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 2010  settembre 28 Martedì calendario

MAO XINYU

(Cina) 17 gennaio 1970. Generale • «[...] è diventato il generale più giovane di sempre a militare tra le fila dell’esercito popolare di liberazione cinese. Forse lo ha aiutato il fatto di essere il nipote del leader comunista Mao Zedong e di chiamarsi come il nonno, Mao Xinyu. L’uomo è l’unico erede maschio adulto rimasto in vita del Grande Timoniere […] E dire che la carriera dell’erede, figlio del secondogenito di Mao, non sembrava così promettente. Ha iniziato la vita lavorativa piuttosto tardi, negli anni Ottanta, come cameriere. Poi ha deciso di entrare nell’esercito popolare fondato dal dittatore comunista nel 1949, seguendo l’esempio della madre (anche lei generale) e dello zio (il primogenito di Mao), che fu ucciso durante la guerra di Corea. Il percorso di Mao Jr. è stato invece meno pericoloso. Dopo la gavetta è stato nominato vicedirettore al Centro di ricerca sulla guerra e sulla strategia militare […]» (Deborah Ameri, “Il Messaggero” 24/9/2009) • «[…] La stampa lo ha seguito fin dalla sua infanzia, a scuola, all’università del popolo a Pechino, quando è entrato nell’esercito, e quando ha prodotto un libro, traballante, di memorie familiari. Va detto però che il tono delle cronache a lui dedicate non è mai stato agiografico. Sui siti Internet locali, poi, sono apparse critiche spietate, che hanno reso noto ai circa 300 milioni di internauti cinesi che il ragazzo non era certo brillantissimo. All’università ci è arrivato per meriti di cognome, senza avere fatto i durissimi esami di selezione. In aula ci andava quando voleva, se voleva. Lo stesso è successo nell’esercito, dove non si è distinto per meriti particolari, se non quello di essere simpatico e gioviale. I giornalisti del Web cinesi non hanno rispetto reverenziale neanche per il padre: non era proprio “a posto con il cervello”, né la madre era “astutissima”, il risultato quale può essere? E anche nel corpo il rotondo Xinyu ha ereditato il peggio: il nonno era ingrassato con la vecchiaia ma da ragazzo era filiforme, invece il nipote già a 18 anni era sui 200 chili. Ma quel cognome e quell’eredità pesano molto più dei chili di troppo. Per il popolino, fedele ancora a certe idee della Cina imperiale, l’esistenza di un “principe rosso”, dello stesso sangue del padre della patria, dà una certa legittimità al governo. Così il ragazzone ha un suo ruolo e una sua funzione grazie proprio alla cultura confuciana che il nonno per tutta la vita aveva cercato di distruggere con tutte le sue forze. L’unico vero motivo per cui è generale è perché i dirigenti e il popolo cinese rispettano il valore della famiglia e il valore della lealtà al sovrano, anche quando il sovrano non c’è più. E Xinyu, il “Nuovo Universo” nel nome scelto da Mao, incarna in realtà il ritorno del vecchio mondo, della Cina imperiale. […] Allo stesso modo, Mao Xinyu difficilmente farà una grande carriera nell’esercito o nel Paese. Sarà portato in giro, messo in bella mostra, proverà con la sua semplice presenza agli scettici che sì, suo nonno oggi avrebbe approvato le riforme cinesi. Insomma, dovrà recitare una parte, quella di se stesso, sotto la tutela del Partito comunista. Se sarà astuto, troverà una nuova dimensione, o forse tenterà anche di tirarsi indietro. Se non capisce sarà la statua vivente di se stesso, una figura carismatica senza carisma. […]» (Francesco Sisci, “La Stampa” 26/6/2009).