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 2010  settembre 30 Giovedì calendario

SAMIA, RINCHIUSA PERCHE’ STUDIAVA L’ITALIANO —

Non l’aveva scelto lei quel marito di 10 anni più grande. Fecero tutto la madre e la più grande delle sue cinque sorelle, in assenza del padre morto tanti anni prima. «Samia (nome di fantasia, ndr), la vedi la foto di quest’uomo? — le dissero un giorno — Forse tu non lo ricordi perché se n’è andato dal Marocco quando eri piccola: viveva nella stessa nostra strada, ora è in Italia, ha un lavoro, ti vuole sposare, sta arrivando...». L’uomo della foto si materializzò davanti a Samia e ai suoi 24 anni pieni di sogni tre giorni dopo. Si sposarono in fretta, perché lui doveva tornare al suo lavoro di operaio in Italia. E così, quasi senza rendersene conto, Samia si ritrovò in una casetta nell’Alto Vicentino, a Santorso, 5 mila anime all’ombra del monte Summano. Lei e lui. Con l’aggiunta, determinante, della suocera e della cognata, che sin dal primo giorno alzarono un muro di spine, accusando la giovane sposa di «non rispettare le tradizioni», di eccessiva indipendenza. Una scostumata, ai loro occhi: che pretendeva di frequentare corsi d’italiano, di andarsi a scegliere qualche vestito colorato in paese e, perfino, di fare la spesa da sola. Samia capì subito che aria tirava, tuttavia giurò a se stessa che ci avrebbe provato. Scrisse nel suo diario (in arabo), era il 2009: «Ho deciso di venire qui per non dare un dispiacere alla mamma e alle sorelle. Imparerò a voler bene a quest’uomo: cercherò di essere una brava moglie, spero solo che quelle due (suocera e cognata, ndr.) mi lascino in pace...».
Un anno dopo, come ha scritto il Corriere Veneto, Samia è scappata da quella casa, alle prime luci dell’alba, sgusciando da una finestra al primo piano. Aveva la faccia tumefatta e sanguinante, lividi dappertutto. Ma il peggio era dentro, dopo una notte in cui era stata costretta dal marito ad avere rapporti sessuali, poi picchiata, quindi rinchiusa e tenuta segregata in una stanza per quasi due giorni. L’ultima pagina del suo diario, scritta prima di quella notte orribile e probabilmente causa scatenante della rabbia dell’uomo, racconta la resa di Samia: «Ho fatto di tutto per cercare di essere brava, ma è stato inutile: me ne vado, da questa casa e da quest’uomo...». Ai carabinieri di Piovene Rocchette, quella mattina, bastò uno sguardo per capire. La giovane è stata subito allontanata dal marito, affidata a un’ associazione e inserita in una famiglia italiana. Nella casa di Santorso è rimasto invece l’uomo, con suocera e cognata: è indagato per sequestro di persona, violenza sessuale e lesioni, con l’assoluto divieto di incontrare la donna.
In pochi, in questo paesino che compare nei libri di storia per aver ospitato nel 1475 la prima stamperia italiana, sanno di Samia e del suo dramma. Era al suo diario che la giovane donna affidava le sue angosce: «Sono sempre sola, vivo nella solitudine. Quelle là (suocera e cognata, ndr) mi criticano, mi prendono in giro, dicono che sono brutta e che non sono degna di mio marito...». Un marito che, almeno inizialmente, pare abbia anche cercato di appianare questa guerra domestica tra donne. La coppia è andata a vivere da sola, ma suocera e cognata non si sono date per vinte. Scriveva Samia: «Quelle là non fanno altro che parlare male di me e mi hanno anche fatto dei riti magici, strani, dicendo che il mio carattere andava cambiato, sono spaventata...». In effetti, stando alla denuncia, pare che suocera e cognata abbiano anche cercato di convincere l’uomo che quella moglie «era malata in testa e andava in qualche modo curata». Figurarsi quando Samia ha chiesto di poter frequentare alcune lezioni di italiano. Neanche a parlarne. E allora non le è rimasto che piazzarsi per ore davanti alla tv, prendendo appunti di nascosto, ripetendo mentalmente frasi e parole, spot dopo spot. «Ha imparato in fretta — spiega il suo avvocato, Anna Silvia Zanini —, ora parla un ottimo italiano. Ha una personalità spiccata.
Essendo cresciuta, dopo la morte del padre, in una famiglia di sole donne, non poteva accettare un rapporto totalmente passivo nei confronti del marito, a sua volta pressato da madre e sorella». Anche il legale dell’uomo, Giannicola Fango, riconosce che il suo cliente "è forse stato succube di un contesto familiare troppo legato alle tradizioni e alla cultura d’origine", ma, anche in vista dell’incidente probatorio fissato per il 13 ottobre, ridimensiona l’immagine di "marito-padrone": «Mi pare che all’origine di tutto vi sia una ribellione verso il gruppo familiare e che dalla stessa querela si evinca che la giovane amava il suo uomo...». Il diario di Samia è in mano agli interpreti, che stanno completando la traduzione dall’arabo. Pare che finisca con una parola: «Libera!».
Francesco Alberti