Varie, 28 settembre 2010
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Amiri Shahram
• (Iran) 8 novembre 1977. Scienziato • «[…] sparito per 14 mesi in America […] al centro di un misterioso giallo di spionaggio, è tornato trionfalmente […] a Teheran […] il regime iraniano ha fatto di tutto per corroborare la sua versione dei fatti. Quella secondo cui Amiri sarebbe stato rapito dai servizi segreti sauditi in combutta con la Cia, mentre era in pellegrinaggio alla Medina nel giugno 2009, poi deportato in America, torturato e interrogato. Tutto per estorcergli notizie sul programma nucleare iraniano. “Al quale sono estraneo”, ha protestato Amiri. Ben diversa è la versione fornita ieri dagli americani. Fonti vicine alla Cia, che hanno voluto mantenere l’anonimato, hanno rivelato che Washington pagò 5 milioni di dollari al 32enne ricercatore universitario e in cambio ottenne una “cooperazione significativa” proprio sui preparativi della bomba atomica iraniana. Le stesse fonti, citate dal Washington Post, hanno aggiunto però che quei soldi Amiri rischia di non vederli mai, dopo l’improvviso voltafaccia e il ritorno in patria. “Non era obbligato a rimanere qui – hanno riferito gli esponenti dei servizi americani – però se sta in Iran non potrà più ritirarli. Per effetto delle sanzioni, tutto ciò che lui possiede qui gli è diventato inaccessibile da Teheran”. Nelle dichiarazioni la Cia ha fatto buon viso a cattiva sorte: “Lui se n’è andato, i soldi restano qui. L’Iran lo ha recuperato, noi abbiamo avuto le informazioni” […] La Cia ha fornito una spiegazione convincente per l’improvvisa fuga dello scienziato-spia: il regime iraniano lo avrebbe terrorizzato minacciando dure rappresaglie sui suoi familiari rimasti in patria. Ma sui responsabili dei servizi Usa gravano dubbi irrisolti. Cinque milioni di dollari sono tanti, i contribuenti e il Congresso possono chiedere conto di questa generosità. Le informazioni ottenute valevano un pagamento così lauto? E se lo scienziato aveva davvero un valore elevato, perché lasciarlo fuggire? Affiora il sospetto che la Cia sia talmente affamata di notizie dall’Iran, che potrebbe avere strapagato un informatore di serie B. Di ben altro tenore è la sceneggiatura iraniana. Nella conferenza stampa al suo arrivo a Teheran Amiri ha detto di essere finito vittima di “una congiura americana per fare la guerriglia psicologica contro l’Iran”. Anche lui ha parlato di soldi, ma con cifre diverse. Amiri ha detto che gli furono offerti “dieci milioni di dollari se dichiaravo alla Cnn che cercavo asilo politico negli Stati Uniti”. Ha aggiunto che prima ancora del suo presunto rapimento, quando ancora era in Iran gli erano stati offerti “50 milioni per rifarmi una vita in un paese europeo di mia scelta”. Amiri ha interpretato a perfezione la parte del patriota: “Nessun iraniano al mio posto avrebbe venduto la sua dignità a un altro paese per una ricompensa finanziaria”. Anche nella sua versione abbondano le lacune e le contraddizioni. Amiri non ha spiegato perché gli sono stati offerti compensi così lauti, se davvero la sua attività di ricerca non aveva alcun rapporto con i piani nucleari. Non ha chiarito i tanti dettagli sconcertanti sulla sua presunta prigionia in America: come e perché gli è stato possibile raggiungere a Washington l’ambasciata del Pakistan (che cura anche gli interessi iraniani, in mancanza di relazioni dirette fra Stati Uniti e Iran), da dove è rientrato in patria. Del resto Amiri sembra avere goduto della stessa libertà di movimento anche nei mesi precedenti, visto che era circolato un video in cui si dichiarava vittima di un rapimento. Nella conferenza stampa a Teheran si è limitato a dire che “rivelare i dettagli sulla fuga sarebbe contrario all’interesse nazionale”. […]» (Federico Rampini, “la Repubblica” 16/7/2010).