GUIDO RUOTOLO, La Stampa 26/9/2010, pagina 4, 26 settembre 2010
Il timore dei finiani è la polpetta avvelenata - Si sono incontrati con i loro avvocati. E’ accaduto venerdì, l’altro ieri
Il timore dei finiani è la polpetta avvelenata - Si sono incontrati con i loro avvocati. E’ accaduto venerdì, l’altro ieri. Da una parte Gianfranco Fini, dall’altra Giancarlo Tulliani, il cognato. Non deve essere stato un incontro facile, sereno. Con Giancarlo che insisteva: «Giuro, io non c’entro nulla, quella casa non è mia, io pago l’affitto...». E Gianfranco che si dannava alla ricerca della verità. Non erano solo affari di famiglia, e il presidente della Camera i suoi dubbi li ha voluti comunicare senza infingimenti. Ieri mattina ha convocato i suoi più stretti collaboratori: Italo Bocchino, Benedetto Della Vedova, Flavia Perina, l’addetto stampa, Fabrizio Alfano, e Giulia Bongiorno. Un incontro per spiegare cosa avrebbe detto nel videomessaggio che da lì a poco avrebbe registrato e mandato in rete, per ragionare sulle possibili ricadute che il messaggio avrebbe provocato. Mentre tutto questo accadeva, a metà mattinata spuntava l’avvocato Ellero con il suo cliente. Poteva essere una atout formidabile per Fini. E invece nulla avrebbe fatto cambiare idea al presidente della Camera di presentarsi con i suoi dubbi, le sue incertezze, i suoi timori: «Non voglio sbilanciarmi, voglio solo fermarmi a quello che so per certo. E cioè anche a quello che non so». E, dunque, mentre Fini e il suo stato maggiore ragionavano sulle possibili ricadute del messaggio, gli altri finiani si interrogavano sull’avvocato Ellero. Racconta l’avvocato Nino Lo Presti: «Quando è spuntata l’assoluzione di Giancarlo Tulliani da parte di quell’avvocato ex leghista, ci siamo subito comunicati, via sms, i nostri dubbi. Quest’avvocato non ci convinceva. Che bisogno aveva di sottolineare che il suo cliente era facoltoso, in grado di comprarsi tutta la palazzina di Montecarlo? Un particolare che ci ha fatto riflettere. Abbiamo sentito puzza di bruciato. Di patacca, bufala, polpetta avvelenata. Ma poi, a meno che non decida di uscire allo scoperto, non sapremo mai chi è il vero titolare della società off-shore proprietaria dell’appartamento di Montecarlo». La pattuglia dei finiani doveva tirare un sospiro di sollievo. Dopo che da Santa Lucia era arrivata la conferma che quel «confidencial», che quell’appunto del ministro della Giustizia al suo presidente del Consiglio non era un falso, insomma che, a detta del ministro, dietro la società off-shore c’era Giancarlo Tulliani, la smentita di Ellero doveva essere accolta molto positivamente. E invece, da subito, i finiani hanno storto il naso. «Questa è una trappola di Berlusconi», il primo sms partito dai parlamentari di Futuro e Libertà non lasciava dubbi. «E’ amico dell’avvocato del presidente del Consiglio...». «Chi? Ghedini?». «No, Longo...». Terminato l’incontro con i suoi collaboratori, Gianfranco Fini è tornato a casa. Per spiegare alla sua compagna, ad Elisabetta Tulliani, cosa avrebbe detto di lì a poco. Anche su suo fratello Giancarlo. Sotto scopa, masticando amaro, la giornata è passata in attesa del videomessaggio alla nazione, via Internet, del presidente della Camera. Le prime indiscrezioni sul discorso di Fini, sulla sua presa di distanza dal cognato, il solo fare balenare il dubbio che Gianfranco Tulliani potesse essere il proprietario dell’appartamento monegasco, ha fatto dubitare più di un parlamentare: «Siamo morti...». Poi, le indiscrezioni hanno lasciato il posto al discorso messo in rete. E i commenti sono stati entusiastici. Il sottosegretario Pasquale Viespoli: «Fini ha dettato le condizioni per tornare al confronto politico anche aspro ma capace finalmente di rimettere al centro le grandi questioni che il governo e il Parlamento hanno il dovere di affrontare». Carmelo Briguglio: «Sulla casa di Montecarlo si è assunto responsabilità oltre i suoi doveri. Ha ribadito su etica pubblica e legalità le sue convinzioni profonde che lo differenziano in modo radicale da Berlusconi». Briguglio insiste: «Fini ha denunciato come un pericolo per tutti il dossieraggio e la campagna scandalistica senza precedenti, da cui esce a testa alta, da uomo di Stato, attento alle sorti della comunità nazionale».