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 2010  settembre 26 Domenica calendario

2 articoli - IL VOLTO POP DEL MADE IN ITALY - Nati come oggetti utili sono diventati icone amate in tutto il mondo

2 articoli - IL VOLTO POP DEL MADE IN ITALY - Nati come oggetti utili sono diventati icone amate in tutto il mondo. Sedie, lampade, tavoli che hanno fatto innamorare prima gli intenditori e poi la gente comune realizzando la fortuna di molte aziende. È così che, dal 1945 in poi, il disegno diventa "design". Rigorosamente made in Italy. E ora anche la rivista Monocle, nuova bibbia di tutto ciò che fa tendenza, ha deciso di dedicare ai settantacinque anni del meglio della fantasia italiana un numero speciale: The Story of Italian Design. Alcuni oggetti hanno conquistato un posto d´onore nei musei. Altri, riveduti e corretti, sono ancora in produzione. Molti, nella loro versione originale, resistono alle mode. Ma altrettanti, imitati fino allo sfinimento, sono diventati pezzi-simbolo di una design-manìa considerata troppo "pop" (e a basso costo) per poter rispettare alti standard di creatività. Anche la formazione avrebbe le sue colpe. "Siamo tutti designer" sembra essere diventato il nuovo ritornello per molti ragazzi una volta terminate le superiori. Abbondano corsi di formazioni, le scuole spuntano come funghi. Alcune hanno una storia alle spalle, tante altre meno. E come spesso accade quantità non coincide con qualità. Ne è certa Patrizia Moroso, art director dell´omonima azienda: «Oggi "design" è una parola talmente abusata che pronunciarla diventa quasi fastidioso per chi se ne occupa seriamente. Esasperandola perde di significato mentre raffigura un sistema delicato, che innesca un processo virtuoso in grado di unire molteplici talenti». Anche per Carlotta de Bevilacqua, titolare del marchio Danese, la qualità «allargata» spesso annulla la qualità. «Nei momenti di perdita della bussola bisogna migliorare le condizioni di vita, e noi lo facciamo spostando l´attenzione sull´ambiente, sulla ricerca e sui materiali. Un esempio? Il posacenere Cubo, nato nel ´57, oggi che la lotta al fumo è universale di certo non andrebbe prodotto». Ma c´è anche l´altra faccia della medaglia: il prezzo. «Quantità contro qualità? In realtà noi abbiamo creato un effetto-democratizzazione che ha abituato la gente a confrontarsi con una scala di prezzi diversi», spiega il responsabile della comunicazione Ikea per l´Italia, Valerio Di Bussolo, «e osservando questo cambiamento anche gli altri produttori hanno dovuto fare i conti con un nuovo rapporto qualità-prezzo». Ernesto Gismondi, presidente di Artemide, va oltre e pensa alla storia del design made in Italy come a uno specchio della storia del Paese: «Nel ´45 l´Italia aveva un grande problema di ricostruzione e i designer erano come "affamati". Oggi, dopo decenni di opere geniali, onestamente siamo un po´ in difficoltà, c´è di tutto e per tutti». E dunque? «Per realizzare prodotti non stagionali bisogna puntare sull´uomo e sulle sue necessità, metterlo al centro del progetto. Prima di creare dobbiamo chiederci come facilitare la vita». Del resto le idee geniali sono nate proprio così, dallo studio di una necessità. Bruno Rainaldi, ideatore della libreria totem Ptolomeo, premiata con il Compasso d´oro, racconta: «Ho studiato le case di chi possedeva realmente tanti libri e, non sapendo dove metterli li impilava in colonne uno sull´altra. A quel punto ho creato una struttura a scomparsa ed è stato un grandissimo successo». IRENE MARIA SCALISE, la Repubblica 26/9/2010 QUEL GRUPPETTO DI ARCHITETTI E IMPRENDITORI CHE INVENTÒ UNA BELLISSIMA UTOPIA - Nel 1948 cominciano ad apparire i primi elettrodomestici e le prime cucine, ma nessuno sa ancora cosa sia il "design". Vengono considerati, semplicemente, "beni di consumo". Si inizia a parlare di design solo dopo il 1955. In quell´anno non ci sono ancora negozi, scuole, riviste. Solo un piccolo gruppo, non più di una quindicina di persone, tra architetti e qualche piccolo imprenditore persegue l´utopia di trasformare l´uomo anche con i piccoli oggetti necessari alla vita quotidiana. Non conoscono ancora i meccanismi perversi del mercato globale. Pensano che un oggetto perfetto sotto ogni punto di vista verrà capito e acquistato. Ma a metà degli anni Sessanta si vedrà che non funziona così. Tuttavia alcuni, come me, continuano a proseguire su questa direzione, sino agli anni Settanta. Poi, dagli Ottanta, tutte le imprese, per sopravvivere, accettano completamente l´orrore del mercato globale e cioè dello sfruttamento generale. Se oggi dovessi fare una mostra dei cento oggetti più belli, probabilmente sceglierei l´ottanta per cento degli oggetti industriali che non sono targati come pezzi design. Con questo voglio dire che non è possibile che "nani e ballerine" del progetto non siano stati in grado di inventarsi più di dieci tipologie di oggetti. E siamo arrivati al punto che se in qualche Salone del mobile vediamo un tavolo orrendo lo definiamo un pezzo di design. Negli ultimi trent´anni tutte le ragioni della qualità sono state dimenticate. Il design si è ridotto ad essere lo strumento pubblicitario per la vendita, e l´industria è diventata uno strumento del negozio. L´unico obiettivo richiesto dalle imprese è la diversità ossessiva: il mercato impone che uno stesso oggetto debba apparire diverso ogni sei mesi, e questo la dice lunga sulla qualità delle cose. Io ho sempre cercato di fare cose che durino anni. In questo senso oggi il design è morto. I giovani riescono a progettare qualche oggetto decente per pura casualità. Nei casi migliori sono "copie di copie" neppure fatte consapevolmente. L´unica cosa importante che siamo riusciti a realizzare negli ultimi trent´anni è soddisfare i bisogni di chi consuma. Continuiamo a riferirci al design dei pionieri perché l´attuale decerebrazione collettiva non consente di capire le ragioni ideologiche della crisi. E dunque l´unico progetto possibile, oggi, sarebbe "decondizionare" la gente. (Testo raccolto da Irene Maria Scalise) ENZO MARI, la Repubblica 26/9/2010