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 2010  settembre 30 Giovedì calendario

GOMORRA A MILANO

La procura ha messo sotto sequestro alcuni terreni di Buccinasco, su cui sorge un’area residenziale
Qui sono stati seppelliti rifiuti tossici. A compiere i lavori di movimento terra è stata la ’ndrangheta

La mafia che fa affari sotto la Madonnina punta sempre di più sul traffico illegale di rifiuti pericolosi. Un business milionario che sta trasformando la Lombardia nel principale crocevia dei mercanti di veleni. L’edilizia resta il volano principale. E con l’edilizia arrivano i cantieri, i camion, gli escavatori (articolo di Davide Milosa). Ci sono montagne di terra da trasportare. Centinaia di buchi da riempire. Questo è il vero pozzo di San Patrizio, quello vero, quello "indolore", quello che non crea allarme sociale, ma avvelena i terreni e infiltra le falde con bombe biologiche. Il tutto, ovviamente, nel silenzio della politica che non agisce e anzi collabora con i padrini che al nord continuano a comandare. E intanto le cosche monopolizzano i lavori di urbanizzazione scaricando nei cantieri pubblici e privati sostanze pericolose. Capita così che interi quartieri nascano e crescano su autentiche discariche abusive, create dalle cosche con l’assenso degli imprenditori (articolo di Lorenzo Galeazzi). Loro sono la vera zona grigia che scende a patti con la criminalità organizzata in nome del profitto e a scapito di quei cittadini che hanno acquistato appartamenti avvelenati

Rifiuti tossici e interi palazzi costruiti
su discariche abusive, è Gomorra a Milano
Secondo l’ultimo report di Legambiente sulle Ecomafie la Lombardia è diventato il crocevia per le cosche della ’ndrangheta che fanno affari con i rifiuti tossici
Metodi e strumenti sono quelli di gomorra. Il silenzio, invece, è tutto lombardo. Situazione ideale per la mafia che sotto la Madonnina fa affari. Droga ed edilizia. E con l’ediliza arrivano i cantieri, i camion, gli escavatori. Ci sono montagne di terra da trasportare (dove?). Centinaia di buchi da riempiere (con cosa?). E’ il nuovo business, quello vero, quello “indolore”, quello che non crea allarme sociale, ma avvelena i terreni e infiltra le falde con bombe chimiche. In tutto questo i mezzi della ‘ndrangheta navigano a gonfie vele. Le cosche riciclano denaro e tengono buoni rapporti con la politica. Succede così che i boss trasformino le fondamenta dei palazzi in discariche abusive.

Il fenomeno, dunque, è già un allarme. Insacoltato. Eppure i numeri fanno rumore. E non da oggi. Da almeno nove anni “quando è stato introdotto nel nostro ordinamento il delitto che punisce le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”. Lo annota l’ultimo report di Legambiente sulle Ecomafie. Da allora “si sono svolte in Lombardia quasi l’11% sul totale delle inchieste italiane; mentre un altro 24% dei traffici ha interessato in qualche modo questa regione (perché luogo di transito, stoccaggio temporaneo, sede delle imprese o luogo di residenza dei trafficanti)”. Ecco di cosa stiamo parlando: “Scorie industriali, ma anche appalti per la gestione dei rifiuti solidi urbani”. Identificati anche i protagonisti: “Colletti bianchi” ovvero “coloro i quali favoriscono per ragioni economiche le attività illecite e soprattutto imprenditori senza scrupoli che agiscono direttamente a danno dell’ambiente o si rivolgono a improbabili intermediari per aumentare i profitti, lucrando sui costi di smaltimento”.

Il traffico illecito di rifiuti tossici, dunque, è sempre più in cima ai pensieri dei padrini che oggi comandano al nord. Il sistema è oliato e funziona alla perfezione. Ecco, allora, come lo descrive il gip di Milano Giuseppe Gennari nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere Ivano Perego, patron dell’omonima impresa a tutti gli effetti infiltrata dalla ‘ndrangheta. Si tratta di un’indagine corollario al maxiblitz del 13 luglio scorso. Ecco cosa scrive il giudice: “La soluzione che viene escogitata per rendere (più) fruttuoso il lavoro è quella di violare tutte le norme relative al recupero e allo smaltimento dei rifiuti”. Dopodiché “i materiali di demolizione, invece di essere selezionati e smaltiti secondo quanto previsto, vengono triturati alla rinfusa e abbandonati in luoghi abusivi”. Insomma “reati ambientali e controllo del movimento terra vanno sempre di pari passo”. Tanto per capirci alla sola Perego viene contestata “l’illecita gestione di ben 2.025.336 chili di rifiuti”.

Numeri impressionanti che si fanno cronaca quotidiana ascoltando le testimonianze dei vari camionisti che hanno lavorato per la Perego. Ecco il racconto di uno di loro: “Io ho sentito più volte dire agli autotrasportatori che dovevano indicare sui singoli rapportini codici diversi da quelli che in realtà avrebbero dovuto identificare i singoli rifiuti. Per cui poteva capitare che veniva indicato terra e invece si trattava di materiale di natura diversa. Ricordo in particolare la presenza di diverso materiale pericoloso, come bentonite, che veniva caricata sui camion e poi da me ricoperta con terra di scavo normale al fine di occultarne la qualità. Io personalmente mi occupavo di redigere anche i formulari, dove inserivo soltanto però il nome e cognome dell’autista e non mettevo nessun’altra indicazione in relazione al materiale trasportato e alla destinazione; queste indicazioni venivano inserite successivamente dall’autista stesso su indicazione di non so chi”.

Capita così che, ad esempio, questi rifiuti tossici finiscano dritti dritti nei lavori di ristrutturazioni dell’ospedale Sant’Anna di Como o ancora nell’asfalto delle autostrade. Capita che un intero quartiere residenziale venga costruito su una vera discarica abusiva come nel caso di Buccinasco. Qui, da ieri, buona parte dell’area di via Guido Rossa è sotto sequestro. Dentro, i tecnici dell’Arpa hanno trovato “derivati da demolizioni civili mescolati illecitamente a terra di scavo di ignota provenienza” con un “potenziale e attuale inquinamento delle matrici ambientali”. Tradotto: la falda acquifera che alimenta i rubinetti dei residenti. Un brutto pasticcio che, nota il pm di Milano Giovanna Pirrotta, “risale al 2005″. Esattamente il periodo in cui i camion della cosca Barbaro-Papalia iniziano a lavorare. In subappalto, ovviamente, e sotto l’ombrello “legale” dell’imprenditore lombardo Maurizio Luraghi, condannati a 4 anni per associazione mafiosa solo poche settimane fa.

Il corollario di episodi che traducono in fatti l’allarme è vastissimo. C’è l’hinterland, ma anche la città di Milano con il caso Santa Giulia, area a nord della città, che nella testa del suo proprietario, Luigi Zunino, doveva rappresentare un progetto avvenieristico e che invece si è rivelata una “bomba biologica” stando all’ordinanza dei giudici milanesi che hanno disposto l’arresto del re delle bonifiche Giuseppe Grossi. Bene, anche qui resta fondata l’ombra della ‘ndrangheta. Tra gli indagati dell’inchiesta c’è infatti Vincenzo Bianchi legale rappresentante della Lucchini e Artoni, azienda leader nel campo dell’ediliza. Nel luglio 2009, la Prefettura emise un’interdittiva antimafia nei confronti dell’azienda che in quel periodo stava lavorando nei cantieri di Porta Nuova. All’epoca 17 su 22 imprese che lavoravano in subappalto avevano origini crotonesi e pesanti sospetti di legami con la ‘ndrangheta. Poche settimande dopo, però, la Lucchini Artoni riottenne la revoca dell’interdittiva perché dimostrò di aver tagliato ogni rapporto con quelle imprese sospette.

Ma la connection tra mafia e rifiuti alimenta anche buona parte delle cave del Milanese. C’è ad esempio quella di Bollate, regno del boss latitante Vincenzo Mandalari. Qui la ‘ndrangheta avrebbe trattato rifiuti tossici, come l’amianto, occultandoli dentro profonde buche. Non solo. Il luogo è ritenuto anche punto di incontro tra i boss. Qui è stato visto il narcotrafficante Pasquale Cicala assieme a Rocco Ascone, ras del movimento terra e luogotenenete di Mandalari.

E la politica? Quando non agisce, collabora con i padrini. Emblematica la vicenda di una cava della città brianzola di Desio. Qui a reggere le fila del traffico di rifiuti fino all’estate 2008 è Fortunato Stellitano, uomo vicino alla cosca Iamonte-Moscato di Melito Porto Salvo. E’ lui che dopo essersi ritrovata la cava sottosequestra, racconta a un compare che per avere il dissequestro “vado a trovare Massimo, non preoccuparti, mi faccio fare lo svincolo da Massimo che è l’assessore all’ambiente ed è a posto, ok?”. All’epoca Massimo Ponzoni, delfino del governatore Roberto Fomigoni, è assessore regionale all’Ambiente e come tale si occupa delle bonifiche.

Davide Milosa
29 settembre 2010

Ndrangheta e veleni a Milano, sotto sequestro il quartiere costruito dalle cosche
Si tratta di un complesso residenziale a Buccinasco. In diverse aree sono stati trovati rifiuti tossici. Scavi e urbanizzazioni furono fatti dal clan Barbaro-Papalia

A Milano scoppia l’allarme rifiuti tossici. Quella che fino a ieri era un’ipotesi investigativa, è diventata certezza. Il quartiere di via Guido Rossa di Buccinasco, paese a sud-ovest della città, è contaminato da rifiuti pericolosi per la salute umana. Dopo le indagini della procura di Milano, ieri è arrivata la conferma della Polizia provinciale che ha messo “sotto sequestro preventivo” le aree verdi limitrofe al complesso residenziale. I lavori sono iniziati nel 2005. E molti costruttori, secondo i giudici, hanno fatto affari con la ‘ndrangheta.

Nel verbale di sequestro si legge che la gestione illecita di rifiuti speciali ha determinato la realizzazione di una discarica abusiva, cresciuta “con ripetute operazioni di riempimento” che hanno innalzato il “piano campagna”, cioè il livello del terreno, da 3 a 5 metri. Ma cosa si nasconde nel sottosuolo dei palazzi di via Guido Rossa? Secondo gli ultimi rilievi “residui di demolizioni civili e industriali, rifiuti industriali, mescolati da terra da scavo di ignota provenienza”. Materiale pericoloso per la salute umana che probabilmente ha già intaccato la falda acquifera. Ma non solo. Durante la requisitoria del processo Cerberus alle cosche di Buccinasco, il pm Alessandra Dolci riferisce che nel terreno è stato trovato di tutto: tracce di idrocarburi, eternit, terra mista a gasolio, cinghie di trasmissione, rifiuti, blocchi di cemento. E dice anche che chi ha messo il veleno sotto il terreno di quei palazzi sono gli uomini della cosca Barbaro-Papalia. Le ‘ndrine della zona Sudovest del capoluogo lombardo che con l’edilizia hanno costruito parte delle loro fortune.

Come ha riferito ai magistrati Luigi Fregoni, capo dell’ufficio tecnico del comune dal 2002 fino al 2007, “nella zona di Buccinasco, Assago e Corsico l’attività di movimento terra é monopolio di alcune famiglie calabresi quali i Barbaro, i Papalia, i Sergi e i Trimboli”. Tutte famiglie originarie di Platì, in provincia di Reggio Calabria. E il più importante intervento immobiliare di Buccinasco, un intero quartiere composto da 500 appartamenti distribuiti su 160 mila metri cubi, non poteva certo non fare gola alle cosche.

Il terreno su cui sorgono i palazzi di via Guido Rossa, viene acquistato e poi diviso in vari lotti dal gruppo immobiliare Finman di Mario Pecchia (non coinvolto nell’inchiesta Cerberus), che poi affida l’edificazione delle palazzine ad altre 11 società. I subappalti per lo sbancamento e il riempimento dei vari lotti, il cosiddetto movimento terra, vengono affidati alla Lavori Stradali di Maurizio Luraghi, l’imprenditore che, assieme ai Barbaro-Papalia, è stato condannato a quattro anni e otto mesi per associazione mafiosa.
Secondo il Tribunale di Milano, Luraghi è l’uomo di “facciata”, il volto pulito delle cosche, colui che si aggiudica le commesse per poi girarle alle imprese delle famiglie calabresi.

Ed è così che va anche a Buccinasco Più. Secondo quanto appurato dalla magistratura Luraghi vince l’appalto per la movimentazione del terreno delle aree su cui sorgeranno i palazzi. Una volta ottenuto l’incarico lo subappalta alla Edil Company di Salvatore Barbaro.

Come riferisce il pm Dolci, tutti sanno che a lavorare all’interno di quei cantieri sono le imprese legate alla ‘ndrangheta. Aziende che utilizzano camion pieni di terra contaminata proveniente chissà da dove per effettuare i riempimenti dei vari lotti del megacantiere. La notizia è nota almeno dal 2005, quando una segnalazione su alcuni scarichi illeciti di rifiuti provoca l’intervento della Polizia forestale che multa Salvatore Barbaro e lo obbliga al ripristino dell’area dei cantieri. Nonostante i pesanti dubbi sulla qualità dei materiali che continuano a venire utilizzati per le costruzioni, le aziende chiedono a Provincia e Arpa l’autorizzazione per istallare una macchina frantumatrice di macerie. Oltre al danno, la beffa. Le autorità danno il via libera all’istallazione del macchinario e lo scempio continua per giunta alla luce del sole.

A fine 2008 i lavori vengono terminati e il Comune comincia il collaudo di quelle aree che le imprese costruttrici si sono impegnate a restituire alla città per la creazione di aree verdi e servizi ai cittadini. L’amministrazione decreta che la composizione del terreno non è conforme agli standard e ordina alle imprese la messa in sicurezza della zona. Alla cittadinanza comunica però che le sostanze trovate non sono pericolose per la salute “perché non respirabili”.

Ma tutto quello che le aziende edili fanno è sbancare un po’ di terreno in superficie. Nel gennaio 2009 vengono ordinati dei carotaggi per capire meglio quali veleni si nascondano sotto la terra. Nel 2010 l’amministrazione inoltra la comunicazione del mancato rispetto dell’ordinanza di ripristino alla Procura. Dopo le indagini, la Polizia interviene e mette sotto sequestro tutte le parti di via Guido Rossa che dovevano essere restituite alla città. Come si legge nel verbale di sequestro “l’area non risulta conforme all’uso residenziale/verde pubblico”. Dall’indagine emerge che il terreno è stato avvelenato con la posa, fino a 5 metri di spessore, di materiali pericolosi: “grossi plinti di cemento, scorie vetrificate di forno, residui secchi di coloranti industriali”. Si rende necessaria la bonifica perché quello trovato è tutto materiale tossico e altamente nocivo per la salute.

Per il momento il sequestro riguarda solo le zone destinate al pubblico utilizzo e non include quelle in cui sorgono i palazzoni. Ma il pm che ha coordinato le indagini, Paola Pirotta, non esclude che l’ordine possa estendersi anche altre aree. Quelle in cui sorgono gli edifici dove abitano gli ignari condomini. Tutta questa storia è infatti avvenuta senza che le persone che sono andate a vivere in quelle case sapessero nulla sui rischi per la loro salute. Come ha scritto la dottoressa Alessandra Dolci nella sua requisitoria “il problema alla fine resta quello dei poveretti che hanno comprato casa a Buccinasco Più”.


di Lorenzo Galeazzi
28 settembre 2010
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