Maurizio Matteuzzi, il manifesto 28/9/2010, 28 settembre 2010
NON È LA STORIA DELLA VOLPE E L’UVA
E quindici. Dal ’98, il «caudillo», l’«autocrate», il «narcisista-leninista», il «dittatore» Hugo Chávez ha indetto 15 tornate elettorali a vario titolo e ne ha vinte, con le legislative di domenica scorsa, 14. Vinte bene, con buona pace dell’anti-chavismo militante, interno e internazionale. Vinte anche quando, come domenica, non ha raggiunto l’obiettivo: quello dei 110 seggi su 165 che avrebbe dato al chavismo la maggioranza dei due terzi per governare in solitario, costringendola alla dialettica parlamentare. Meglio così. E non è la vecchia storia della volpe e l’uva di Esopo.
Dopo 12 anni di governo, un governo tumultuoso, non è da poco. Fra le masse povere che ha contribuito a strappare dalla povertà più abietta e incredibile nel «Venezuela saudita»; di cui ha ridotto il livello scandaloso di diseguaglianza sociale; a cui ha ridato la «dignità» di cittadinanza, Chávez «tiene» ancora e (almeno) metà del paese è con lui.
Non solo. Chávez, pur se a molti non piace (anche a sinistra, specie in Europa dove la sinistra va a gonfie vele), è diventato un fattore ineludibile nel faticoso processo di integrazione dell’America latina e di rottura-ricomposizione su scala multipolare degli equilibri (e commerci) mondiali. Un fattore «geo-strategico», non solo per Cuba, che contribuisce a tenere in piedi con il suo petrolio, ma anche per la Cina, con cui ha firmato - non per simpatia - accordi economici per 20 miliardi di dollari.
Dato a Chávez quel che di Chávez, va riconosciuto che l’opposizione ha avuto un eccellente risultato - non una vittoria. Dismessi i panni più nitidamente golpisti degli anni passati; rinunciato all’idea (anche quella golpista) di boicottare gli appuntamenti elettorali, come le legislative del 2005, nel tentativo suicida di «deligittimare» Chávez e provocarne il rovesciamento violento (come nel 2002, golpe di aprile e serrata padronal-sindacale di dicembre); trovato un minimo di accordo elettorale, potrà agire (se regge...) come opposizione costituzionale, politica, sociale e parlamentare. Auspicabilmente democratica. Il problema per l’opposizione è che, a parte l’anti-chavismo militante, non ha idee, programmi, candidati da contrapporre al carisma di Chávez in vista delle presidenziali del 2012.
Quelle di domeniche sono state le classiche elezioni in cui tutti possono dire - legittimamente - di avere vinto. Il fatto è che Chávez, al di là degli errori e del folclore (e anche degli alti indici di violenza e inflazione), cammina sulla strada maestra dell’America latina di inizio secolo XXI: ripresa del ruolo dello stato, riduzione di esclusione e diseguaglianze, integrazione continentale. Per questo va e continua ad andare.