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 2010  settembre 30 Giovedì calendario

FINI LANCIA IL PARTITO: DOVRANNO TRATTARE SU TUTTO —

Basta guardarli in faccia per capire: sorridono tutti, o quasi, i deputati di Futuro e libertà. A un passo dal baratro fino a pochi giorni fa, adesso si godono la vittoria: «Senza di noi, semplicemente non hanno la maggioranza», dice Carmelo Briguglio, mentre Italo Bocchino usa il sarcasmo: «Avevano alzato l’asticella a 316 voti, peccato però che ci sono dovuti passare sotto per superarla...». E se c’è chi, come Fabio Granata, non è riuscito a tenersi e, assieme a Mirko Tremaglia, è arrivato a votare no alla fiducia (beccandosi una strigliata da Fini), anche un esponente dell’ala più moderata del partito come Roberto Menia tira fuori l’orgoglio: «Credevano che ci saremmo spaccati? Non hanno capito niente: uno non rompe rapporti pluridecennali a cuor leggero per poi tornare indietro. Sappiano che non tutto si può comprare. Anzi, è probabile che altri deputati e senatori si aggiungeranno a noi».
Se l’atmosfera è questa, si capisce come Gianfranco Fini, subito dopo l’intervento di Berlusconi, abbia potuto annunciare ai suoi riuniti nella sede di Fare-Futuro che sta per nascere un «nuovo soggetto politico», e che le tappe sono ormai ravvicinatissime: martedì infatti sarà battezzato il «comitato promotore» del nuovo partito che «non avrà figli e figliastri» ma «coinvolgerà tutti» (si parla di ruoli di coordinamento per Urso, Menia, Briguglio, Moffa), il 6 novembre la Convention di Generazione Italia sarà il luogo per mostrare i muscoli, ed entro gennaio (a meno di ulteriori accelerazioni, nel caso di caduta del governo) decollerà il partito vero e proprio.
È questa la grande novità scaturita da una giornata che il leader di Fli ha vissuto come un riscatto, un raggio di sole dopo un’estate buia e tempestosa. «Volevano emarginarci — ha detto ai suoi, sia a chi chiedeva cautela sia a chi pretendeva la sfiducia —, invece siamo determinanti. Votare la fiducia dopo quel discorso è inevitabile, ma ogni martedì ci riuniremo per esaminare i provvedimenti e valutare il da farsi», dalla giustizia in giù. Con realismo: «Quando Berlusconi ha detto che ama il confronto mi è venuto da ridere...». E senza illudersi che, da ieri, il quadro politico sia cambiato, perché Fini è convinto che l’offensiva contro di lui e contro i suoi non si fermerà, che la legislatura è fortemente a rischio e che in ogni caso «io non potrò più presentarmi alle elezioni alleato con Berlusconi».
Per questo c’è stata l’accelerazione sul partito, e l’annuncio proprio nel giorno della fiducia, assieme alla presentazione di una mozione comune con l’Mpa che sancisce la nascita di un nuovo asse. Certo, qualche resistenza nel gruppo ancora c’è: «Calma, sta nascendo solo un coordinamento... Il governo è solido», dicono Ronchi e Consolo, mentre Viespoli si dimette da sottosegretario per guidare il gruppo più «moderato» dei senatori. Ma sembra che la compattezza finirà per prevalere: «Quello del partito è un percorso naturale e scontato — dice Menia —. Nei tempi che ci vorranno, dal basso, ma la strada è segnata». Tanto che si materializza in un momento la richiesta di dimissioni di Fini da presidente della Camera per bocca di Osvaldo Napoli: «Non può più esimersi dal farlo». Richiesta prontamente stoppata dal portavoce di Fini, Fabrizio Alfano: «Le dimissioni sono da escludere. Martedì prende il via un processo politico che avrà i suoi tempi, bisognerà vedere chi sarà eletto presidente. Non è detto che sia Fini».
Ma è chiaro che il tema si pone, e non se lo nascondono i finiani: «Quando sarà il momento, Fini lascerà», dicono tutti, e il momento dipenderà da quale sarà il destino della legislatura, perché le mani libere servono a preparare la lotta per la campagna elettorale. Che in fondo sembra già iniziata: «Da domani — avverte Bocchino con sorriso minaccioso — esamineremo le leggi per bene, rispettando tutti i passaggi, tutti i tempi, senza fretta... Dovranno trattare con noi su tutto». E se Berlusconi si arrabbia e fa saltare il banco? Non ha problemi ad evocare il terzo polo Bocchino: «Ma lo sapete che noi, l’Udc e l’Mpa assieme al Senato in Sicilia prenderemmo il premio di maggioranza? Non devo spiegarlo io al Pdl che senza quei senatori non si vincono le elezioni...».
Paola Di Caro