Ettore Livini, la Repubblica 2/10/2010, 2 ottobre 2010
MILANO - AAA
piloti cercasi. Dopo dieci anni di crisi e 60 miliardi di perdite, le compagnie aeree non riescono ancora a tirare il fiato. Il traffico è ripartito (+6,4% da gennaio), il 2010 - alla faccia della cenere islandese - si chiuderà con il primo utile (8,9 miliardi) del millennio. Ma all´orizzonte si profila già la prossima crisi: la carenza di comandanti da mettere alla cloche dei nuovi aerei. Il problema, per assurdo, è l´eccesso di crescita. I cieli, specie quelli asiatici, sono sempre più affollati. E la domanda di piloti nei prossimi anni sarà di molto superiore all´offerta: da oggi al 2030, secondo le stime dell´Icao (l´organizzazione dell´aviazione civile), ne serviranno 49.900 all´anno contro i 47.025 sfornati dai corsi per il brevetto. I 4.500 iscritti alle liste di disoccupazione negli Usa dopo i tagli selvaggi di inizio millennio - un bacino di professionalità che pareva inesauribile - sono quasi tutti rientrati in servizio. E i nodi stanno già iniziando a venire al pettine.
Air India ha tagliato alcune rotte perché non c´era nessuno in grado di far decollare gli aerei. Srilankan Airlines ha rivisto i piani d´espansione, che prevedono pure nuovi voli per l´Italia, perché non trova 30 nuovi comandanti da mettere in cabina. E le compagnie più ricche e lungimiranti - Emirates, Etiahd e Qatar Airways in testa - hanno lanciato una vera e propria caccia al pilota nei cieli mondiali, mettendo sul piatto ingaggi faraonici in stile calciomercato per strapparsi i più esperti. «Dire di no è difficile - racconta dietro garanzia d´anonimato uno dei 40 italiani che negli ultimi mesi hanno trasferito armi, bagagli e famiglia nel Golfo - . Mi hanno offerto 9.800 dollari di stipendio base che posso raddoppiare senza difficoltà grazie ai premi produzione. Lo stipendio è esentasse e in più vivo in villa con piscina a spese del mio datore di lavoro. Tra l´altro, contrariamente a quello che mi succedeva in Italia, mi pagano pure la tintoria per l´uniforme!». Certo bisogna pensare da sé a mettere da parte i soldi per la pensione. Ma non c´è da stupirsi se all´ultimo "Recruitment Day" organizzato dalla Emirates a Milano poche settimane fa si siano presentati oltre 300 comandanti italiani. E oltre cento di loro, risultati idonei, stanno aspettando la chiamata dal Dubai per entrare in servizio.
Gli effetti sono già surreali: a inizio agosto Philippine Airlines ha cancellato dalla sera alla mattina diversi voli dopo che 25 piloti hanno rassegnato le dimissioni per trasferirsi a lavorare all´estero. E nemmeno l´appello del presidente del paese Benigno Aquino è riuscito a convincerli a cambiare idea.
L´epicentro del terremoto nei cieli è, come ovvio, l´Asia. Qui il traffico cresce a tassi vertiginosi, le aerolinee hanno ordinato migliaia di aerei e non esistono (almeno per ora) le scuole di volo in grado di formare i 130mila comandanti necessari nei prossimi vent´anni. Anche negli Stati Uniti la spia della riserva è accesa: entro il 2030 sono previste 112mila nuove assunzioni. Tantissime per un sistema dove il numero di scuole è crollato dal 2001, quando la Casa Bianca - scottata dal caso di Mohamed Atta, l´attentatore delle Twin Towers addestrato al volo negli Usa - ha imposto regole ferree al settore. Il piatto piange e persino Michael O Leary - il numero uno di Ryanair - ha capito che in futuro non ci saranno abbastanza persone per i suoi aerei. Lui però - risparmioso nel Dna - ha ribaltato la frittata. Mancano i piloti? Basta usarne uno per aereo invece dei due attuali. Sperando, per il bene dei passeggeri, che l´unico a bordo goda salute di ferro.
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MILANO - «La carenza di piloti? È indubbio che sia un problema serio. Le faccio solo una cifra. In poco tempo più di 100 italiani hanno lasciato il nostro paese e soprattutto Alitalia, per andare a lavorare all´estero». Giovanni Galiotto, presidente della Italian pilot association (Ipa) l´ex-Anpac, conferma. La caccia al comandante d´aereo è appena iniziata.
Cosa sta succedendo Galiotto?
«Semplice. Nei paesi emergenti, specie in Asia, le compagnie aeree stanno comprando centinaia di aerei nuovi che stanno per entrare in servizio. Lì le scuole di addestramento si contano sulla punta delle dita e per formare un nuovo pilota servono almeno otto anni. Il conto è semplice... ».
Perché i piloti italiani preferiscono andare all´estero?
«Non tanto o certamente non solo per i soldi. Il problema è che qui hanno le carriere bloccate. In Emirates, Qatar e Etihad possono diventare comandanti di un aereo anche in 3-4 anni».
Da dove arrivano le offerte più interessanti?
«Dalle tre compagnie del golfo che le ho appena citato. Ma ci sono comandanti italiani che si sono trasferiti in India, in Cina e in Vietnam. E mi risulta si trovino benissimo».
Almeno questa è una buona notizia per i 700 piloti Alitalia che sono ancora in cassa integrazione...
«Qui, purtroppo, si sbaglia. Il requisito di base per partecipare ai concorsi indetti dai grandi vettori internazionali è quello di aver un´esperienza di volo negli ultimi sei mesi. Loro, visto che da due anni sono a casa, non hanno nel curriculum questo atout. E paradossalmente, con il settore in pieno boom e la carenza mondiale di piloti, non possono nemmeno iscriversi a questi colloqui».
(e. l.)