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 2010  settembre 30 Giovedì calendario

ALESSANDRO BARBERA

ROMA
Crescita lievemente superiore alle ultime previsioni quest’anno (all’1,2%), fiacca nel 2011 (all’1,3%) deficit stabile al 5%, debito al 118,5%. Per caso o voluta coincidenza, il ministero del Tesoro pubblica il «documento di finanza pubblica» in un giorno importante al di qua e al di là delle Alpi. A Roma c’è il voto di fiducia per il governo, a Bruxelles si stringe sul nuovo Patto di stabilità europeo. La premessa del documento - 58 pagine in tutto - ne circoscrive il peso: «E’ il primo e l’ultimo atto del suo genere. Il primo perché è entrata in vigore l’anno scorso. L’ultimo perché è destinato ad essere sostituito da un diverso e più articolato apparato di matrice europea». Eppure, con i mercati nuovamente nervosi e di fronte alle difficoltà del governo, mai come ora il quadro dello stato dei conti pubblici è decisivo per orientare gli investitori internazionali e far capire cosa ci riserva il futuro.
Un esempio su tutti, la pressione fiscale: benché il premier, non più tardi di ieri, abbia promesso un suo calo entro la fine della legislatura, i tecnici del Tesoro stimano che quest’anno sarà stabile al 42,8%, nel 2011 scenderà al 42,4%, nel 2012 risalirà al 42,6% del prodotto interno lordo.Non è difficile capire il perché di questi numeri. La crescita quest’anno sarà dell’1,2%, due decimali in più rispetto alle ultime previsioni ma ancora molto al di sotto della locomotiva tedesca. Nel 2011 il Pil è previsto a +1,3%, solo nel 2012 al 2%. La stima, scrive il Tesoro, è fiacca anche per via di quel che accadrà nel prossimo trimestre: «La crescita va consolidandosi, ma nel corso dell’estate sono emersi alcuni segnali di decelerazione degli scambi internazionali in alcune aree tra cui gli Stati Uniti. Si pensa che questo possa tradursi in una leggera e temporanea moderazione della crescita anche in Italia a partire dal quarto trimestre di quest’anno». Da qui la decisione di rivedere al ribasso (per l’esattezza di due decimali) la precedente stima di crescita nel 2011. Fanno la loro parte, in negativo, gli ancor deboli consumi delle famiglie: quest’anno cresceranno solo dello 0,5%, nel 2011 dello 0,8%, solo nel 2012 segneranno +1,7%.
Con numeri così incerti, inutile sperare in un calo netto di deficit e debito pubblico. Quest’anno resteranno rispettivamente stabili al 5% e al 118,5% del prodotto interno lordo. La discesa del deficit, lenta, è prevista per il 2011 e il 2012: per allora il governo conta di averlo rispettivamente al 3,9 e 2,7%. Per il debito il calo è rimandato di due anni: nel 2011 è previsto al 119,2%, nel 2012 al 117,5%, al 115,2% nel 2013. Sempre che nel frattempo - la Dfp non ne fa cenno - il governo non decida per gli ulteriori e «rapidi sforzi» che ieri il commissario europeo agli affari economici ha chiesto ai Paesi ad alto debito.
Per dare la dimensione del problema, giovi ricordare quanto paghiamo e pagheremo in assoluto per onorare il servizio del debito. Quest’anno costerà in interessi più di 72 miliardi di euro, nel 2011 saranno 75 miliardi e 670 milioni, nel 2012 supereremo gli ottanta. Con quella cifra si potrebbe finanziare i due terzi dell’intera spesa sanitaria, nel 2012 stimata in 119 miliardi. A garantire la tenuta dei conti nel lungo periodo ci pensano le pensioni: grazie all’ultima riforma, la curva della spesa, che oggi pesa per il 15,3% del Pil, dal 2021 e fino al 2026 scenderà al 14,8%. Dalla disoccupazione non dovrebbero arrivare cattive sorprese: il Tesoro la stima stabile all’8,7% quest’anno e il prossimo, all’8,6% e all’8,4% nel 2012 e 2013.