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 2010  settembre 28 Martedì calendario

LA FAMIGLIA UNISCE, LA VITA DIVIDE. DAI KENNEDY AI MILIBAND, ECCO COSA SUCCEDE QUANDO LA COMPETIZIONE DIVENTA FRATRICIDA

Quando l´altro giorno il segretario generale del partito laburista ha letto i risultati delle primarie per la leadership e subito dopo ha fatto le congratulazioni a Ed Miliband, tutti nello staff di quest´ultimo sono esplosi in un urlo di gioia, tranne uno: il vincitore. Tetro in volto, come se solo in quel momento si rendesse conto delle conseguenze, il nuovo leader del Labour, l´erede di Tony Blair e Gordon Brown, si è piegato verso Sadiq Khan, manager della sua campagna elettorale, e ha mormorato: «Mio Dio, che cosa ho fatto a David?», alludendo a David Miliband, suo fratello maggiore e suo rivale per lo scettro laburista, che aveva appena battuto, con uno scarto di appena l´1,3 per cento dei voti e una rimonta apparsa impossibile fino a poche settimane prima. Khan gli ha dato uno strattone: «Hai vinto tu, Ed. Hai vinto. Adesso devi festeggiare». Ma il più giovane dei due fratelli Miliband, tra gli applausi e i flash del congresso di Manchester, non ne aveva voglia.
Se tre anni fa le dimissioni imposte da Brown a Blair per prenderne il posto, sono state descritte come un regicidio degno di Shakespeare, la vittoria di Ed su David Miliband nelle primarie per diventare leader del Labour, capo dell´opposizione e dunque potenzialmente futuro primo ministro, sembra a molti commentatori britannici un fratricidio. Forse, per un attimo, deve essere sembrata tale anche all´autore del sorprendente risultato. In maggio, all´avvio della campagna elettorale in casa laburista, David veniva dato come l´unanime favorito: dai sondaggi, dai bookmaker, dai pezzi grossi del partito, dai media. Da ben tre anni, del resto, era indicato come l´erede di Brown e più volte è stato incoraggiato a sfidarlo, spingerlo a dimettersi, per rimpiazzarlo prima delle elezioni vinte la primavera scorsa dai conservatori di Cameron. David era considerato l´erede designato già quando a Downing street sedeva Blair. E anche da prima, in un certo senso: non per nulla, a scuola, i compagni lo soprannominavano "Pi-em", ovvero P. M., primo ministro.
E poi, David è il primogenito, ha 4 anni e mezzo più di Ed e per quanto i due fratelli abbiano seguito un percorso simile, anzi a tratti identico - le superiori entrambi ad Haverstock, scuola statale ma prestigiosa, l´università entrambi a Oxford, quindi un master per uno (il leggendario Mit, in America, per David: la London School of Economics per Ed) - era David il predestinato, l´eterno primo della classe, l´intelligentone: l´altro suo soprannome, quando ancora imberbe entrò in politica, era "Brains", Cervellone. La sconfitta, inaspettata, di un soffio e per di più ad opera del fratello minore, è una botta tremenda. «Da una vita si aspettava di diventare primo ministro», racconta un amico e collega di partito. «Ora è distrutto. Non lo lascia trasparire, scherza, esprime pieno appoggio a Ed, ma è distrutto». Chi ha lasciato trasparire la delusione, perché meno allenata a nasconderla, è Louise, la moglie di David, violinista della London Simphony Orchestra: mentre il segretario generale del Labour si congratulava con Ed, lei si è lasciata scappar detto «traditore». Perciò non si sa se David entrerà nel governo ombra di Ed. Non è nemmeno certo che resterà nella politica britannica. Un anno fa era candidato al posto di ministro degli Esteri dell´Unione Europea: pareva fatta, rifiutò perché aveva altre ambizioni. Ora pagherebbe per andarsene da Londra a occupare una poltrona del genere.
Non doveva andare così. I piani erano altri. David sarebbe diventato primo ministro, Ed gli avrebbe dato una mano, come Robert Kennedy con il presidente John, in altri tempi. Anche Ed aveva un soprannome, da ragazzo: "Mr. Nice Guy", Mister Bravo Ragazzo. E un "bravo ragazzo" non fa certe cose, non si comporta così, non cerca di portare via al fratello maggiore il trofeo che il fratello ha sognato fin da piccolo e al quale si era puntigliosamente preparato. Non erano solo fratelli, Ed e David: erano amici, amici per la pelle. Vivevano nello stesso quartiere, Primrose Hill, nella Londra nord, dove abitano lo scrittore Martin Amis, attori, cantanti, intellettuali di sinistra. Passavano insieme le sere, i week-end, le vacanze. Hanno fatto un percorso simile anche in politica: un think tank dopo la laurea (si usa così, ora, in Gran Bretagna: nessun aspirante al potere fa più la gavetta a livello locale), quindi uno (David) nello staff di Blair, l´altro (Ed) in quello di Brown, poi tutti e due deputati, poi ministri, David agli Esteri, Ed all´Energia. Con David sempre un passo avanti, Ed uno indietro. Era scontato che David si sarebbe candidato alla leadership del Labour, dopo la sconfitta di Gordon Brown. Meno scontato che sarebbe entrato in lizza anche Ed. È stata la prima sorpresa. La prima crepa nella loro amicizia. Possibile - si chiedevano i collaboratori di David - che voglia disturbare l´inarrestabile ascesa di suo fratello? Possibile che creda di poterlo battere?
Una sola persona non si è sorpresa, all´inizio, per la decisione di Ed di scendere in campo: sua madre. «Ha fatto bene», è stato l´unico commento pubblico di Marion Kozak Miliband. E in privato, ai pochi di cui si fidava, ha raccontato di fare il tifo per il figlio più piccolo. Perché, tra i due, era quello «più di sinistra». Ed e David appartengono a una famiglia fuori dal comune. Una famiglia di ebrei polacchi, fuggiti in Inghilterra nel 1940, imbarcandosi avventurosamente su una nave e così scampando all´Olocausto nazista. Il nonno, che combattè con l´Armata Rossa sovietica, è sepolto nel cimitero londinese di Highgate, vicino alla tomba di Karl Marx. Il padre, Ralph Miliband, è stato uno dei più eminenti storici britannici del marxismo e un comunista ortodosso, rivoluzionario, fino alla morte, nel 1994. Anche Marion, la madre, è ebrea di origine polacca, accademica e comunista convinta. Hanno allevato i figli a pane e politica. Ma può darsi che in quel secondogenito meno appariscente abbiano visto doti che mancavano all´altro, al predestinato. David pensava di fare il premier fin da piccolo. Ed, intanto, faceva il chitarrista punk e il giornalista. Guardava il fratello maggiore con ammirazione e rispetto, come un modello. Finchè ha cominciato a sentire gente che gli diceva: «Saresti meglio tu». Chissà se, in termini così netti, un giorno glielo ha detto anche la mamma.
Ed sta per diventare padre per la seconda volta: i maligni si chiedono se ora si sposerà, essendo il primo leader di un partito britannico che convive con la sua compagna, un´avvocatessa laureata a Cambridge, senza avere ufficializzato l´unione. Non ha nemmeno ancora dato il proprio cognome al primo figlio: anticonformista anche in quello. Troppo diverso, troppo di sinistra, troppo "bravo ragazzo", buono, morbido, malleabile: così dicevano gli scettici, sulle sue chances di guidare il Labour. Così pensava, probabilmente, pure suo fratello David. «Non sempre la primogenitura garantisce il titolo a cui si appare destinati, ricordiamoci la storia biblica di Giacobbe ed Esaù», ammonisce Polly Toynbee, columnist del Guardian, tra i pochi editorialisti che scommettevano sul secondogenito. È vero, e magari è giusto che sia finita così. Ma il Giacobbe laburista, nell´ora della sua incoronazione, arretra inorridito di fronte a un trionfo che è la disfatta dell´amato fratello: «Dio mio, che cosa ho fatto a David?».