Vittoria Da Rold, Il Sole 24 Ore 30/9/2010, 30 settembre 2010
LO SCOMODO WILDERS NEL PALAZZO
Davanti alla facciata in cristallo dello Stadhuis, il municipio di Almere, e a quella della magnifica biblioteca comunale di quattro piani in vetro e cemento ci sono bancarelle che vendono formaggi olandesi e tagli di prosciutto. In un’altra, gli acquirenti occasionali rovistano in un mucchio di veli islamici e camicioni lunghi fino alle caviglie. Ma dopo l’exploit del partito xenofobo, che qui ha un voto su quattro, la bancarella islamica rischia di non fare affari d’oro ancora per molto.
È partito da questa cittadina nell’hinterland di Amsterdam l’ondata di populismo di destra di Geert Wilders che ha appena espugnato l’Aja. Dopo 111 giorni di trattative l’Olanda ha raggiunto l’accordo su un governo di minoranza formato da liberali e democristiani, appoggiato dall’esterno dal partito anti-islamico e populista di Wilders. Un sostegno per cui il cancelliere tedesco Angela Merkel ieri ha manifestato il suo «dispiacere». È la prima volta dal ’39 che viene varato in Olanda un governo di minoranza di destra.
Il movimento populista che sta sconvolgendo i Paesi Bassi (e l’Europa del nord) si è manifestato a marzo in modo clamoroso ad Almere, la roccaforte di Wilders, dove ha ottenuto il 21,6% alle comunali. Da qui ha preso fuoco la miccia che ha fatto esplodere gli equilibri politici olandesi. E da qui partiamo per capire il successo del Pvv, il Partito della libertà.
Il partito vuole mettere al bando l’uso del velo negli edifici pubblici come appunto lo Stadhuis, dove oggi ci sono impiegate con il foulard islamico, e vietare la costruzione di nuove moschee. Esagerazioni? Forse, ma sei mesi fa quasi un quarto degli elettori di Almere ha appoggiato Wilders e a giugno tutta l’Olanda ha replicato, al punto che ora il biondo islamofobo, detto Mozart per la foggia dei suoi capelli, ha in mano le chiavi del governo a cui ha chiesto misure anti-islamiche. La situazione è calda all’Aja. Wilders vuole introdurre qualche divieto sul burqa ma ci sono forti resistenze anche per timori di attacchi jihadisti e possibili ritorsioni economiche dei paesi musulmani, ipotesi di cui si è fatto portavoce maldestro l’ambasciatore indonesiano a L’Aja.
A mezz’ora di treno da Amsterdam, Almere è straordinariamente moderna: si trova su una distesa del polder di Flevoland, un tratto di terra chiuso da dighe confinanti con le acque del Markermeer. La cittadina non ha identità precostituite da difendere poiché è nuova di zecca in una terra rubata al mare. Costruita dal nulla nel 1976, oggi ha 180mila abitanti, un terzo immigrati di 130 nazionalità, ma Anna, la responsabile del consiglio comunale composto da una coalizione di liberali, socialdemocratici e democristiani (con l’esclusione di Wilders che pur aveva il maggior numero di seggi, 9 su 39), ci spiega che «sono previste altre 60mila case entro il 2030». Poi si scusa: deve andare. Oggi è lunedì e ci sono i matrimoni civili gratis, senza spese amministrative, iniziativa riservata a chi non ha troppi soldi.
La locale Camera di commercio decanta i vantaggi di Almere (banda larga in tutte le case e uffici entro fine anno, 25 minuti dall’aeroporto di Schiphol, due distretti di biotecnologia e tecnologia medicale, 1.100 imprese olandesi, 100 straniere). «È l’Olanda del futuro, non un posto di fame e miseria». Almere in realtà è piena di gente di classe media che si è trasferita lì da Amsterdam, persone con salari normali e con posti di lavoro non particolarmente ben pagati. Amsterdam per loro era troppo pericolosa e la criminalità era diventata eccessiva. Ma, ora, le cose sono diventate (o sono percepite) esattamente come erano ad Amsterdam. «Ancora una volta, siamo circondati da giovani immigrati marocchini – sussurra Susanna, 28 anni - che sono i responsabili della maggioranza dei reati minori, non si integrano e vanno a vivere tutti nella stessa strada, creando un ghetto dove gli altri hanno paura di entrare».
I suoi abitanti vivono sullo sfondo rassicurante del verde ma proprio per paura di tornare nell’"inferno" da cui sono fuggiti, fondando 35 anni fa, come neocoloni, una nuova Amsterdam, hanno votato Wilders. Ruud è un caso limite di questa maggioranza silenziosa. Insegnante di materie tecniche, proviene dal Suriname, l’ex Guyana olandese, per questo ha doppio passaporto. È di origine indiana ed è induista. A bassa voce nella brasserie di Almere confessa guardandosi in giro circospetto che ha votato Wilders «perché è anti-islamico. I musulmani sono violenti e creano problemi a tutti gli altri gruppi di immigrati. Non credono nella separazione tra stato e religione. Wilders non fa problemi sul colore della pelle», dice toccandosi la sua, ambrata. Jopp Gersdorf, pensionato, ricorda che Wilders ad Almere ha fatto un discorso che lo ha colpito. Il sindaco uscente aveva detto: «Secondo le statistiche siamo la città più sicura in Olanda». E Wilders: «Ecco un altro sindaco che ignora le vostre paure».
«Perché avete vinto?», chiediamo a Jan, simpatizzante del Pvv di Almere. Perché abbiamo «chiesto il bando dei cibi islamici dalle mense scolastiche e dagli ospedali pubblici». Basta con il politically correct. «Wilders ha minacciato di andare a Ground Zero e chiedere la messa al bando del Corano. È quello che vuole la gente anche se non osa dirlo». Ma non è un’ossessione la vostra? Mi pare che qui la gente stia bene ed è traquilla. «In Olanda il 5,6% della popolazione è musulmana: in maggioranza turchi o marocchini. Nel paese ci sono 475 moschee. A crescita demografica stabile, nel 2050 i musulmani saranno 2 milioni, l’11% della popolazione. L’Olanda è il paese europeo con la più grande comunità musulmana dopo la Francia, dove ci sono 5 milioni di fedeli all’Islam. Vogliamo restare olandesi – spiega Jan – non diventare l’emirato d’Olanda».