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 2010  settembre 27 Lunedì calendario

La spia malata di nostalgia - Dopo 11 anni di prigione Igor Sutyaghin aveva perso ogni speranza di venire rilasciato prima della scadenza della sua condanna a 15 anni

La spia malata di nostalgia - Dopo 11 anni di prigione Igor Sutyaghin aveva perso ogni speranza di venire rilasciato prima della scadenza della sua condanna a 15 anni. Ricercatore nel campo degli armamenti accusato di spionaggio per gli Usa, e dichiarato prigioniero politico da Amnesty International, si era visto negare la libertà condizionata pochi mesi prima, con il pretesto che aveva violato le regole carcerarie, tra cui quella di aver lasciato briciole di pane sul suo comodino. Perciò, quando un ufficiale si avvicinò a Sutyaghin, mentre stava spazzando il cortile della colonia in cui scontava la pena, oltre il Circolo Polare Artico, e gli disse «Raccogli le tue cose, te ne stai andando», lo choc fu ancora più grande. Ventiquattr’ore dopo Sutyaghin, sempre più incredulo, era a Lefortovo, la famigerata prigione dell’Fsb, l’ex Kgb, a Mosca. Gli venne annunciato - a lui che si era sempre proclamato innocente - che sarebbe stato liberato nell’ambito di uno scambio storico di spie tra Russia e America. Dieci agenti russi sotto copertura negli Usa erano stati arrestati dall’Fbi e venivano rispediti a Mosca. In cambio, il Cremlino aveva accettato di rilasciare quattro russi che stavano scontando condanne per spionaggio, tra cui Sutyaghin. In una scena degna di un romanzo di Le Carré, Sutyaghin e gli altri vennero scambiati, il giorno dopo, sulla pista dell’aeroporto di Vienna. Poche ore dopo lo scienziato arrivò in Gran Bretagna, sconvolto e smarrito. Sono trascorse nove settimane. Sutyaghin vive da amici a Londra, ma nonostante ora sia libero crede che il suo travaglio non sia ancora terminato. «Sono deciso a tornare in Russia», dice. «E’ la mia patria, e non voglio che qualcuno pensi che sono scappato, che mi nascondo. Parenti e amici mi hanno messo in guardia, dicono che è troppo pericoloso per me rientrare, ma voglio farlo». I timori appaiono fondati. Lo scienziato ha ricevuto minacce di morte, scritte in russo, al suo indirizzo personale di posta elettronica, aperto dopo la liberazione e noto solo a pochi. «Presto arriverà la tua ora», recita una delle lettere, e un’altra promette: «Presto si farà finita con te». Riceverli è stato «piuttosto sgradevole», racconta Sutyaghin. «Difficile capire se sono messaggi di un folle o se dietro ci sia qualcosa di più inquietante, qualcuno collegato ai servizi, per esempio. Non ho paura, ma ovviamente non posso nemmeno far finta di niente. Comunque, rimango deciso a tornare in Russia». Prima di essere stato rilasciato Sutyaghin è stato graziato ufficialmente dal presidente russo Dmitry Medvedev. Ma per ottenere la grazia, ha dovuto riconoscere la propria colpevolezza, uno dei peggiori momenti della sua vita, dice oggi. «Se mi fossi rifiutato lo scambio non si sarebbe fatto e avrei condannato gli altri che venivano rilasciati alla prigione. Ma soprattutto non potevo rifiutare questa opportunità per far finire le sofferenze della mia famiglia. Fossi stato da solo, non avrei mai firmato». Più di due mesi dopo il suo rilascio a sorpresa il quarantacinquenne Sutyaghin non ha ancora ricevuto dalle autorità russe nessun documento ufficiale sulla sua grazia. Senza, resta in un limbo legale e non può sapere cosa gli accadrà se prova a tornare in Russia. Autorevole ricercatore nel campo del controllo sulle armi presso un prestigioso think tank moscovita, Sutyaghin venne arrestato all’Fsb nel 1999 con l’accusa di aver venduto informazioni sul sottomarini nucleari e sistemi di allerta missilistica russi a una società britannica che, secondo i russi, era un paravento per la Cia. Sutyaghin riuscì a dimostrare in tribunale che tutte le informazioni da lui fornite erano state attinte da fonti aperte, soprattutto riviste straniere. Anche perché non aveva mai avuto accesso a informazioni segrete. «Non ho mai fatto la spia e non ho mai violato la legge», dice ora. «Ho dimostrato che tutte le informazioni da me utilizzate erano già state pubblicate. Ma l’Fsb aveva già annunciato di aver catturato una spia straniera, doveva mettermi dentro a ogni costo. Hanno condannato un innocente». La giuria e il giudice del suo primo processo, dopo aver ritenuto le prove fornite dall’Fsb insufficienti, furono immediatamente sostituiti. Al secondo processo, il giudice ha chiesto ai giurati - tra i quali quattro ex agenti dell’Fsb - solo di decidere se Sutyaghin avesse passato informazioni, invece di chiedere se avesse veramente svelato segreti di Stato. I tentativi dell’Fsb di raccogliere le prove hanno sfiorato certe volte la farsa. Lo scienziato racconta che la polizia era penetrata nel suo appartamento per piazzare un microfono in un orologio. Dopo qualche tempo si erano accorti che registrava solo il ticchettio dell’orologio. Tornarono per spostare la cimice, questa volta nascondendola in una gabbia di pappagallini dove registrò ore ed ore di cinguettio. Ci vollero cinque anni perché l’Fsb riuscisse finalmente a condannare Sutyaghin, che diventò così il detenuto con la più pesante condanna per spionaggio dai tempi dell’Urss. Il Dipartimento di Stato ha smentito che fosse una spia americana, cosa che non fece mai per gli altri tre russi scambiati con gli agenti catturati dall’Fbi. Sutyaghin venne condannato all’epoca della «mania delle spie», quando l’Fsb, temendo pesanti tagli, arrestava scienziati e ricercatori sospettati di essere agenti stranieri. In quasi 11 anni di reclusione Sutyaghin ha cambiato una decina tra colonie e prigioni. Ha condiviso una cella di 16 metri quadrati per otto letti con 32 detenuti, dormendo a turno, in due per branda. Ha trascorso un anno intero in una minuscola cella di punizione dalla quale veniva fatto uscire solo per un’ora al giorno. Prima del rilascio, aveva passato quasi cinque anni in una colonia di massima sicurezza, accanto ad assassini e criminali incalliti, ad Arkhangelsk, dove d’inverno la temperatura scende a meno 38 gradi. Abitava in una baracca di 190 metri che condivideva con altri cento detenuti, con sei lavandini per tutti e le toilette fuori. Poteva lavarsi una volta a settimana e il cibo consisteva in grano saraceno bollito, zuppa di cavolo, pane, tè e, di tanto in tanto, un piccolissimo pezzetto di carne. Lavorava sette ore al giorno, scaricando travi di legno, spazzando la neve e raccogliendo rifiuti, pagato 12 euro al mese. Durante la prigionia ha scritto centinaia di lettere e preparato un libro di storie satiriche sul carcere che ora spera di pubblicare. Ogni quattro mesi aveva diritto a una visita lunga tre giorni di sua moglie, che poteva venirlo a trovare anche negli intervalli, ma solo per parlargli al telefono attraverso un vetro. Per raggiungerlo da Mosca faceva 24 ore di treno. In dieci anni ha visto solo due volte le sue figlie, Oksana e Alexandra, che oggi hanno 20 e 18 anni. Le ragazze non ressero alla vista di loro padre dietro le sbarre. Aveva un buon rapporto con la maggioranza degli altri detenuti, che aiutava a scrivere le richieste di appello. L’aria nelle prigioni russe, dice Sutyaghin, è talmente insalubre e puzzolente, che i secondini portano fuori i cani da guardia ogni due ore, per non far loro perdere l’olfatto a causa del fetore. Oggi la sua vita è cambiata completamente. La settimana scorsa, finalmente, si è riunito con la moglie Irina, ingegnere. Si gode lunghe passeggiate. Skype è stato una rivelazione, ma la sua scoperta preferita resta Google Earth, che sbircia nella Russia patita di segreti come nessuna spia ha mai potuto fare. Su Internet ha rivisto la sua casa fuori Mosca e la sua prigione. «In carcere ti abitui alla stabilità, alla prevedibilità del tuo futuro», dice Sutyaghin. «Ogni cambiamento improvviso è uno stress. In un certo senso, ho cambiato una prigione con un’altra. Per me non è ancora finita. Non sono fisicamente capace di sorridere. Sogno di svegliarmi un giorno, libero, in una Russia libera. Voglio poter ricostruire la mia vita e dare alla mia famiglia la felicità che gli è stata negata per anni». Corrispondente da Mosca del Sunday Times di Londra