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 2010  ottobre 02 Sabato calendario

ROMA - C´è

una ricorrenza nella storia di Milano. Il nome del suo protagonista. L´assistente di pubblica sicurezza A. M., 44 anni, da 8 caposcorta di Maurizio Belpietro. É il poliziotto unico testimone, al momento, di quanto accaduto nella tromba delle scale del condominio di via Monte di Pietà. É lo stesso poliziotto - conferma a "Repubblica" il Dipartimento della Pubblica sicurezza - che la mattina del 14 aprile 1995, sempre a Milano, anche allora in qualità di agente addetto al servizio scorte, mette in fuga un solitario e mai rintracciato «uomo armato di carabina» che - come lo stesso A. M. racconterà - aspetta che l´allora procuratore aggiunto Gerardo D´Ambrosio esca di casa «per ucciderlo».
La rilevanza o meno di questa «ricorrenza» (per altro già da ieri mattina acquisita agli atti dell´indagine della Procura di Milano e segnalata dalla questura di Milano all´attenzione dei vertici del Dipartimento di Pubblica sicurezza a Roma) la stabiliranno evidentemente le indagini. É un fatto che, per come vengono riferite, la meccanica di quanto accaduto quel 14 aprile 1995 e la sequenza degli eventi in via Monte di Pietà presentano significative somiglianze. Cambia l´obiettivo (D´Ambrosio ieri, Belpietro oggi) e l´arma (allora un fucile, oggi una pistola), ma la scena si presenta identica. A. M. fronteggia da solo un uomo armato che riesce a mettere in fuga. Conviene dunque tornare a quel giorno di 15 anni fa e riproporre ciò che accadde per come ne riferì - proprio a "Repubblica" nell´edizione del 19 aprile 1995 - lo stesso A. M. L´uomo, allora, ha 29 anni e il grado di agente semplice e, da soli 3 mesi, è stato aggregato alla scorta di Gerardo D´Ambrosio.
Alle 9 del mattino del 14 aprile piove, e A. M., come ogni giorno, raggiunge su una Croma blindata con autista l´abitazione del magistrato, un portone che affaccia in una via stretta, per raggiungere il quale si percorrono a piedi 20 metri limitati da una cancellata che protegge il giardino di una scuola materna comunale. Racconta A. M. a "Repubblica": «Percorro da solo il vialetto, citofono al dottor D´Ambrosio e gli dico che siamo arrivati. Quindi, vedo un tizio con l´impermeabile nel cortile dell´asilo. Prima penso: "Ecco un altro fesso come me che sta qui a prendere l´acqua". Poi mi dico, ma se l´asilo è chiuso per le vacanze di Pasqua, che ci sta a fare? Allora ho impugnato la pistola e mi sono detto: "Adesso vado a vedere chi è questo". A quel punto, ho visto quell´uomo che si chinava per raccogliere un fucile. Non so quale tipo di fucile, ma certamente un fucile. Forse un sovrapposto, forse una carabina. Gli ho gridato qualcosa del tipo "fermo polizia". Lui si è messo a correre. Ha girato l´angolo dell´asilo e io a quel punto ho preso il giro largo per evitare che mi sparasse nella pancia. É la prima cosa che ci insegnano al corso. Se uno svolta, non metterci subito dietro la faccia, perché lì ci può essere una pistola che ti aspetta. Invece, quando è rientrato nel mio campo visivo era già oltre un cancello e stava saltando su una moto su cui lo attendeva un complice». A. M. verrà promosso per aver sventato l´attentato da agente semplice ad agente scelto.