Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  settembre 28 Martedì calendario

CAVOUR, L’ITALIANO CHE PIACE AI FRANCESI

Parigi, 22 febbraio, cena da Rothschild, spettacolo all’Opera, visita di lord Clarendon. 7 marzo, cena dal principe Napoleone con George Sand. 12 marzo, visita del dottor Conneau, serata Alexandre Bixio. 19 marzo, conferenza dall’Imperatore, con Walewski... A rileggere il diario delle giornata parigine di Cavour, nel 1856, basterebbe il lungo elenco delle personalità incontrate in quella gloriosa stagione, per immaginare la trama diplomatica che, dal congresso di Parigi — nei saloni del Quai d’Orsay, dove difendeva le ragioni del Piemonte davanti ai plenipotenziari dell’Europa — portarono all’alleanza con la Francia e alla discesa nel Nord Italia dei soldati di Napoleone III.
Francese di formazione, Cavour frequentò Parigi dalla giovinezza, s’immerse nei salotti e negli ambienti politici della Repubblica e dell’Impero, strinse legami con personalità della cultura, del giornalismo, della finanza. Vi conobbe l’amore e vi costruì un capolavoro politico, fatto di contatti segreti (il dottor Conneau, medico dell’imperatore, che avrebbe favorito i colloqui di Plombières), spregiudicatezza divenuta leggenda (la bellissima contessa di Castiglione, presentata al ballo di Saint Cloud e «accompagnata» nel talamo di Napoleone), incontri discreti con quanti — con la passione, le idee e i soldi — avrebbero potuto dare una mano alla causa italiana e rompere gli indugi del sovrano francese.
Nel bicentenario della nascita, e alla vigilia dei 150 anni dell’unità italiana, la Francia rende omaggio allo statista piemontese, ricordandone la figura in una serie di appuntamenti accademici all’École normale supérieure e con un’eccezionale mostra al museo Camondo, in cui verranno esposte opere e ritratti di Francesco Hayez, l’artista simbolo dello spirito risorgimentale. Per la prima volta, sarà esposto il famoso «bacio», che fu presentato in occasione dell’ingresso di Napoleone e Vittorio Emanuele a Milano, oltre a ritratti di Cavour, Manzoni, D’Azeglio.
A sottolineare l’alto profilo degli appuntamenti, la visita di stato del presidente Giorgio Napolitano, che partecipa ai colloqui e all’inaugurazione della mostra e incontra il presidente Nicolas Sarkozy e il primo ministro François Fillon. Un’occasione per ricordare come l’amicizia fra i due popoli e i rapporti attuali nei campi più diversi abbiano radici lontane. Nel secondo impero, vennero suggellati dal clima risorgimentale che si respirava anche sulle sponde della Senna, da un autentico movimento di simpatie e solidarietà (alimentato da Dumas che raccontava sui giornali francesi le gesta di Garibaldi) e dal sacrificio di cinquantamila fra italiani e francesi sui campi di battaglia di Solferino e San Martino. Ma, al di là degli eroismi e della loro transfigurazione celebrativa, la Francia e l’Italia ricordano oggi che il sogno unitario non sarebbe stato possibile senza il lavoro intelligente, a volte furbo, a volte delicato, più spesso oscuro di un uomo come Cavour.
La maison Camondo, piccolo gioiello architettonico nel cuore di Parigi, appartenuta a una famiglia di banchieri di origine turca, ci ricorda oggi che alcuni banchieri, fra i quali in primo luogo i fratelli Pereire, sostennero la guerra del piccolo Piemonte e, grazie agli accordi con Cavour, riarmarono i nostri bersaglieri. Cavour riuscì nell’impresa di tenere insieme interessi politici non sempre convergenti (Napoleone avrebbe all’improvviso firmato l’armistizio con l’Austria e nemmeno auspicava l’unità di tutta l’Italia) e un fervente movimento d’opinione che univa intellettuali (George Sand, Dumas, Victor Hugo, Cristina di Belgioioso) a nobili francesi ed esuli italiani. Un ruolo storicamente poco conosciuto lo ebbe Alexandre Bixio, fratello del più famoso generale garibaldino, che fu l’ombra e il riferimento francese di Cavour in molte circostanze. «Siamo tutti indignati per l’armistizio, ma la Francia ha perso diecimila uomini in questa guerra. Abbiamo promesso Nizza e la Savoia, l’Imperatore le vuole» gli scrisse per superare le resistenze di Cavour e consolare la sua profonda amarezza che avrebbe inferto un altro colpo al suo cuore malato.
Il capolavoro di Cavour rimase a metà, anche per la scomparsa dello statista. Ma la storiografia ne ha celebrato il disegno politico, le intuizioni europeiste, l’orizzonte di un’Italia laica e liberale che non si sarebbe intravisto completamente nemmeno un secolo dopo. E solo dieci anni dopo, a causa delle posizioni di Napoleone, si sarebbe realizzato il sogno di una capitale unitaria che il presidente Napolitano, nell’Italia di oggi, è costretto a rafforzare anziché limitarsi a rievocare.
La Francia rende omaggio a Cavour e forse colmerà con l’occasione una lacuna curiosa per un Paese che, per quanto abituato per tradizione a celebrarsi, sembra aver messo fra parentesi le glorie del secondo impero, la ricostruzione della Parigi di Haussmann, i progressi industriali ed economici suggellati all’esposizione universale, il contributo all’unità d’Italia. Di Napoleone III si ricordano più spesso il colpo di Stato, il populismo, la sconfitta con la Prussia e l’assedio di Parigi, l’arroganza del piccolo uomo, «le petit» come lo chiamava Victor Hugo in esilio. E per alcuni critici dell’attualità, certe immagini non sono casuali.
Massimo Nava