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 2010  settembre 30 Giovedì calendario

Il paesaggio italiano rischia di perdere uno dei suoi protagonisti: il pino marittimo (Pinus pinaster), che adorna molti dei nostri litorali, è minacciato da un insetto, la «cocciniglia della corteccia» (Matsucoccus feytaudi), che colonizza la corteccia del tronco, dei rami e delle grosse radici affioranti dal terreno, ne succhia la linfa, emette tossine e nel giro di qualche anno fa morire la pianta

Il paesaggio italiano rischia di perdere uno dei suoi protagonisti: il pino marittimo (Pinus pinaster), che adorna molti dei nostri litorali, è minacciato da un insetto, la «cocciniglia della corteccia» (Matsucoccus feytaudi), che colonizza la corteccia del tronco, dei rami e delle grosse radici affioranti dal terreno, ne succhia la linfa, emette tossine e nel giro di qualche anno fa morire la pianta. Interi boschi presentano molti esemplari con ingiallimenti e arrossamenti anomali (la cima ad esempio sembra bruciata), che perdono resina e hanno gli aghi che cadono: «Se compaiono questi fenomeni, vuol dire che l’albero sta morendo – dice Nazzareno Belleggia, responsabile della cooperativa toscana Terra uomini ambiente, che si occupa tra l’altro di lotta fitosanitaria –. L’unica soluzione è abbattere le piante e creare fasce di isolamento del parassita, e sostituire la specie con essenze diverse». Altrimenti addio pinete, dunque, che per quanto sorte in gran parte intorno agli Anni Cinquanta e non del tutto «naturali» nel nostro paesaggio (risalgono cioè solo al dopoguerra, quando con le riforestazioni si volevano consolidare i litorali) fanno ormai parte della nostra memoria affettiva e di un paesaggio a cui eravamo legati. Ora la lotta alla cocciniglia è obbligatoria (c’è stato un decreto del governo) e l’obiettivo è distruggere i primi focolai di infestazione. Il Comune di Pisa ha già eseguito grandi e lodevoli interventi. La cocciniglia, scoperta nel 1935 nelle Landes della Francia fra la Gironda e l’Adour, è comparsa negli Anni Cinquanta nei boschi del massiccio dei Monti Mori per poi propagarsi nei popolamenti di Pino marittimo delle Alpi Marittime e in territorio italiano, in quelli della riviera ligure occidentale e, quindi, fino alla costa del basso Livornese. Attualmente la cocciniglia del Pino marittimo è endemica in gran parte della Francia, nel Nord del Portogallo e in Marocco, e anche in Provenza e in Liguria. E’ un frutto della globalizzazione, spiega Belleggia: «I parassiti viaggiano con le merci e con gli imballaggi e c’è poco da fare, se non abbattere e creare un cordone sanitario». Ai boschi liguri e al paesaggio è particolarmente affezionato Maurizio Maggiani, che non si fa troppe illusioni: «Ci sono moltissimi alberi morti, e il leccio funeralizza quello che rimane, l’erica riprende possesso del territorio. Sono comunque specie non proprio autoctone del territorio italiano, come la robinia e gli eucalipti: questi ultimi erano stati importati per combattere la malaria». Come il platano, che a causa del cancro rosso ha visto distrutte molte splendide alberate storiche, così il pino marittimo batte in ritirata. E’ parente (ma da non confondere) con il simile e imponente pino domestico (Pinus pinea, dalla bella forma a ombrello), che ha i suoi «templi» in Italia nella «divina foresta spessa e viva» descritta da Dante vicino a Ravenna e nelle splendide e famose pinete di Migliarino e San Rossore in Toscana. I cambiamenti climatici e le infestazioni, d’altra parte, non risparmiano nessuna specie: i castagneti sono stati decimati da decenni, in montagna, e al posto delle faggete, negli anni scorsi è stata molte volte piantata la douglasia, il cui sottobosco è però sterile e genera numerosi problemi; così l’eucalipto, altra specie a crescita rapida ma facile a prendere fuoco, ha invaso a sproposito molte aree. «Fino a due o tre secoli fa – dice Belleggia – la nostre montagne erano coperte di splendidi castagneti e faggete; poi con la pastorizia e il disboscamento le faggete sono regredite e il terreno si è spesso impoverito». Risultato: una biodiversità e un paesaggio sempre più miseri e degradati.