitori non affidatari, solitamente i papà, che, oltre a versare l’assegno mensile, devono contestualmente lasciare la dimora. Basti pensare che lo scorso anno molte delle persone accolte nell’ex Fiera di Roma per il Piano freddo erano proprio padri separati precipitati nel disagio economico dopo la separazione».
Stanno prendendo un’iniziativa analoga anche a Milano: in via Calvino sorgerà la “Casa del padre separato”, 160 posti letto con camere singole e doppie, mensa, giardinetto e biblioteca. L’Associazione matrimonialisti italiani ha calcolato che a Milano, tra città e provincia, i padri separati in difficoltà economica sono quasi cinquantamila. Certe statistiche sostengono che a Milano il 70 per cento dei frequentatori dei dormitori sono papà separati.
In Italia è stata Bolzano la prima città a lanciare nel 2004 l’idea di un rifugio per padri separati con Laboratorio Bolzano (cinque stanze con bagno privato) aperto dal Centro Asdi (Centro Assistenza separati e divorziati), seguito quattro anni più tardi dalle case-albergo su misura per i genitori in difficoltà dopo la rottura familiare. A Savona è operativa dal maggio scorso la Casa dei papà (130 metri quadri con 6 posti letti, salone, cucina e servizi) realizzata dall’associazione ligure La luna dei papà, e la Regione Piemonte ha approvato un provvedimento che permette ai genitori separati in difficoltà di ricevere aiuti economici, oltre ad abitazioni temporanee o definitive.
In Italia si sta sviluppando il fenomeno dei “separati in casa”, coniugi che, di comune accordo, pur di non affrontare il rischio di spese insostenibili, accettano di vivere sotto lo stesso tetto. Si calcola che una coppia su 5 (il 20% del totale) vive in queste condizioni nel nostro Paese. La percentuale sale in Lombardia, dove arriva al 33% (cioè una coppia su 3) e sfiora la soglia del 40% a Milano.
L’avvocato matrimonialista Cesare Rimini dice che «negli ultimi mesi, a causa della crisi, c’è stato un boom di cause per rivedere gli assegni di mantenimento. In pratica, quello che qualche anno fa un (ex) marito poteva garantire alla (ex) consorte, ora non è più in grado di garantirlo».
In media di quanto vengono ridotti gli assegni?
«Impossibile indicare una media, il giudice decide caso per caso in base al reddito (che può diminuire o scomparire del tutto, se il padre separato perde il posto di lavoro) e al patrimonio. E ormai capita anche che sia la moglie a dover staccare l’assegno di mantenimento per il marito rimasto disoccupato» (Cesare Rimini a VoceArancio).
Con la crisi aumentano anche i divorzi. Domenico Fumagalli, responsabile lombardo dell’associazione dei papà separati dice che circola una specie di legge di Murphy sul tema: «Ti licenziano? E allora è molto facile che ti separerai». Le ragioni sono sociali, psicologiche, familiari. «Sta di fatto che la nostra associazione ha registrato un boom di adesioni proprio dalle zone più colpite dai licenziamenti. L’area di Agrate-Vimercate, per esempio, dove hanno chiuso diverse aziende».
L’avvocato matrimonialista Annamaria Bernardini De Pace non crede assolutamente alle difficoltà degli uomini («stanno peggio le donne, magari con due figli da tenere e senza lavoro»): «Non credo che il 70 per cento di frequentatori di dormitori siano padri separati responsabili e per bene e percettori di stipendi che corrispondono all’80 per cento degli stipendi medi italiani. Non credo che la maggior parte dei padri separati debba vivere in uno sgabuzzino da 70 euro al mese o in un garage e mangiare alla mensa dei poveri. [...] Nel corso della mia attività professionale mi sono interessata a circa 18.000 casi e neppure uno coi dati catastrofici riferiti dai papà separati. Né clienti né avversari. Più frequenti sono, invece, i casi di papà che non vogliono pagare, che fingono di non avere denaro per pagare, che simulano di essere diventati poveri, che pretendono di avere i figli con sé solo per non versare denaro alle mogli» (Annamaria Bernardini De Pace su Libero).
«La verità ha spesso due facce, talora tre. Ci sono i padri che si battono con fermezza per avere il rapporto, la vita, con i loro figli. Ci sono i padri che invece violano i doveri che hanno nei confronti dei loro figli. Infine ci sono anche i bambini che si rifiutano, loro, di vedere il padre o la madre. La cronaca di questi giorni segnala la decisione della sezione VI penale della Corte di Cassazione che, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, ha condannato la madre che aveva ostacolato “la stabilità dei rapporti affettivi tra la figlia infraquattordicenne e il padre, negando l’esercizio del diritto di visita e violando così l’esecuzione del provvedimento del giudice”. Oltre alla sanzione penale c’è stata anche la condanna al risarcimento del danno morale di 3.000 euro e di altri 2.000 per spese di giustizia. Va segnalato che l’orientamento di punire con risarcimento del danno è stato accolto nella legge riformata nel 2006. Il risarcimento può essere attribuito al genitore leso nei suoi diritti e anche al minore. Un’altra sentenza della Cassazione ha ribadito che l’esercizio del diritto di visita del genitore non è solo una facoltà, ma anche un dovere. E infatti un padre è stato condannato a rimborsare le spese che le sue mancate frequentazioni dei figli avevano causato alla madre. Infine la Suprema Corte ha ricordato in un’altra sentenza che, in base ai principi sanciti dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 ratificata dalla legge italiana, se un minore divenuto ormai adolescente e perfettamente consapevole dei propri sentimenti prova nei confronti del genitore non affidatario sentimenti di ostilità o di ripulsa, di ciò si deve pur tenere conto anche se è proprio il genitore, presso il quale il minore vive, che infonde quell’avversione. Si leggono le sentenze e sembra di vedere vicende diverse, ma alla base c’è sempre la mancanza di responsabilità, il non saper essere genitore» (Cesare Rimini sul Corriere della Sera).