Varie, 27 settembre 2010
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AI WEIWEI Pechino (Cina) 15 maggio 1957. Architetto. Autore del “Nido d’uccello”, avveniristico stadio divenuto l’opera-simbolo delle Olimpiadi di Pechino 2008, nel novembre 2010 fu confinato nella sua casa di Pechino per impedirgli di dare una festa d’addio nello studio di Shanghai, demolito per ordine delle autorità a causa del suo impegno politico • «[
AI WEIWEI Pechino (Cina) 15 maggio 1957. Architetto. Autore del “Nido d’uccello”, avveniristico stadio divenuto l’opera-simbolo delle Olimpiadi di Pechino 2008, nel novembre 2010 fu confinato nella sua casa di Pechino per impedirgli di dare una festa d’addio nello studio di Shanghai, demolito per ordine delle autorità a causa del suo impegno politico • «[...] Coautore dello stadio olimpico Nido d’Uccello, e poi assente dalla cerimonia inaugurale dei Giochi in disaccordo con lo spirito “autocratico” [...]» (Marco Del Corona, “Corriere della Sera” 21/3/2009) • «[...] Il Nido d’uccello è uno stadio, una meta turistica, un pezzo del paesaggio [...] è anche una contraddizione, un paradosso in cemento e acciaio. Colpa, o merito, dell’artista Ai Weiwei. Lui l’ha concepito con i progettisti dello studio Herzog & de Meuron (2003): lo stadio che ha celebrato la nuova potenza cinese è la più celebre delle sue creazioni. Ma Ai Weiwei è anche l’attivista che pungola il po tere di Pechino su questioni sensibilissime, dalla mancanza di trasparenza alla censura del web, dalla libertà di espressione al no alla pena di morte. Figlio di un poeta perseguitato da Mao, Ai è tenuto d’occhio senza tregua. Il suo lavoro sarebbe un altro. Disegnare, non parlare. Progettare, non scrivere. Non certo — ad esempio — contare i bambini morti in Sichuan nel terremoto del 2008. A lungo Ai ha incalzato le autorità perché dessero cifre, facessero i nomi. Ha sguinzagliato collaboratori, ha aperto un blog che poi gli è stato chiuso, ha sferzato una leadership troppo timida di fronte all’orrore delle “scuole di tofu”, fragili come pasta di soia, costruite da funzionari incapaci e/o corrotti [...] si è inventato attivista. “Viviamo in una società totalitaria. Le informazioni occorre prendersele”. Così [...] ha cominciato a censire gli studenti vittime del sisma. “Il governo ha concesso aperture, è vero, ma na sconde ancora cose al pubblico. Senza i nomi e con le sole cifre non si distingue una catastrofe vera da un dramma hollywoodiano”. Ed eccolo, l’attivista riluttante. Che parla protetto dalla fama internazionale. Qualche funzionario gliel’ha persino detto: altri avrebbero passato guai seri, al tuo posto. “Io sono un artista e uso il mio blog come uno strumento d’espressione, tenendo in mente la situazione politica. Senza libertà di parola, media autonomi, un sistema giudiziario indipendente, la gente è come morta”. La paura? “C’è. Ho il privilegio di non essere completamente censurato, però è intimidazione anche far finta di niente, dirti che non conti nulla, che con te non vale la pena discutere, ignorarti. La gente non capisce quant’è importante godere dei diritti umani”. Considera le Olimpiadi un momento in cui “molti diritti sono stati violati, vedi l’espulsione dei migranti”, un’autocelebrazione del potere, e già con un anno d’anticipo bollò Zhang Yimou, regista dell’apertura, come uno che “non mi piace, abusa della professione senza discernimento morale”. Poi [...] è venuta la campagna contro Green Dam, il software che le autorità avrebbero voluto rendere obbligatorio su tutti i pc in vendita. Mobilitazione, un happening in un’enoteca. E di fronte alla marcia indietro del governo, la promessa: “La battaglia per la libertà di espressione prosegue”. Però: “A parlare di certe cose sono solo. Se ci fossero altri, potrei dedicarmi ai miei progetti. Avrei bisogno di tempo per creare. Ma ora non posso fare altrimenti”. Disegnare un stadio è quasi più facile» (Marco Del Corona, “Corriere della Sera” 7/8/2009).