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 2010  settembre 27 Lunedì calendario

Si può mangiare il cibo scaduto? (2 articoli) - Prima le cifre ufficiali, incontrovertibili, tanto per inquadrare la questione: 8,2 milioni di litri di succhi di frutta, latte e bibite varie, tolti dal commercio; 2,3 milioni di barattoli di pelati, pasta, biscotti, yogurt, formaggio, carne in scatola e cibi confezionati sequestrati; 780 centri di produzione alimentare chiusi o pignorati

Si può mangiare il cibo scaduto? (2 articoli) - Prima le cifre ufficiali, incontrovertibili, tanto per inquadrare la questione: 8,2 milioni di litri di succhi di frutta, latte e bibite varie, tolti dal commercio; 2,3 milioni di barattoli di pelati, pasta, biscotti, yogurt, formaggio, carne in scatola e cibi confezionati sequestrati; 780 centri di produzione alimentare chiusi o pignorati. Il bilancio - voluminoso - riguarda il lavoro, solo da gennaio a luglio, dei Nas, i carabinieri del nucleo antisofisticazione. Numeri che indicano quanto la tutela della salute pubblica stia a cuore alle forze dell’ordine e quanto alle singole persone la cura della propria. In agosto, all’istituto di ricerca Censis, oltre il 60% degli italiani aveva ammesso di chiedere spesso informazioni sulla qualità di ciò che mangia: secondo il ministero dell’Agricoltura, circa 800 chili di cibo all’anno a testa. Ai quali si sommano i 300 che finiscono nella spazzatura, perché marciti nel frigo o scaduti. Alimenti trasformati in sprechi che, al momento dell’acquisto, erano stati certamente esaminati dalla massaia e dal manager, dalla modella e dallo studente con un obiettivo: scovata la data di scadenza, accaparrarsi la confezione con quella più lontana. Ma sulla questione non tutti hanno le idee chiare. Normativa europea «Il sistema segue una normativa europea - spiega il colonnello Antonio Amoroso, vicecomandante dei Nas - e la scadenza è di due tipi: una perentoria, “da consumarsi entro”, è per il cibo fresco ad alta deperibilità; l’altra, “preferibilmente entro”, indica il termine minimo di conservazione entro cui il prodotto non diventa dannoso, ma perde le proprietà organolettiche». Per gli alimenti scaduti, con data d’obbligo, l’Europa proibisce la vendita. Ma chi decide quale delle due opzioni applicare? Le aziende produttrici, dopo aver valutato caratteristiche, trattamento, tempo di trasporto, condizioni climatiche e numero di abitanti del luogo di vendita. Continua il colonnello: «Partite di cibo sequestrate sono la peggior pubblicità e i marchi seri tendono a non barare sulle scadenze». Resta il fatto che «toelettatura» e «restyling» su confezioni di formaggio, passate di pomodoro artigianali, pasta fresca oppure pesce surgelato non sono episodi rari e sugli scaffali finiscono prodotti a cui, manipolata l’etichetta, è stata posticipata la scadenza. Un reato penale che «sporca» un settore, quello alimentare, che in Italia dovrebbe valere quanto il petrolio per gli sceicchi, ma che riesce pure a trovare una sorta di alibi: «Commercianti o produttori disonesti - dice Agostino Macrì dell’Unione nazionale consumatori - non temono intossicazioni o avvelenamenti, perché sanno che mangiare un cibo scaduto non è molto più pericoloso che nutrirsi con prodotti mal conservati». Come dire: fa meno danni gustare uno yogurt scaduto da 10 giorni - al massimo perde fermenti lattici - piuttosto che un barattolo entro la data di scadenza, ma preso da un banco frigo con più gradi del previsto. Stesso discorso per i cibi freschi, che dopo la scadenza non possono essere venduti, ma consumati sì, se ben conservati: lasciate stare la carne, se il colore è marroncino e il grasso giallognolo, le mozzarelle che «friggono» in bocca, il pesce con l’occhio infossato, la frutta con le foglie appassite e troppo matura. Attenzione anche alle uova (il rischio è la salmonella), che tra i cibi hanno l’etichettatura più complicata: scadenza obbligatoria entro 28 giorni da quando l’uovo è deposto, ma divieto di vendita già sette giorni prima. Chi lo fa rischia un’accusa di frode, ma ciò non significa che l’uovo sia da buttare. Risparmiare la corrente «Ci sono negozianti - dice Macrì - che cambiano la scadenza alle scorte in magazzino, ma pure camionisti che risparmiano sulla corrente nelle celle frigo. E il rischio di proliferazione di funghi aumenta». Insomma: sono così tante le variabili che non tutti sono convinti che i limiti decisi dalle aziende siano garanzia di buon prodotto. Per i salutisti la scadenza è indispensabile, per i «razionali» indicativa, per i fatalisti inutile. E c’è chi, come Gandolfo Garbarino, responsabile del settore igiene e allevamento della sezione zootecnica della Regione Piemonte, va addirittura oltre: «La filiera in Italia è sempre più lunga. Importiamo derrate alimentari di ogni genere: frutta esotica, verdura, pesce surgelato e il 40% della carne che consumiamo. Quanto può contare un data di scadenza, se poco si sa sulla produzione e conservazione di un cibo che arriva dall’altra parte del mondo per finire sulla nostra tavola?». ELENA LISA *** Andrea Segrè ha realizzato un’idea, il «last minute marker», che per un gruppo di studenti di Agraria, a Bologna, è diventata un lavoro. Segrè, preside di facoltà, ha pensato che vendere cibi scaduti potesse diventare un affare. Detto così fa un certo effetto, ma è anche vero che, sarà per via della crisi, da quando i suoi ragazzi sono partiti con l’attività non fanno che ricevere applausi. Conferma, vendono cibo scaduto? «Scaduto, o lì lì per esserlo, comunque ancora commercializzabile. Latte, scatole di tonno, olio, biscotti tutto quello che rischia di venire “descaffalato”, cioè tolto dalle corsie dei supermercati, e poi gettato». Sono molti i compratori? «Ci sono, ma non è questo il punto. Lavorare con il “last minute marker” significa trovare un modo che permetta il giusto guadagno, senza arricchimenti. I legami più forti sono con enti benefici che distribuiscono cibo a chi non ha i soldi per mangiare». Se non è il lucro, qual è il vostro scopo? «Diminuire lo spreco che è diventato una vergogna. Senza contare che ridurlo, conviene a tutti, a chi compra, a chi vende e alla società». Dove lavorate? «In 47 città. Siamo in contatto con grandi e piccoli supermercati, Coop, Conad, Sma, Carrefour. Ma il nostro interesse non si ferma al cibo». Vale a dire? «Le persone buttano nell’immondizia un pezzo di carne, di pane, una busta di insalata un po’ appassita o una confezione di stracchino scaduta nel frigo da tre giorni così come si sbarazzano di pastiglie d’aspirina e sciroppi per la tosse». E quindi? «Recuperiamo anche i medicinali scaduti. Che al massimo perdono parte del principio attivo, ma non intossicano». Il prossimo passo? «Il 28 ottobre, a Bruxelles, chiederemo al Parlamento una nuova legge sull’etichettatura. L’idea è avere due date: la prima che indichi il limite per il commercio e l’altra quello di rischio per la salute. Così il consumatore sarà libero di scegliere. A patto che prezzi siano più bassi».