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 2010  settembre 27 Lunedì calendario

FIAT, DIVIDERSI E DIRSI ADDIO. TRATTORI E TIR VERSO LA CESSIONE


"L’auto ora è libera", ha detto Sergio Marchionne all’assemblea del 16 settembre scorso chiamata ad approvare lo spin off dell’auto, cioè lo scorporo dello storico business della Fiat. Ma lo sono anche camion e trattori, ovvero Iveco e Cnh, che hanno già cominciato a camminare da soli sotto l’insegna della neonata Fiat Industrial.
A quanto pare, ancor prima di approdare in Borsa: l’attenzione dalla Daimler, che i tedeschi negano sia ancora una proposta di acquisto e che peraltro non sembra essere un fenomeno isolato, è un segnale chiaro e prefigura un’operazione che già nel 2011 potrebbe rivoluzionare la mappa dell’industria italiana ed europea.
Un pezzo di Fiat, di Torino e dell’Italia, potrebbe cambiare casa. E questo apre uno scenario nuovo nel quale potrebbero risultare modificati interessi e ruoli della famiglia Agnelli.
Nonostante le mezze smentite che assomigliano da vicino a mezze ammissioni i riflettori dei tedeschi erano puntati su Torino già da questa estate. Qualcuno dice ancora da prima, esattamente da quando Marchionne il 21 aprile aveva ufficializzato lo spin off.
La ritrovata vivacità dell’economia teutonica e forse anche il desiderio di dimenticare lo smacco del fallimento della loro stagione con Chrysler, deve aver attivato la casa di Stoccarda che sembra abbia provveduto a mandare alcuni suoi uomini «in visita» all’Iveco. Ufficialmente, perché tutti parlano con tutti e tutti vanno dappertutto: anche se nel quartiere generale torinese di Lungo Stura Lazio c’è chi non la vede proprio come ordinaria amministrazione.
Alcuni analisti ritengono che questa possa essere la nuova mossa della strategia di Marchionne verso la conquista del controllo della Chrysler, benché le due cose procedano autonomamente.
Che l’amministratore delegato del Lingotto abbia studiato e messo in atto lo scorporo per consentire all’auto da una parte e ai camion e ai trattori dall’altra di diventare, come ha detto John Elkann, «due società forti con ambizioni, obiettivi, persone pronte a realizzarli», è un fatto risaputo. Resta da vedere se l’interesse dei tedeschi è per Fiat Industrial nel suo complesso o soltanto per la parte relativa ai camion.
Le cifre di cui si parla, 9 miliardi di offerta contro una richiesta di 10,5, fanno pensare a un pacchetto comprensivo dei due rami di attività che costituiscono la neonata società. Con qualche ricaduta, si vedrà poi di quale entità, sul tessuto industriale di alcune aree italiane.
Nella scansione storica degli asset, Cnh e Iveco sono state sinora il secondo e terzo braccio della Fiat. La prima rappresenta il 20 per cento e la seconda il 14 per cento di Fiat.
Cnh, che ha il suo cuore a Racine, sulle rive del Lago Michigan, in Italia ha tre stabilimenti a San Mauro (Torino), Lecce e Iesi e i suoi dipendenti sono complessivamente 4 mila 600.
L’Iveco di fabbriche, sempre in Italia, ne ha quattro (Torino, Brescia, Suzzara, Avellino) con 9 mila dipendenti. Attraverso una rete di alleanze e acquisizioni, Fiat Industrial è presente su tutti i grandi mercati mondiali. Dunque rappresenta una società appetibile per chi ha interesse a diversificare o rafforzare, nel caso di Daimler, attività che possono bilanciare l’automobile sempre più destinata a subire i capricci della domanda anche dopo il superamento della crisi in atto.
Il colosso di Stoccarda è già presente massicciamente nel settore dei camion, leggeri e pesanti. Con l’acquisizione si rafforzerebbe ulteriormente e vedrebbe anche ridotta l’area della concorrenza con la quale sinora ha dovuto vedersela.
C’è qualche riserva circa il suo interesse ai trattori e alle macchine movimento terra. Una perplessità che è alimentata anche dal fatto che si fa fatica a immaginare un Marchionne pronto a cedere la Cnh, un gruppo al quale ha dedicato nei sei anni della sua presenza in Fiat un’attenzione non inferiore a quella per l’auto. Forse è per questo qualcuno parla della cessione solo di una parte di Fiat Industrial.
Da quando ha messo in cantiere lo spin off, Marchionne è sempre più convinto che Fiat e Fiat Industrial, separatamente, potranno conseguire in Borsa risultati migliori di quanto non abbiano fatto stando sotto un unico ombrello.
Ritiene anche che l’accoglienza delle nuova società da parte del mercato sarà buona e questo rende la parte camion e movimento terra più appetibile nel momento in cui dovesse riprendere i colloqui con i tedeschi o eventualmente con altri. Come presidente di Fiat Industrial, molto probabilmente, deve avere studiato questo passaggio con un occhio rivolto al grande progetto della fusione tra Fiat e Chrysler. Anche se dal momento in cui Industrial approderà in Borsa e, non essendo Cnh e Iveco consolidate nel bilancio Fiat com’è stato sinora, il ricavato di una loro cessione non potrà essere dirottato su altre società ma andrebbe direttamente agli azionisti.
Un utilizzo sul versante dell’auto sarebbe molto indiretto e presupporrebbe una scelta, se non di tutti gli azionisti di Fiat Industrial quanto meno della famiglia Agnelli che in questa società avrà una quota di controllo del 30,45.

Resta da vedere se gli interessi di Exor in futuro saranno ancora orientati verso attività come quelle dei camion e dei trattori.
Sino ad ora i risultati dei due asset, salvo una flessione che Iveco sta in parte recuperando, sono stati tali da non consigliare disinvestimenti.
Né gli Agnelli hanno mai manifestato intenzioni di disimpegno. Ma si trattava di una Fiat che adesso non c’è più. Col tempo potrebbe non essere così e questo potrebbe voler dire che la disponibilità finanziaria derivante da una vendita di Fiat Industrial potrebbe essere destinata a investimenti di diversificazione. Ferma restando la presenza della famiglia in una società dell’auto che a quel punto sarebbe comprensiva della partecipazione Chrysler.
Se qualcuno prova ad affacciare l’ipotesi che, nello scontro di questi mesi e ancora in atto col sindacato, Sergio Marchionne stia rischiando di mangiarsi il capitale di consensi e simpatie accumulato nei primi cinque anni a capo della Fiat, gli uomini della sua squadra rispondono che l’amministratore delegato del Lingotto è più interessato a vincere le guerre che non le battaglie. Se è così, la vittoria alla quale pensa oggi l’Ad del Lingotto è una vittoria in terra americana. Per conseguirla egli potrebbe aver scelto di concentrare tutte le sue attenzioni sul settore auto.
La partita è aperta e probabilmente richiederà nuove alleanze e forse anche qualche acquisizione. Per il 2014 ha messo in conto il raddoppio del fatturato dell’auto e la scadenza non è poi tanto lontana nel tempo. Per quella data dovrebbe maturare anche la possibilità di conquistare il controllo della Chrysler. Ma il 51 per cento della più piccola delle big three americane dell’auto potrebbe voler dire anche un impegno finanziario per Fiat. E i soldi devono pur arrivare da qualche parte. Anche se risulta difficile immaginarlo come un impegno tale da indurre la Famiglia Agnelli a mettere mano al portafoglio.