Aridea Fezzi Price, il Giornale 27/9/2010, pagina 23, 27 settembre 2010
La perfida Albione ride di Mussolini - Il culto e la figura del Duce sono al centro di studi e ricerche anche in Inghilterra, dove la storiografia, sia pure più intenta a demolire che a capire, non cessa di scavare intorno a un tema che l’affascina
La perfida Albione ride di Mussolini - Il culto e la figura del Duce sono al centro di studi e ricerche anche in Inghilterra, dove la storiografia, sia pure più intenta a demolire che a capire, non cessa di scavare intorno a un tema che l’affascina. Scriveva Richard Lamb nella sua eccellente analisi Mussolini and the British (John Murray, 1997), «la popolarità di Mussolini, soprattutto durante i primi anni al potere, non può essere sopravvalutata. Era dotato di un notevole charme e di una personalità ipnotica. La sua tecnica oratoria era superficiale, chiassosa e volgare, ma funzionava». E paradossalmente continua a funzionare, se con gli auspici dell’Arts and Humanities Research Council è stato lanciato un progetto di ricerca col titolo «The Cult of the Duce: Mussolini and the Italians, 1918-2005», curato da Stephen Gundle dell’Università di Warwick con la collaborazione dello storico Christopher Duggan dell’Università di Reading e Giuliana Pieri dell’Università di Londra, che si prefigge di studiare in profondità l’impatto del culto della personalità di Mussolini dal 1918 al 1945, e il persistere dei suoi effetti fino ai nostri giorni. Un fenomeno non puramente politico, osservano gli storici in questione, ma peculiarmente moderno e guidato nelle sue innumerevoli sfaccettature da fattori che andavano oltre il regime stesso. Al centro del progetto la rassegna aperta dal 23 settembre all’Estorick Museum di Londra, Against Mussolini: Art and the Fall of a Dictator (fino al 19 dicembre), una disamina dell’arte antifascista prodotta in Italia e all’estero prima del 1943 e subito dopo, che vuole far luce, dicono gli organizzatori, su una pagina ancora poco esplorata della cultura moderna italiana. All’Estorick dunque è di scena il declino del culto, con disegni, dipinti, satire e caricature che denunciano in modi diversi le vanità della dittatura. Nell’insieme le opere, siano le satire che traducono il Duce in una figura grottesca e tragicomica oppure le meditazioni sull’occupazione nazista e la Guerra civile, presentano un raro spaccato delle reazioni delle arti figurative in un periodo di transizione ancor oggi controverso. Dominano la mostra le opere di Tono Zancanaro, con le grottesche figure di Gibbo e la lasciva Patria al di sopra del partito , e la serie Dux di Mino Maccari, opera di piccole dimensioni in deliberato contrasto con la monumentalità delle statue e dei dipinti del regime, il suo Mussolini (1943) straordinariamente espressionista a metà strada fra Ensor e Grosz. Espressioniste anche le opere presenti di Guttuso, il magnifico Massacro (1943) che riflette Picasso, mentre le Fucilazioni e Crocefissioni continuano il realismo simbolico del suo celebre Fuga dall’Etna di cui qui vediamo uno studio (1940). Il realismo nell’arte che sarebbe diventato l’estetica dominante del dopoguerra è con semplicità e immediatezza anticipato nei disegni schizzati dei partigiani negli ultimi mesi della guerra, opere di Neonato, Magnani e Cenni. Mario Mafai salta all’occhio con alcuni esemplari dei suoi due cicli di pitture Fantasie e Demolizioni . Intrise di espressionismo nordico le prime - Truppe di occupazione , Conquistatori , Dirigenti ,Interrogatorio– , incisive comeI disastri della guerra di Goya,si contrappongono alla serie sottilmente eversiva delle seconde,sulladistruzione di aree dell’antica Roma per far largo alla nuova urbanisticadel regime. Inquietante satira ilBassorilievo di Cristo con generaledi Manzù, e poi lavori di Garelli, Pizzinato, gli schizzi a carboncino di BazzaniL’olio di ricino , Gli eroi del manganello .Dall’Italia il caleidoscopio dell’ostilità al regime è vasto e profondo, tratteggiato di rabbia, amarezza e disincanto. Il disprezzo viene dall’estero, nella prospettiva prevalentemente anglosassone, con i disegni satirici pubblicati sulla rivista Punch e con altre caricature che calcano sullo stereotipo del «carattere italiano», il Duce «buffone», il «Falstaff of the fascisti ». «L’impatto in Italia delle caricature straniere fu quasi zero – osserva Stephen Gundle -, ma all’estero ebbero il ruolo di formare e col tempo minare la reputazione del fascismo e del suo leader». Alla fine colpisce invece l’intensità della telaThe executiondi Merlyn Evans, testimone oculare dello spettacolo di Piazzale Loreto, le cui forme astratte contorte e sovrapposte, nei toni bruni, si tingono di un cupo espressionismo.