Carlotta Magnanini, D di Repubblica n. 712 25/9/2010, 25 settembre 2010
I PRIVÉ DEI NUMERI PRIMA
La fighettitudine dei numeri prima è un prefisso di tre cifre. Tre semplici numeri prima del numero di telefono, che bignamizzano in pedigree molto più di un profilo su Facebook, un curricul in Word o una lettera di raccomandazioni (in ordine tecnologico decrescente). E che a New York hanno creato un business al gusto invidia. Ha per oggetto uno status symbol, da geek: «Non è l’ultima applicazione per iPad», scrive il Wall Street Journal, «ma un numero». Tra l’altro vecchio come il cucco: 212, l’originario area code di Manhattan assegnato nel 1947 alle utenze fisse dell’élite per facilitarle nella digitazione (sui telefoni a rotella, tolto lo zero, i primi numeri erano i più comodi). Oggi, contro la scalata dei nouveau riches (e demi) alle penthouse e l’invasione dei nuovi 646, 947 o 347 – è il prefisso mobile più ambìto. Tanto che si può comprare di straforo: spinti non da romanticherie nostalgiche, ma da snobismo (un po’ come poteva essere snob negli anni Zero il tesseramento alla community di Smallworld). Sono infatti i più giovani ad acquistare un 212 a 600, 800 dollari su eBay pur di dimostrare il loro grado di manhattanizzazione: «Il tuo ID è come un biglietto da visita sul display, se hai un 212 significa che sei un residente doc», spiega al WSJ Allison Mooney, teorica di marketing presso la Omnicom’s MobileBehaviour. «Io non mi sognerei proprio di rispondere a un 917, figuriamoci un 347!», confessa Ashley Granata, direttore marketing del portale di moda Fashista (che il nome della testata non influenzi il giudizio sulla signorina). «Nella tecnologia, l’elemento vintage connota autenticità», insiste Peter Feld, stratega dei web content, «E il 212 dimostra che sei un autentico newyorker». Nella Grande Mela la corsa ai magnifici tre ha una connotazione geosociale (far parte della tribù accampata intorno alla 5th Avenue), ma anche in Italia i tre numeri prima sono cifre parlanti. Che spifferano però dettagli più cronologici sul proprietario: perché datano pubblicamente il suo svezzamento al mondo moderno, lampeggiando al mondo intero quando e come (e con chi) abbia acquistato il primo telefonino. Il punto insomma non è tanto dimmi che gestore hai e ti dirò eccetera, quanto dimmi quando hai comprato il tuo primo cellulare e qual è stato il tuo primo contratto (e aggiungeremmo: dimmi anche se sei stato abbastanza pirla da sottoscrivere un “family” a 17 anni come chi scrive). Anche questa forma di blando razzismo è una di quelle che non si dicono, ma si pensano e si lasciano lassù, nella nuvoletta dei pensieri scemi: «Lui sì che è uno giusto: ha un 337!» o «Mi spiace, non assumiamo gente che porta un 331» suonano come «Lui sì che è uno giusto: ha il G4» o «Mi spiace, non assumiamo gente che porta le infradito». Quella nuvoletta però si affaccia anche sui pensieri degli operatori, per cui quella dei numeri prima non è fighettitudine: è marketing. «I 347 e 348 sono stati il simbolo dell’apertura del mercato della telefonia mobile», spiega Roberto Larocca, direttore divisione consumer di Vodafone Italia. Quando nel 1995 è nata Omnitel «averli rappresentava una scelta precisa e di identità, erano, come recitava allora la nostra pubblicità, “le persone in grado di cambiare il mondo”, che si identificavano con l’apertura del mercato, la fine di un monopolio, gli anni in cui il cellulare, da status symbol per pochi diventava un oggetto quotidiano e il prefisso era un modo per dire che tu eri parte di questo cambiamento». Anche quelli che detenevano il monopolio confermano un certo attaccamento: «Alcuni continuano ancora a chiederci un 337» dicono alla Telecom Italia, «Ma i nostri sistemi informativi sono impostati per assegnare in automatico i prefissi in uso: 335, 331, 338, 339, 333...». «Effettivamente c’è un rinnovato interesse per i numeri di telefono», dice Maximo Ibarra, direttore Business Unit Mobile di Wind. Questione di (altri) numeri: «Con oltre 90 milioni di utenze è normale che si cerchi di personalizzare il proprio». Nonostante la portabilità (nel 2002 l’avvento della Mobile Number Portability se da un lato ha reso più fluido e mnemonicamente indolore il passaggio da un operatore all’altro, ha anche trasformato in macchia o vanto indelebile la nostra prima scelta), «tuttavia i nostri nuovi clienti potranno scegliere». Non i numeri “prima”, ma quelli “dopo”: le ultime sette cifre del numero di telefonino. Continua Ibarra: «A dicembre, chi sceglierà un abbonamento “All Inclusive”, avrà a disposizione un elenco di numeri tra cui scegliere il proprio: numeri “gold”, più semplici da ricordare... E belli». Anche se in realtà gli italiani sono un popolo di ricaricabili: «Il mercato delle carte ricaricabili copre l’85% del settore, un dato molto alto se confrontato con la media europea», aggiunge il manager Wind, che interpreta il dato come fenomeno sociale («con la ricaricabile il cliente in Italia ha la forte percezione di controllare meglio la propria spesa telefonica»).
L’Agcom, garante delle Comunicazioni che vigila sulle assegnazioni del Ministero ai vari gestori, chiama quelle liste (i numeri “belli” della Wind) «golden numbers»: d’oro perché “pregiati” e “pregiati” perché «facili, come un numero verde», spiega Vincenzo Lobianco, direttore Reti e Servizi Agcom. «Sto parlando di rete fissa, però. Non mi risulta che da noi esista un mercato dei prefissi come a New York. E poi In Italia il subtrading è vietato: il numero è una proprietà. Ma indagheremo...».
Anche 3 Italia offre un servizio di numeri on demand, «che consente di personalizzare le sette cifre dopo il prefisso in base alle proprie preferenze», dicono dalle relazioni esterne. «Per esempio, un cliente con 393 può richiedere il numero 99.99.999 o le sette cifre della propria data di nascita, o uguali a un altro numero ma con prefisso differente», sempre che sia ancora disponibile, «a un costo che varia dai 10 ai 90 euro a seconda della tipologia».
Ma è inutile cercare di dire chi siamo con un numero: ci pensa il numero a rivelarlo comunque. «Se è di sei cifre significa che abbiamo un cellulare dai tempi analogici», prosegue Lobianco (leggi: hai decisamente superato i 40, ndr), «e se abbiamo un 335 probabilmente abbiamo sottoscritto un business, ma siamo anche una categoria a numero chiuso, perché non credo siano più disponibili». Le parole “numero” e “chiuso” fanno pensare a un privé, a un circolo, a una selezione di iscritti. E infatti, sul campo, lo status di appartenenza a un club (del 329, del 338, del 340 o insomma delle altre 33 soluzioni possibili sono 13 i prefissi Tim, 7 i Vodafone, 9 i Wind e 4 i 3 Italia) si sfoggia o aspira in forma anonima nei forum di telefonia online: «Il 335 è figo, ma fa manager di mezz’età», sentenzia emily79. «Io veramente sono dell’82, ma non lo cambierò mai» (luxor7), «Sicuramente fa più bella figura di 366» (timdal99), «Ma il più bello rimane il 337» (fcriminal), «Ho un 336 e mi sento vecchio» (arancione), «Ma che vecchio!, piuttosto maturo, non il solito ragazzino... Come il 348» (laura75), «Non sopporto i 338» (bambi), «Ho mollato un 330» (giogio6). Un numero prima dice più di mille parole. Ci pensino bene, gli operatori, quando ne lanciano di nuovi: «E del 331 cosa ne dite? Non fa tanto Marco Ranzani?». Che poi mica è detto la pensino tutti come ricu05.