Gianni Ranieri, La Stampa 30/9/2010, 30 settembre 2010
La maratona è un feuilleton melodrammatico. Graditissimo è il maratoneta che, a chiusura delle Olimpiadi, entra solitario nello stadio, perché l’apparizione dell’esausto imitatore di Fidippide è un colpaccio di teatro da palpitazione cardiaca
La maratona è un feuilleton melodrammatico. Graditissimo è il maratoneta che, a chiusura delle Olimpiadi, entra solitario nello stadio, perché l’apparizione dell’esausto imitatore di Fidippide è un colpaccio di teatro da palpitazione cardiaca. Il kolossal delle maratone è la grande ammucchiata di New York: il palcoscenico è immenso, vi si versano migliaia di cacciatori di chimere arrivati da tutte le parti del mondo. Marco Patucchi ha scritto un libro (I maratoneti, B. C. Dalai editore, pp. 189, e16) nelle cui pagine innamorate (della maratona) c’è una continua corsa di personaggi che escono ed entrano in storie terribilmente dolci o terribilmente amare, e che sembrano tagliate su misura dei leggendari 42 chilometri e 195 metri della maratona. A Hadera, una butterata città di fabbriche al centro di Israele, il maratoneta Haile Satayin, un falasha, un ebreo etiope, oggi cinquantenne, continua a maledire la maratona che lo ha riempito di «tanta fatica, tanti dolori e pochissimi soldi» ma continua ad allenare se stesso e le giovani speranze e a correre ogni giorno. Il maratoneta giapponese Kokichi Tsuburaya si uccide tagliandosi la gola. Su un foglietto ha scritto «Non posso più correre». Aveva conquistato il bronzo alle Olimpiadi di Tokyo 1964, dietro a Bikila e all’inglese Heatley che gli soffia l’argento sul rettilineo finale. La perdita della medaglia d’argento gli strazia l’animo. Vuole a tutti i costi l’oro di Città del Messico, unico modo per cancellare l’umiliazione sofferta davanti al suo Paese. Ma a pochi mesi dalla prova decisiva, sente che del maratoneta di un tempo non resta che un disperato inseguitore di illusioni e allora meglio morire. Folle enormi, a New York, a Boston, a Londra, si godono la sfilata. La maratona vive felicemente quando fonde ribalta e platea, e ognuno recita come viene viene. Sembra che Fidippide con i 42 chilometri e 195 metri della maratona c’entri pochissimo, perché il suo vero impegno fu quello di correre per un intero giorno mandato da Milziade a chiedere aiuto a Sparta contro i Persiani. Ma che importa se la storia che afferrò, spezzandolo, Dorando Pietri e baciò su tutt’e due le guance Abebe Bikila non è quella giusta. L’importante è che una storia esista e giunga sempre al traguardo. Stampa Articolo