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 2010  settembre 28 Martedì calendario

LA STORIA FATTA DALLE OPINIONI

Lo sapevate che apostrofare qualcuno "governatore del Massachusetts" è un termine diciamo, offensivo, derogatory, nel gergo dei boys americani? Lo apprendiamo il 22 settembre 1988 dalle Op Ed pages del New York Times – quarant’anni lo scorso fine settimana - in una column di Veronica Geng, scrittrice che esprime in poche righe le differenze di umori, interpretazioni che separano, anche in politica, il genere maschile da quello femminile.

Allora George Bush Sr. correva per la presidenza con Michael Dukakis, appunto il Governor of Massachusetts. Il fidanzato Ed spiega a Veronica, perplessa, che il termine era usato da Bush per provocare Dukakis. «Ma non l’ho mai saputo che governatore del Massachusetts...», protesta la scrittrice. «Certo, voi ragazze non registrate... fra noi ragazzi era un’offesa mortale...». Offesa che fa parte di una radice culturale indefinibile ma sempre presente ovunque. Ed fa un altro esempio. Film di Clint Eastwood, lo sceriffo cattivo gli dice: «Bene bene, sembra che abbiamo una visita di cortesia dal governatore del Massachusetts». Clint per lavare l’onta fa fuori mezza città. «E dire – scrive Geng – che pensavo che Clint fosse davvero il governatore e che l’offesa fosse "visita di cortesia"».

È una delle tante vignette pubblicate dalle Op Ed pages (editoriali aperti) del New York Times. Perché il giornale aprì al mondo esterno la pagina riservata agli editorialisti del giornale per commentare i fatti quotidiani. Professori, artisti, filosofi, sportivi, finanzieri, per essere pubblicati bastava che ci fosse qualcosa da dire in modo intelligente, preferibilmente witty, simpatico, o d’importante, per aggiungere qualcosa al dibattito sulle notizie. Così in quarant’anni, su queste pagine hanno scritto premi Nobel e casalinghe, presidenti e contestatori. Una sorta di agorà rumorosa dove prevale sempre, sia nella serietà che nell’umorismo, l’intelligenza. Raccontata anche con vignette o illustrazioni.

Nel fine settimana il giornale ha offerto una retrospettiva degli interventi migliori, una passeggiata su "memory lane", per rivivere sensazioni, rivelazioni a volte inedite. Nel 2003, la scrittrice Nora Ephron svela, desolata, di non aver mai ricevuto avance dal presidente nei tre mesi come intern nella Casa Bianca. Nel 1998 Gerald Ford scrive contro l’impeachment di Bill Clinton; nel 2003 l’ambasciatore Joseph Wilson scrive un articolo decisivo in cui rivela di non aver trovato materiale nucleare in Niger. L’apertura contro l’insularità del "solo" giornalisti. Ma anche la cura di separare le opinioni dalle notizie. Di far scrivere solo quando c’è qualcosa da dire: i collaboratori fissi nelle Op Ed pages sono in genere giornalisti del quotidiano. L’articolo poi, per quanto importante come quello di Wilson, non sarà mai in prima pagina e limitato a quella pagina interna, sempre dirompente e oggi sul web cliccatissima. E ieri? A parte i collaboratori fissi, Paul Krugman e Ross Douhtat, ha scritto Anatole Kaletsky, capo economista di Hsbc.

La provocazione? Non stuzzicate troppo la Cina. I Tea Party e il mercato stiano attenti: il nuovo modello economico non poggerà sulle democrazie industriali, ma su un capitalismo di stato ispirato da valori asiatici.