Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  settembre 26 Domenica calendario

Un lettore scrive: «La ragione addotta dall’assessore di Chieri, di isolare i portatori di handicap mentale in scuole specializzate, è certamente sgradevole ed offensiva perché parte dal presupposto che l’obiettivo è quello di permettere ai ragazzi “normali” di studiare senza essere disturbati e non si pone il problema di come gestire le esigenze dei portatori di handicap

Un lettore scrive: «La ragione addotta dall’assessore di Chieri, di isolare i portatori di handicap mentale in scuole specializzate, è certamente sgradevole ed offensiva perché parte dal presupposto che l’obiettivo è quello di permettere ai ragazzi “normali” di studiare senza essere disturbati e non si pone il problema di come gestire le esigenze dei portatori di handicap. La ragione è che queste scuole speciali in Italia non esistono. «Dal punto di vista educativo, tale soluzione sarebbe sicuramente migliore della situazione attuale perché permetterebbe ai portatori di handicap di fruire di un’educazione mirata alle loro esigenze e non di essere parcheggiati in classi che sviluppano programmi al di fuori dalla loro portata. «Ciò che non dice l’assessore Pellegrino è dove siano queste scuole specializzate e dove siano gli insegnanti di sostegno formati alla gestione dei diversi handicap. Un bimbo autistico pone problemi educativi diversi da quelli di un bimbo trisomico o dislessico. «La situazione attuale in Italia è che i portatori di handicap mentale devono per legge essere integrati nella scuola dell’obbligo ma la scuola dell’obbligo mette tali e tanti veti e barriere che di fatto i genitori finiscono per tenere i loro figli a casa. «Io, padre di un figlio autistico, dopo aver lottato per tre anni con la scuola del paese di residenza, la direzione Regionale della pubblica istruzione e la Regione Piemonte, ho dovuto gettare la spugna ed ho deciso di emigrare in Francia dove queste scuole specializzate esistono e funzionano. Non entro nel merito di che cosa mi sia costato lasciare l’Italia, la casa, i miei parenti più cari e ricominciare da capo. Per altro questa è stata una scelta dovuta all’esigenza di dare un futuro a mio figlio». ALESSANDRO MARENCO