Sergio Rizzo, Corriere della Sera 26/09/2010, 26 settembre 2010
LE LITI E GLI SPRECHI AFFONDANO LA CARTA D’IDENTITA’ ELETTRONICA
Quattrocentocinquemilatrecentosettantadue euro. Con tutti quei soldi avrebbero potuto pagare per un intero anno scolastico lo stipendio a 30 precari. O magari fare il pieno a un po’ di macchine della polizia, che in molte zone a rischio del Paese sono perennemente a secco. Lo Stato ha invece preferito spenderli per gli avvocati, in una delle liti legali più grottesche e insensate, almeno per i contribuenti, che abbiano mai coinvolto due aziende pubbliche. Sono il Poligrafico dello Stato e il gruppo Finmeccanica: entrambe controllati dallo stesso azionista, il ministero dell’ Economia. La storia comincia nel 2005, quando il precedente governo di Silvio Berlusconi decide di affidare a un’ azienda pubblica appena costituita il compito di realizzare la famosa carta d’ identità elettronica, un progetto di cui all’ epoca si parla già senza costrutto da diversi anni. In quella società, pomposamente battezzata Innovazione e Progetti, ci sono il Poligrafico dello Stato, le Poste e la Finmeccanica, quest’ ultima attraverso la controllata Selex service management. Inizialmente entrano nella partita anche due privati: la Eds Italia, filiale del gigante informatico americano, e la Livolsi Investments, di proprietà del banchiere d’ affari dicono più amato dal Cavaliere, Ubaldo Livolsi. Ma dura poco. La sinistra vince le elezioni politiche, Romano Prodi torna alla presidenza del consiglio e i soci privati si dileguano. Passa ancora un anno e visto che non si è combinato nulla, il governo decide di mettere in liquidazione la società. Non senza aver prima speso 192.749 euro per «compensi al consiglio di amministrazione, al collegio sindacale e alla società di revisione, nonché spese amministrative per adempimenti di legge». E aver assegnato al presidente Claudio Rovai un bonus di 60 mila euro come «speciale remunerazione» in considerazione «di tutti i vari problemi, anche di tipo istituzionale, legale e amministrativo, affrontati e risolti». Senza avere evidentemente la più pallida idea di quello che sarebbe accaduto in seguito. Perché quattro mesi dopo la Finmeccanica, che probabilmente al ricco affare della carta d’ identità elettronica ci aveva fatto la bocca, impugna la delibera di scioglimento. Il tribunale civile di Roma accoglie il ricorso e sospende la decisione di mettere in liquidazione la società. Innovazione e Progetti, appena sepolta, viene quindi riesumata: insieme al consiglio di amministrazione, al collegio sindacale, annessi e connessi. Ma non è finita qui. Sorge pure un altro contenzioso, perché il Poligrafico pensa bene di bandire una gara per la fornitura dei supporti della fantomatica carta d’ identità elettronica. La Finmeccanica non ci sta e fa di nuovo causa: questa volta davanti al Tar. Fra ricorsi, controricorsi, appelli e controappelli, alla fine la spunta. E si ricomincia daccapo. Mentre a fregarsi le mani sono soltanto gli «importanti studi professionali» dei quali, c’ è scritto nel bilancio 2009 della società, il consiglio di amministrazione si è dovuto «avvalere per la conduzione del contenzioso legale», non avendo «personale alle dirette dipendenze». E ci mancherebbe altro, si potrebbe aggiungere. «Importanti studi professionali» che hanno staccato parcelle altrettanto importanti: 405.372 euro. Un conto al quale bisogna certamente aggiungere gli 80 mila euro dei compensi del consiglio di amministrazione e i 35 mila di quelli dei sindaci revisori, dato che durante l’ anno quella della lite con la Finmeccanica è stata l’ unica attività svolta. Per un totale di 520.372 euro. Questo soltanto a carico del bilancio di Innovazione e Progetti. Per avere il conto esatto di quanto la battaglia sia costata finora ai contribuenti bisognerebbe sommare anche le parcelle pagate direttamente dai due litiganti, cioè il Poligrafico dello Stato e la Finmeccanica. Non poteva poi mancare una ciliegina sulla torta: nel 2009 il presidente Rovai era contemporaneamente alla presidenza anche di una società della Finmeccanica (la Mars) e di una società del Poligrafico (la Editalia), cioè i due litiganti. Riassumiamo. Da più di cinque anni esiste una società (pubblica) che avrebbe la missione di dare agli italiani la carta di credito elettronica, ma finora non ha fatto assolutamente nulla. Per giunta si tratta di una società con 30 milioni di euro di capitale, di cui 7 milioni e mezzo sono stati già versati. Da anni, nonostante la sete di denaro delle casse pubbliche, inutilmente depositati in banca mentre procedeva la battaglia legale fra due soci (pubblici) con lo stesso azionista (pubblico). Senza che questo fosse stato in grado di farli smettere. C’ è chi dirà che i problemi dei conti pubblici non si risolvono certamente con 520.372 euro. Verissimo. Ma perché buttarli dalla finestra?
Sergio Rizzo