Marco Del Corona, Corriere Economia 27/9/2010, 27 settembre 2010
AUTO, DUELLO RUGGENTE SULLE STRADE CINESI
Neppure nella realtà gli orizzonti del Tibet sono belli come negli spot delle automobili sulla Cctv o sulla Beijing Tv. Luce cristallina, sottili nastri d’asfalto che incidono altopiani incontaminati. E neppure nella fantasia le strade riescono a essere terrificanti come a Pechino alle 8 di mattina, con ingorghi che devastano i nervi di milioni di cittadini.
Il matrimonio fra la Cina e l’automobile sta lì in mezzo, tra la passione e la disillusione, nutrito dall’affermarsi di una classe media che ormai non è prerogativa delle metropoli e della costa. I 13,79 milioni di auto vendute nel 2009 hanno certificato il sorpasso della Cina sugli Usa come primo mercato del mondo. E non è che l’inizio.
Voglia
La Cina ha voglia di auto, le auto si vendono. Ai primi di settembre la Caam (l’Associazione cinese delle case automobilistiche) ha stimato che entro il 2015 si arriverà a quota 25 milioni di vetture vendute in un anno. Si parla di «fame di auto» e un sondaggio del Quotidiano della Gioventù ha stabilito che nelle città il 60,2% ha in progetto di acquistare una macchina entro 5 anni, il 16% già la possiede e solo poco più di un quinto esclude di comprarne una.
La spinta per l’acquisto? La comodità. O forse, come invece chiosa uno psicologo dell’università Fudan di Shanghai, Sun Shijin, «si tende a usare l’auto per mettersi in mostra e placare il proprio vuoto spirituale».
Tutt’altro che vuote, invece, sono le strade cinesi. Quindici città hanno più di un milione di auto. A Pechino 3 e mezzo, destinate a raddoppiare in 5 anni, quando la velocità di crociera precipiterà a 15 km/ora. Eppure il traffico che gli spot tv tacciono e che invece riempie giornali e web non sembra (ancora) funzionare da deterrente.
Eccesso
La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, il cuore della pianificazione, ha avvertito: la sovraproduzione di auto rischia di minacciare uno sviluppo economico sostenibile e va fermato. E «con risolutezza». Perché — un esempio — ci sono fabbriche che funzionano 20 ore al giorno. La replica dei produttori è arrivata nemmeno 24 ore dopo: macché, «caso mai il nostro problema è non avere abbastanza capacità » ( così i vertici della Dongfeng Automobile) e «ammesso che la produzione sembri eccessiva, il mercato ha un grande, ulteriore potenziale» (Hu Xinmin, presidente onorario della Caam).
Ormai 27 delle 31 province e regioni hanno impianti in grado di produrre auto, e nella partita sono inclusi a pieno titolo i produttori stranieri. La legge cinese impone che una casa automobilistica d’oltreconfine possa operare al massimo con la formula della joint venture al 50%. Se per Audi la Repubblica Popolare è ilmercato principale, Volkswagen nel 2010 arriverà a vendere in Cina — secondo le proiezioni — sui 2 milioni di macchine. Ancora: «La Cina è un faro», ha dichiarato al China Daily il numero uno della Daimler per l’Asia del Nordest Ulrich Walker, con la Mercedes Benz che in agosto ha fatto registrare un raddoppio delle vendite mentre la Bmw conta di incrementarle quest’anno del 30%. Le importazioni coprono una fetta minore del mercato, con 169.603 auto nei primi sei mesi dell’anno (+126% sul 2009), e anche qui la Germania domina, prima con il 63% dell’import, contro il 24% del Giappone e solo il 4% degli Usa.
Critiche
Non è un caso che, per l’associazione cinese dei rivenditori, il pubblico cinese consideri i modelli statunitensi « grossi, costosi, dai design esagerati e dai consumi troppo alti». Ma GM resta il maggior produttore straniero in Cina.
Le prospettive dell’immediato futuro saranno caratterizzate anche da come i produttori (e i consumatori) risponderanno all’impulso governativo allo sviluppo di tecnologie meno inquinanti e a consumi energetici ridotti. E un ruolo giocherà anche la sfera del lusso, in vertiginosa crescita. Un Eldorado, per ora.
Secondo uno studio della società di consulenze AlixPartners, le case automobilistiche nel 2009 hanno quasi raddoppiato i loro profitti e « il mercato crescerà del 15-20% nei prossimi 5 anni». Le insidie ci sono, però. Due top manager su 3, infatti, cominciano a preoccuparsi dell’aumento dei costi vivi. E in ogni caso — sintetizza Ivo Naumann, direttore della AlixPartners — è «improbabile che il momento positivo di profitto possa essere mantenuto» se le aziende, tra l’altro, «non adattano meglio il loro know-how al mercato locale». Ottimizzare ora, dunque, perché la festa potrebbe, se non finire, farsi meno divertente.
La Cina dell’auto comincia ad affollarsi. Assomiglia più ai viali di Pechino che al vergine Tibet.