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 2010  ottobre 01 Venerdì calendario

ANDREA GRECO

MILANO - Il cda di Unicredit nomina il nuovo amministratore delegato. È Federico Ghizzoni, finora vice ad a capo della divisione Centro Est Europa. La nomina, a Varsavia dopo un comitato nomine mattutino e un consiglio pomeridiano di qualche ora, è avvenuta con voto unanime, a nove giorni dal drammatico cda che estromise Alessandro Profumo, su quella poltrona da 13 anni.
Il presidente Dieter Rampl, regista del ricambio al vertice della grande banca, ha detto: «La costante e stretta interazione di Ghizzoni con istituzioni, regolatori, organizzazioni internazionali e operatori di mercato lo rende la persona più adatta per gestire il rapporto di Unicredit con i principali stakeholders. Avrà il compito di rafforzare Unicredit come leader in Europa, proseguendo il lavoro svolto dal predecessore».
Nella scelta, riporta un comunicato, hanno pesato «competenze e qualità come una forte leadership, la capacità di fare squadra, una grande esperienza nell´industria dei servizi finanziari internazionali, forti capacità organizzative e profonda conoscenza del gruppo». Il cda, compatto, ha riconosciuto che «Ghizzoni è la persona più adatta, in quanto in possesso di tutti i requisiti necessari». La nomina dell´ad, promessa da Rampl alla comunità finanziaria «in poche settimane», è giunta in nove giorni.
Ma è solo il primo tassello del nuovo progetto di governance del gruppo. «Nelle prossime settimane il cda e l´ad valuteranno la migliore soluzione per il modello organizzativo di vertice, e una coerente allocazione delle funzioni in base alle eccellenze professionali del management team». Significa che, come previsto, saranno nominati uno o meglio due direttori generali, a spartirsi le deleghe con l´ad in modo più diffuso che in passato. Qui tornerà in gioco Roberto Nicastro, il più serio concorrente di Ghizzoni nella corsa alla poltrona più alta. L´attuale capo delle attività commerciali e Pmi del gruppo – se la accetterà, accantonando l´inevitabile dispiacere – sarà il favorito per la carica di dg. L´altra poltrona toccherà a uno degli altri due vice ad, Paolo Fiorentino e Sergio Ermotti. Dietro le quinte, trapela l´obiettivo di Ghizzoni e Rampl di preservare la squadra di manager; è più difficile prevedere con quali chimiche personali, e sulla base di quali scansioni di deleghe.
Il titolo Unicredit, in una seduta prima brillante poi smorzata dall´avvio di Wall Street, ha guadagnato l´1,74% a 1,873 euro, ma le notizie sono uscite a mercati chiusi. Non solo quella del nuovo ad, anche l´attesa risposta a Bankitalia, che con due missive critiche aveva chiesto ragguagli sul ruolo degli azionisti libici, sulla governance e sulle spettanze (40 milioni di euro) attribuite a Profumo. Come da secondo comunicato, Unicredit ha risposto alla richiesta di vigilanza del 9 agosto, sul ruolo dei libici: «In via preliminare non sono pervenute né paiono altrimenti disponibili informazioni che consentano di considerare, con la dovuta certezza, le due partecipazioni come autonome». È, nei fatti, un giudizio della banca contro le affermazioni dei suoi soci Banca centrale di Libia (4,98%) e fondo Lia (2,6%). I libici si considerano distinti e autonomi, mentre – da ieri è ufficiale – Unicredit non lo ritiene, così presto potrebbe adottare il tetto di voto al 5% che il suo statuto impone a ogni socio. A scanso, ieri Farhat Bengdara, rappresentante libico in banca, ha detto: «Siamo soddisfatti della nomina di Ghizzoni, non intendiamo salire ulteriormente nel capitale».

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GIOVANNI PONS
MILANO - «E ora bisognerà vedere se Ghizzoni cercherà di resistere all´ipotesi di spezzatino a cui Profumo si è sempre opposto». Gli uomini che conoscono bene Unicredit interpretano l´ascesa alla carica di ad di Ghizzoni come un fatto positivo e una sconfitta, forse solo temporanea, delle Fondazioni CariVerona e Crt in testa, che spingevano prima per il banchiere d´affari Andrea Orcel e poi per i due vice-ceo Roberto Nicastro e Paolo Fiorentino, cioè i manager che negli ultimi due anni erano entrati in rotta di collisione con Profumo. Così come resta da risolvere il nodo dell´azionariato tedesco - che esprime ben quattro consiglieri in cda più uno in rappresentanza di Allianz e uno eletto dai fondi - e che già da un po´ di tempo spinge per far ritornare in Germania il controllo della Hvb, risanata e ripulita da Profumo. Insomma, nella veste di grande mediatore il presidente Dieter Rampl ha preferito respingere per il momento le istanze che arrivavano dalle varie correnti dei soci per far salire un uomo che rappresenta solo la banca e l´area dove Unicredit sta registrando la miglior crescita e redditività, il centro est Europa. Poi, nella prossime due settimane si cercheranno di sciogliere gli altri nodi manageriali cercando un nuovo equilibrio tra quegli azionisti che solo nove giorni fa si sono trovati concordi nell´estromettere in malo modo Profumo dalla gestione della banca. E dunque, solo con la prossima tornata di nomine, si capiranno meglio vincitori e vinti della battaglia Unicredit. Una partita in cui ricoprirà un ruolo anche la Banca d´Italia, la stessa che nell´aprile scorso criticò apertamente la scelta di un ad per l´Italia, figura proposta proprio dalle Fondazioni. E quindi si optò per un country manager le cui funzioni e poteri appaiono ancora oggi una vera e propria incognita. Se dunque Ghizzoni vuol veramente raccogliere l´eredità di Profumo dovrebbe in primo luogo opporsi alle pressioni tedesche per far tornare in patria Hvb, se non altro perché presente in quell´area dell´Europa che sta crescendo a ritmi più sostenuti. La moneta di scambio con i tedeschi potrebbe diventare la casella dell´investment banking, oggi ricoperta da Sergio Ermotti, ex uomo Merrill Lynch chiamato in Unicredit da Profumo. Al suo posto potrebbe arrivare Theo Weimer, attuale capo della Germania, l´unico con i galloni sufficienti avendo un passato in Goldman Sachs. Ma se si va a toccare la casella di Ermotti allora c´è il rischio di un nuovo scorporo, cioè il passaggio dell´area corporate banking, molto ambita perché eroga il credito alle aziende sopra un certo livello di fatturato (ora il tetto è a soli 50 milioni), a qualcuno visto favorevolmente dalle fondazioni, come potrebbe essere Fiorentino. Con Nicastro, molto ben sostenuto dalla Fondazione CariVerona, che salirebbe a ricoprire la carica di direttore generale con il compito, arduo, di semplificare nel tempo una struttura organizzativa oggi troppo complessa. Se il quadro è questo, occorre ridefinire la figura del country manager, frutto dell´aspra contrattazione di aprile, così come non avrebbero più molto senso i direttori territoriali senza deleghe. Insomma il rivolgimento interno potrebbe anche risultare positivo se porterà a una semplificazione delle competenze e delle strutture in rapporto ai clienti e ai prodotti. Sullo sfondo, però, rimane l´ultima incognita, quella della reale situazione contabile della banca. La vigilanza di via Nazionale da un anno e mezzo sta rivoltando i conti e le procedure per capire il reale stato delle sofferenze e dei derivati, ampiamente utilizzati in passato. Se le risultanze non fossero buone come dice gran parte della concorrenza e si rendessero necessari altri accantonamenti allora Ghizzoni potrebbe essere costretto a ridurre l´attivo per creare il carburante necessario a coprire le poste passive, escludendo però lo spauracchio di un nuovo aumento che le Fondazioni vedono come il fumo negli occhi.