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 2010  ottobre 01 Venerdì calendario

MARCO ZATTERIN

CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
Giulio Tremonti ostenta soddisfazione, assicura che l’Italia «è in sicurezza» e «non teme le nuove regole». Lo confortano le rassicuranti parole degli sceriffi a dodici stelle, generosi nel seminare segnali intesi a dimostrare che il riformato Patto di Stabilità, con la maggiore attenzione all’andamento del debito e le sanzioni più taglienti, non costringerà Roma a manovre di correzione miliardarie se il governo terrà la rotta del rigore e rispetterà gli impegni già presi. «Non vi vedo sulla soglia delle sanzioni», ha assicurato il numero uno dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. «Se debito e deficit caleranno rapidamente non ci saranno problemi», ha aggiunto il finlandese Olli Rehn, responsabile Ue per gli affari congiunturali. Un buon inizio, anche se il dibattito è appena iniziato.
Giornata di riscaldamento, la prima della sessione informale del Consiglio Ecofin svoltasi ieri a Palais d’Egmont, nel cuore di Bruxelles. Sui ministri, e sui governatori, sono piovute le preoccupazioni per l’ennesimo terremoto finanziario irlandese che hanno fatto slittare l’annunciata approfondita analisi sul Patto di Stabilità ridisegnato mercoledì dalla Commissione. Della proposta, si è comunque parlato. Sopratutto per valutare l’efficacia della stretta sul debito e la misura delle sue conseguenze.
Sinora l’azione di controllo sulla politica monetaria si è concentrata sul disavanzo, vincolato al rispetto di massimo del 3% del pil, pena l’avvio di una procedura di deficit eccessivo. «C’è pieno e generale consenso sul fatto che bisogna aumentare l’attenzione sul debito», ha riassunto Rehn. «La correzione dei debiti da parte di tutti deve essere un impegno serio», ha incalzato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Vuol dire che i paesi con un passivo storico molto superiore al tetto del 60% indicato dai Trattati dovranno rientrare di gran carriera (al ritmo di un consolidamento pari al 5% del divario fra il limite e il dato effettivo) oppure essere puniti severamente, costretti a versare un deposito pari allo 0,2% del pil che alla lunga potrebbe diventare multa. Lo vuole la stabilità dell’euro e i tedeschi fondamentalisti del rigore.
Per chi, come l’Italia, è distante da questa soglia è una questione potenzialmente esplosiva. Tremonti si è battuto perché il criterio non fosse automatico, perché la valutazione fosse legata alla effettiva sostenibilità dei conti pubblici e a una serie di fatture cruciali, come il debito privato. La richiesta è stata recepita dalla Commissione e risulta essere stata accolta dai governi. La Germania storce il naso. L’evoluzione della sua posizione andrà seguita con attenzione.
Il ministro di via XX settembre fa il punto. «Visto che la crisi è venuta dalla finanza privata e non da quella pubblica (che è vittima e non carnefice) - ha spiegato - siamo convinti che per noi un conteggio algebrico tra attivi e passivi ci metta in zona di sicurezza». L’Italia «ha un debito pubblico alto, ma a fronte di ciò esiste un enorme attivo e una stabilità finanziaria complessiva: abbiamo la casa, e banche solide». La sua metafora è che la stabilità finanziaria è una giacca con due tasche, in una c’è l’attivo e nell’altro le passività, due voci che si possono compensare. «Non si può guardare in una e non nell’altra. Se si sommano tutti questi fattori ci si rende conto che non c’é bisogno della correzione di cui si parla».
Calcolato automaticamente l’impegno per evitare una procedura, e dunque portare il debito alla giusta velocità dal 119 al 60% del pil sarebbe di circa 40 miliardi l’anno, con una decisione da prendere fra tre anni. «Vi siete chiesti se la crisi irlandese è colpa del debito pubblico o privato?», ha domandato Tremonti. La risposta - "privato!" - rafforza l’Italia, per trattare la quale - ha puntualizzato Juncker - saranno presi in considerazione anche «i fattori rilevanti» che incidono su quel debito. La battuta finale di Olli Rehn certifica che il clima è meno teso di quanto si potrebbe pensare. «Comprerò un vestito italiano per provare la teoria di Tremonti», ha detto il finlandese. Urge colloquio bilaterale per scegliere la sartoria.