Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 21/09/2010, 21 settembre 2010
RISORGIMENTO
Ippolito Caffi pittore e Giacomo Caneva fotografo: il primo apre la mostra «Il Risorgimento a colori», l’ altro quella intitolata «Il Risorgimento dei romani», entrambe allestite fino al 9 gennaio a Palazzo Braschi, che per l’ occasione ha inaugurato la riapertura del portone monumentale su piazza Navona, due sale al pianterreno per le esposizioni temporanee, la nuova libreria e il Brascafé, caffetteria del Museo, con tavolini collocati su una pedana rialzata dai quali si può godere una vista mozzafiato dell’ intera piazza. Entrambe le mostre raccontano una ventina di anni di storia di Roma: dalla fine degli anni Quaranta ai primi anni Settanta dell’ Ottocento, dalla Repubblica Romana alla sconfitta di Garibaldi a Mentana, fino alla presa della città da parte dei bersaglieri attraverso la breccia di Porta Pia nel 1870. La prima lo fa con cento opere selezionate, tra dipinti sculture e stampe; la seconda con una con una cinquantina di disegni, incisioni, libri rari e soprattutto fotografie. I fotografi dell’ epoca erano i pionieri di una tecnica agli esordi e molti erano confluiti a Roma, dove si incontravano al Caffè Greco di via Condotti. C’ erano i francesi Alfred Nicolas Normand, Frédéric Flachéron, ed Eugène Constant; gli inglesi James Anderson, Charles Hayard che possedeva un negozio di belle arti nei pressi di piazza di Spagna e riforniva i fotografi delle attrezzature necessarie, il libraio Joseph Spithover, anche lui con negozio in piazza di Spagna, che fu il primo distributore di molti di loro. Erano tutti impegnati a realizzare ritratti o a riprendere monumenti e vedute della città. Gli italiani erano invece più coinvolti negli avvenimenti politici. E furono loro ad affrontare l’ impresa più rilevante tra i pionieri della fotografia: quella di creare i primi reportage di guerra, con le riprese dei luoghi del Gianicolo che videro le fasi più cruente dell’ assedio della città da parte dell’ esercito francese nel giugno del 1849, al termine della Repubblica Romana. La documentazione più completa di questi scontri è rappresentata dalle carte salate di Stefano Lecchi, lombardo stabilitosi a Roma, dove divenne punto di riferimento per Augusto Castellani, noto orafo e fotografo sperimentale. Tra le immagini in mostra, ce ne sono un paio di Lecchi: la prima con le mura Leonine presso porta Pertusa e la cupola di San Pietro in lontananza, la seconda con una sentinella francese, minuscola in un paesaggio di rovine tra il Vascello e i Quattro Venti. Raccontano una battaglia evocata più che rappresentata, dato che i lunghi tempi di esposizione non permettevano le riprese in diretta. Anche i fratelli Antonio e Paolo Francesco D’ Alessandri si recano sui campi di battaglia di Mentana e Monte Rotondo nei giorni immediatamente gli scontri del 1867. Anche in questo caso la battaglia dove morirono centinai di soldati, soprattutto da parte garibaldina, è solo evocata e i pochi corpi distesi ai margini delle strade sterrate non si capisce se sono di cadaveri o di semplici comparse, che venivano usate per conferire maggiore veridicità alle immagini. Di Giacomo Caneva, che resta autore della più antica fotografia di Roma che si conosca, tratta da un negativo su carta e raffigurante una veduta di piazza Bocca della Verità, firmata e datata al 1847, sono esposte due immagini: una del Colosseo e l’ altra del castello per l’ erezione della Colonna dell’ Immacolata Concezione in piazza di Spagna. Anche di Ippolito Caffi ci sono due dipinti: l’ interno del Colosseo con fuochi di bengala e la benedizione di notturna di Pio IX al Quirinale, che descrive l’ entusiasmo popolare per la concessione dello Statuto da parte del pontefice. Le altre opere provengono dalla raccolta del Museo e in gran parte dalla collezione Apolloni, come la grande tela con Garibaldi all’ assedio di Roma di George Housman Thomas.
Lauretta Colonnelli