Marco Accossato, La Stampa 28/9/2010, pagina 1, 28 settembre 2010
Torino, la mamma che non può morire - Nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Sant’Anna di Torino, Edil è legata a un respiratore, come se all’improvviso potesse risvegliarsi dal coma, sorridere, stringere ancora la mano del marito
Torino, la mamma che non può morire - Nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Sant’Anna di Torino, Edil è legata a un respiratore, come se all’improvviso potesse risvegliarsi dal coma, sorridere, stringere ancora la mano del marito. Ma questa giovane donna somala non aprirà più gli occhi: morta da un mese, è tenuta legata alle macchine soltanto perché possa partorire. La stanza di Edil, in rianimazione, è stata trasformata in una piccola sala operatoria. I monitor e il respiratore accesi da un mese accanto al letto danno l’idea che questa donna esile di 28 anni, venuta a Torino dall’Africa per cercare di sconfiggere un cancro al cervello, possa risvegliarsi. Che da un momento all’altro possa muovere un braccio, piegare lo sguardo, accarezzare il marito che disperato continua a chiedere: «Soffre?». Medici e infermiere l’assistono giorno e notte, la nutrono, le iniettano farmaci per tenere stabile la pressione. Ma il suo corpo è morto. Incinta, alla ventottesima settimana di gestazione, non è stata staccata dalle macchine malgrado sia morta ad agosto. «E’ l’unico modo per cercare di salvare il feto», spiega la dottoressa Evelina Gollo, primario di Anestesia e Rianimazione del Sant’Anna. Elettroencefalogramma piatto, coma irreversibile: il meningioma che prima l’ha resa cieca, poi l’ha strappata al marito e ai cinque figli dopo un inutile viaggio della speranza, ha risparmiato almeno la bimba che ha in grembo. Ormai troppo grande per un aborto terapeutico, ma ancora immatura per venire già al mondo. In Edil resta un soffio di speranza, ma non di vita. Dopo una prima risonanza magnetica che quindici giorni fa ha escluso danni all’encefalo fetale, i medici del Sant’Anna hanno verificato ieri mattina con un’ecografia che la bimba cresce sana: pesa 825 grammi, due etti in più rispetto a due settimane fa. «Al momento per la piccola non ci sono segnali d’allarme - dice la dottoressa Gollo -. Così ci siamo confrontati a lungo fra medici, e dopo aver spiegato la situazione al marito e al cognato che vive a Torino abbiamo deciso di rinviare il cesareo il più possibile, perché ogni ora in più nel grembo della madre sarà un beneficio per la neonata». La situazione, però, potrebbe precipitare. Da un momento all’altro potrebbe essere necessario un cesareo d’urgenza, ed è per questo che la stanza di Edil è stata trasformata in camera operatoria: «Se la mamma avesse un arresto cardiaco - teme la professoressa Tullia Todros, direttore del dipartimento di Discipline ostetriche e ginecologiche dell’ospedale torinese - ci resterebbero pochi minuti per salvare il feto. Non avremmo il tempo per un trasferimento in una vera camera operatoria». La culla termica è pronta accanto al letto di Edil, l’ossigeno per la neonata anche. Ci sono i ferri operatori. E dopo il parto inizieranno per mamma Edil le sei ore di osservazione, quando i medici firmeranno la dichiarazione di morte. Un foglio già compilato, ma «congelato» un mese fa. Ormai è solo questione di tempo. Di ore, più che giorni. «Sicuramente non settimane», dice la Gollo. «A un certo punto il corpo di Edil non ce la farà più neppure a essere un’incubatrice. In queste ultime ore abbiamo già dovuto affrontare due crisi metaboliche». «La placenta è ben formata, l’ossigeno raggiunge il cervello del feto, il battito cardiaco continua a essere regolare», ripetono al Sant’Anna. Issa Muhyaddin Jimcaale abbraccia ancora una volta la moglie: «La nostra bimba si chiamerà come lei». Edil.