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 2010  settembre 26 Domenica calendario

Le amnesie sospette di Gianfry - È d’obbligo una premessa al monologo di Fini in cui scari­ca clamorosamente il cognato, mischia le carte sul prezzo di vendita, inciampa sui lavori di ristrutturazione, ritratta sui ser­vizi deviati

Le amnesie sospette di Gianfry - È d’obbligo una premessa al monologo di Fini in cui scari­ca clamorosamente il cognato, mischia le carte sul prezzo di vendita, inciampa sui lavori di ristrutturazione, ritratta sui ser­vizi deviati. Questa stramale­detta storia di Montecarlo ogni giorno di più regala coinciden­ze inquietanti. Che convergo­no tutte su Giancarlo Tulliani: coincidenza vuole che fu lui il primo e il solo a sapere (chissà come e da chi) che l’apparta­mento di An a Montecarlo era in vendita; fu personalmente lui a proporre a Fini la cessione a una società off-shore ; fu lui, coincidenza, che si ritrovò affit­tuario dello stesso apparta­mento nel frattempo acquista­to da una seconda società off­shore che, coincidenza, era col­legata alla prima attraverso al­tre società dove, coincidenza, figura sempre l’amministrato­re James Walfenzao a cui Tullia­ni, coincidenza, recapita le sue utenze personali. A due mesi dallo scandalo, coincidenza, spunta un avvocato vicentino che parlando a nome di un cliente italiano (di cui non fa il nome)giura che l’appartamen­to di Princesse Charlotte è del suo cliente. La coincidenza nel­la coincidenza è che il legale si appalesa non appena s’è avuta conferma della bontà del docu­mento diffuso a Santo Domin­go che inchioderebbe Tulliani alla società Timara Ltd, e non appena Fini ha fatto sapere che a due mesi dallo scoop del Gior­nale dirà la sua verità dopo es­se­r già scivolato sulla nota di ot­to punti in cui incautamente ri­velava la data della seconda vendita (che non poteva, e do­veva, conoscere).Tra le coinci­d­enze dell’ultima ora va segna­lata l’uscita del redivivo Tullia­ni che si dice tranquillo «col contratto in tasca». Parlano tutti,all’improvviso. I protagonisti dell’ affaire , noti e meno noti, trascorsi due mesi di silenzio hanno ritrovato la voce. Nelle interviste l’avvoca­to vicentino ha rimarcato un concetto, anzi due: il cliente mi ha contattato solo mercoledì di­cendomi di essere il proprieta­rio, ma non so dire da quanto tempo, della società Timara poiché lui ha in mano le azioni: «Fino a ieri sera era sua, ma es­sendo un titolo al portatore in un giorno può cambiare anche proprietario».Una frase che do­veva essere ironica e che inve­ce riapre il capitolo, evocato nelle scorse settimane, della possibilità di un possibile cam­bio in corsa delle azioni che so­no in tasca al solo portatore, e che possono essere scambiate in qualsiasi momento, senza particolari transazioni, senza che nessuno possa mai venirlo a sapere. Per evitare brutti pen­sieri occorrerebbe che il pro­prietario dell’appartamento non si nascondesse ai giornali­sti ed esibisse subito le carte. Perché se vale quel che dice l’avvocato, altrettanto vale quel che afferma un ministro di uno Stato straniero. E veniamo al discorso, senza contraddittorio, inviato su You Tube dal presidente della Ca­mera. Che per la prima volta mette le mani avanti e getta dubbi, pesantissimi, sul cogna­to: «Certo anche io mi chiedo, e ne ho pieno diritto visto il puti­ferio che mi è stato scatenato addosso, chi è il vero proprieta­rio della casa di Montecarlo? È Giancarlo Tulliani, come tanti pensano? Non lo so. Gliel’ho chiesto con insistenza: egli ha sempre negato con forza, pub­blicamente e in privato. Resta­no i dubbi? Certamente, anche a me. E se dovesse emergere con certezza che Tulliani è il proprietario e che la mia buo­na fede è stata tradita, non esite­rei a lasciare la Presidenza del­la Camera ». Parole pesanti, pe­santissime. Rincarate dalla ri­chiesta, fatta al cognato, di la­sciare al più presto la casa: «Gliel’ho chiesto più volte,spe­ro lo faccia se non fosse altro che per restituire un po’ di sere­nità alla mia famiglia». Terrifi­cante. I dubbi di Gianfranco Fini si rifanno, evidentemente, an­che alla circostanza che «l’11 lu­glio del 2008 (stavolta la data è quella giusta, ndr ) la casa di Montecarlo è stata venduta da An alla Printemps Ltd segnala­tami da Giancarlo Tulliani». Chi la segnalò al cognato, Fini non lo dice,anche perché den­tr­o An nessuno sapeva che l’im­mobile era in vendita. Così co­me non dice se il fratello della compagna gli ha spiegato co­me faceva a conoscere la socie­tà off-shore caraibica Printem­ps, che si interfacciò col parti­to, posto che questa era nata so­lo 45 giorni prima del rogito. Neanche una parola di Fini sul­la coincidenza che con un’al­tra società off-shore il cognato riuscì ad andare in affitto a soli 1.600 euro al mese. A proposito di off-shore («che a differenza di altri che hanno usato, e usa­no, queste società per meglio tutelare i loro patrimoni fami­liari o aziendali », riferimento a Berlusconi non è casuale): per Fini è normale che un partito si rivolga a una società che ha se­de nei paradisi fiscali e che po­trebbe nascondere, tra i soci, anche un criminale. «È stato scritto: ma perché venderla ad una società off-shore , cioè resi­dente a Santa Lucia, un cosid­detto paradiso fiscale? Obiezio­ne sensata, ma a Montecarlo le off-shore sono la regola e non l’eccezione». Follia. Al suo ex partito, negli anni, sono state avanzate svariate proposte da persone residenti in Italia. Pro­poste ben più interessanti di quelle che hanno portato ad alienare l’appartamento a soli 300mila euro. E qui si apre un altro capitolo imbarazzante per la terza carica dello Stato: «Il valore stimato dall’apparta­mento, che non è una reggia an­che se sta nel Principato, 50-55 metri quadrati, è di 230mila eu­ro (…). Il prezzo della vendita, 300 mila euro, è stato oggetto di buona parte del tormentone estivo. Dai miei uffici fu consi­derato adeguato perché supe­rava del 30 per cento il valore stimato dalla società immobi­liare monegasca che ammini­stra l’intero condominio». Sti­ma che risaliva a dieci anni pri­ma, ma questo Fini si dimenti­ca di riferirlo. Stima che fa inor­ridire gli addetti ai lavori del Principato, che dal 2008 ad og­gi cristallizzano la «stima» per quel tipo di immobile ben oltre il milione e mezzo di euro. «Si poteva spuntare un prezzo più alto?» si chiede Fini, che si dà pure la risposta: «È possibile. È stata una leggerezza? Forse. In ogni caso, poiché la Procura di Roma ha doverosamente aper­to una indagine contro ignoti, a seguito di una denunzia di due avversari politici e poiché, a dif­ferenza di altri, non strillo con­tro la magistratura, attendo con fiducia l’esito delle indagi­ni ». Anche qui Fini non fa fun­zionare bene la memoria can­cellando le tante offerte, ufficia­li ed ufficiose, arrivate al parti­to. A cominciare da quella su­periore al milione avanzata per conto terzi dal senatore An­tonino Caruso e di cui il parla­mentare ha dato ampia prova ai pm. Altra amnesia: «Come ho già avuto modo di chiarire, solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva il si­gnor Giancarlo Tulliani. Il fatto mi ha provocato un’arrabbia­tura colossale, anche se egli mi ha detto che pagava un regola­re contratto d’affitto e che ave­va sostenuto le spese di ristrut­turazione. Non potevo certo co­stringerlo ad andarsene, ma certo gliel’ho chiesto e con toni tutt’altro che garbati». Stavolta non cita la fidanzata che «solo dopo la vendita» le disse che l’affittuario era il fratello forse perché dalla lettura mattiniera del Giornale aveva appreso che secondo il costruttore inca­ricato di seguire inizialmente i lavori di restauro, anche Elisa­bet­ta aveva partecipato fattiva­mente alla ristrutturazione. Fi­ni precisa di essersi arrabbiato solo con lui,che tra l’altro gli ha rifilato un’altra panzana se è ve­ro, come ci ha detto il titolare della società che ha rimesso a nuovo l’appartamento, che a pagare non fu Giancarlo ma la Timara. Lapsus? «Ho sbaglia­to? Con il senno di poi mi devo rimproverare una certa inge­nuità. Ma, sia ben chiaro: non è stato commesso alcun tipo di reato, non è stato arrecato al­cun danno a nessuno». Quan­to al documento che a Santo Domingo inchioda il cognato, Fini evoca pagine oscure, con deviazioni non più attribuibili ai servizi segreti (la cui lealtà istituzionale è fuori discussio­ne al pari della stima che nutro nei confronti del sottosegreta­rio Letta e del prefetto De Gen­naro). Ce l’ha con «personaggi torbidi e squalificati», con «fac­cendieri professionisti » che an­drebbero a caccia di prove per incastrarlo.Ce l’ha con lalette­ra che doveva restare riservata e che invece «è finita in mondo­visione » perché il ministro era preoccupato del buon nome del paese messo a repentaglio da società off-shore che aveva avuto a che fare con un apparta­mento, mica con quelle dietro alle quali si nascondono«traffi­canti d’armi e di droga ».Ce l’ha con i manganellatori delle noti­zie. Ce l’ha col cognato.Ce l’ha col mondo intero, tranne che con se stesso «perché per quel che mi riguarda ho certamente la coscienza a posto». Chissà se ne è davvero convinto.