Mario Tozzi, La Stampa 27/9/2010, pagina 80, 27 settembre 2010
Domande e risposte: Come si risolve il problema rifiuti? - Torna l’allarme rifiuti in Campania e a Palermo
Domande e risposte: Come si risolve il problema rifiuti? - Torna l’allarme rifiuti in Campania e a Palermo. Come si risolve il problema? In tre punti. Innanzitutto, producendone meno all’origine, ossia riducendo gli imballaggi delle merci. Questo punto dipende dalla volontà politica dei governi e dalla sensibilità delle aziende. Abbiamo bisogno del cartone che avvolge il tubetto di dentifricio? Non possiamo acquistare detersivi, pasta, caffè e quant’altro alla spina, portandoci il contenitore da casa e riutilizzandolo all’infinito? Al secondo punto? Dividendo i rifiuti secchi da quelli umidi. Questi ultimi (oltre un terzo del totale) sono i responsabili della puzza e della contaminazione di tutto il resto, che così viene riciclato con difficoltà. Se si fosse eliminata la frazione umida dai rifuti di Napoli l’emergenza sarebbe stata meno grave. Per questo scopo ci vogliono però stazioni di compostaggio che recuperino fertilizzanti e biogas dalla massa umida. Terzo punto? Differenziando la plastica dal vetro e la carta dai metalli, e creando un circolo virtuoso di recupero e nuova fabbricazione di merci da quanto abbiamo gettato (materie prime-seconde). Riciclare consente di tagliare le emissioni inquinanti, risparmiare energia e acqua, non aprire nuove cave e allungare la vita media delle materie prime. Per fabbricare un Kg di alluminio riciclato ci vogliono 2000 kCal, ma se ne vogliamo estrarre un kg dal suo minerale di origine (la bauxite), ce ne vogliono 48.000. Per questo sono necessari impianti di vaglio e compattatori. E’ possibile arrivare a produrre zero rifiuti? Fino a qualche anno fa nessuna amministrazione comunale del mondo avrebbe parlato di rifuti-zero come opzione possibile. Ora metropoli come San Francisco indicano questa strada percorribile in 10-20 anni, mentre centri più piccoli, anche in Italia, già si avvicinano a percentuali di recupero superiori al 90%. Che cosa succede invece a Napoli e a Palermo? Il problema era stato affrontato solo per eliminare l’emergenza, non per essere risolto. A parte le infiltrazioni malavitose o le strumentalizzazioni politiche, resta il fatto che oltre la metà dei comuni campani non si è dotato di un piano di raccolta differenziata e quelli che lo hanno fatto non rispettano tempi e modi. Se non c’è raccolta differenziata il problema dei rifiuti si sposta nel tempo e nello spazio, non si risolve. Perché non funzionano le discariche? Perché l’Italia produce ogni anno 32 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani (per non parlare di quelli speciali, che necessitano di discariche a parte), cioè oltre 550 kg all’anno per persona. Una quantità impressionante che nessun «buco» (discarica) è in grado di ospitare, specialmente vicino alle aree urbane. Le discariche non sono mai perfettamente stagne e, prima o poi, lasciano percolare i loro liquidi nel sottosuolo inquinando le falde acquifere. Spesso vengono sistemate in aree protette degradandole per sempre e distruggendo le economie marginali nate sulla conservazione della natura. E’ una soluzione bruciare i rifiuti? Dal punto di vista energetico no, perché dalla combustione di un oggetto si ottiene molta meno energia di quella che ci si è messa per costruirlo. Inoltre l’incenerimento sottrae possibili materie prime da un possibile nuovo ciclo di vita più redditizio, comunque inquina e il riciclaggio è un’ottima alternativa già esistente. Sono pericolosi gli inceneritori? Gli inceneritori (chiamati erroneamente termovalorizzatori, una dizione che non esiste in nessun paese d’Europa) recuperano energia e calore, sono dunque sono più efficienti dei vecchi inceneritori che bruciavano e basta. Erano impianti veramente tossici, per via delle basse temperature d’esercizio che liberavano diossine e altri inquinanti. Oggi gli inceneritori rispettano i limiti di legge e evitano magari altri inquinanti (consentendo di riscaldarsi attraverso il calore recuperato, a Brescia si sono eliminate migliaia di singole caldaie). Ma sono impianti industriali, e come tali producono inquinamento, pur se nei limiti di legge? Delle polveri ultrasottili nessuno sa, perché si tratta di elementi troppo piccoli per essere filtrati e difficili da misurare, ma un inceneritore ne produce senz’altro. Per le diossine non è tanto importante quella misurata al camino (che si disperde nell’aria), di fatto sopportabile dai viventi, quanto quella che si accumula nel suolo e nelle acque giorno dopo giorno. Come a dire che le diossine si accumulano in maniera progressiva nell’ambiente e che le loro concentrazioni si debbono considerare in maniera cumulativa (quanta diossina c’è in un certo tempo), non istantanea (quanta diossina c’è nei fumi). Estremizzando, se ogni giorno l’aria presenta emissioni di diossine al di sotto dei limiti di legge, alla fine dell’anno il suolo quanta diossina ha concentrato?