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 2010  settembre 25 Sabato calendario

INTERVISTA A GIAMPAOLO LETTA

L’autunno caldo delcine­ma italiano è iniziato ben pri­ma del 21 settembre. È stata soprattutto la Mostra di Vene­zia­a innescare una serie di po­lemiche, a cominciare dal ver­de­tto che ha ignorato i film ita­liani all’intenzione, ribadita anche ieri dal ministro dei Be­ni culturali Sandro Bondi, di «mettere becco» nella compo­sizione della giuria venezia­na. Intanto, nelle sale sono ar­r­ivati i film della nuova stagio­ne.
Il Giornale ha scelto di par­lare di questi temi con Giam­paolo Letta, amministratore delegato e vicepresidente di Medusa Film, la casa di produ­zio­ne cinematografica più im­portante d’Italia. «Sì, è un au­tunno caldo per il nostro cine­ma », acconsente Letta, «però per gli incassi dei nostri film è iniziato abbastanza bene. Inoltre, da qui a Natale ci sa­ranno altre uscite, non solo di Medusa, che inducono a un certo ottimismo».
Ancor prima, Medusa ha iniziato vincendo il Leone d’oro con Somewhere di So­fia Coppola...
«È il primo Leone d’oro vin­to da Medusa. Un risultato che ha favorito il discreto an­damento commerciale di un film d’autore,quindi non di fa­cile presa sul grande pubbli­co ».
Da La solitudine dei nume­ri primi di Saverio Costan­zo vi aspettavate un risulta­to commerciale migliore?
«Escluso dai premi di Vene­zia, il film di Costanzo sta avendo quello del pubblico, che è il premio che ci interes­sa di più».
Per una major come Medu­sa è co­sì importante la par­tecipazione ai festival?
«I festival catalizzano l’at­tenzione dei media. Lì le pelli­cole minori possono essere vi­ste e apprezzate dalla critica. Per i film con i cast più scintil­lanti la partecipazione al con­corso è rischiosa ed eccitante al tempo stesso. Ci si può im­battere in reazioni imprevi­ste. La critica spesso deve lavo­rare in condizioni non ottima­li e fornire il proprio giudizio in tempi stretti, mentre maga­ri servirebbe una riflessione più approfondita. Infine, nel clima da stadio che condizio­na certe proiezioni può basta­re che si levi qualche fischio isolato perché l’indomani i giornali enfatizzino quell’uni­ca espressione di dissenso».
Avete fatto uscire i vostri film quasi in contempora­n­ea con la proiezione vene­ziana e a Roma portate
Last night che sarà il film d’apertura...
«Abbiamo sempre fatto que­sta scelta. L’anno scorso Baa­rìa uscì due settimane dopo il passaggio veneziano. Que­st’anno abbiamo pensato che Somewhere e La solitudine dei numeri primi potessero avere un lancio positivo a prescinde­re dai premi. Poi è arrivato an­che il Leone d’oro...».
Cosa dice delle polemiche seguite al verdetto venezia­no?
«Mi fa sorridere che subito dopo l’assegnazione dei pre­mi gli stessi che considerava­no Tarantino un cineasta e un grande presidente di giuria ab­bia­no preso a criticarlo aspra­mente.
Ritengo anche offensi­vo per gli altri giurati aver insi­nuato che si siano fatti plagia­re da lui per premiare la sua ex fidanzata. Com’è noto è stato un verdetto all’unanimità».
I film italiani sono stati sot­tovalutati? È giusto che i nostri registi si siano risen­titi?
«Se si decide di partecipare ai festival bisogna accettare i verdetti. L’anno scorso noi iscrivemmo Baarìa al concor­so, sperando ovviamente in un premio. Non arrivò e ce ne facemmo una ragione. Preten­dere che i film del paese ospi­tan­te il festival abbia un tratta­mento di riguardo è un po’ in­fantile. Ai festival ci sono le giu­rie. Sarebbe un errore pensa­re che i loro verdetti siano la parola definitiva sulla vita e il successo di un film. E dunque è sbagliato ritenere che l’as­senza di premi equivalga a un cinema che non emoziona e non varca i confini nazionali. Con Gabriele Muccino e Pao­lo So­rrentino noi stiamo guar­dando con crescente soddisfa­zione alle coproduzioni con le industrie straniere».
A proposito di giurie, cosa dice dell’idea del ministro Bondi di «mettere becco» in quella della Mostra di Venezia?
«Credo sia sbagliato. Secon­do me il ministro ha detto co­raggiosamente cose che pen­sano in tanti. Ma la parte che riguarda l’influenza sulle giu­rie non la condivido. Per esem­pio, partecipando al Festival di Cannes noi italiani potrem­mo sentirci poco tutelati se la giuria fosse nominata dal mi­nistero francese. Al direttore artistico delle manifestazioni viene assegnato un mandato di fiducia per la scelta del car­tellone, dei contenuti e della giuria. Di conseguenza biso­gn­a lasciargli la necessaria au­tonomia editoriale alla perso­na scelta».
Mentre in Francia Godard capeggia il fronte per il download libero, Blockbu­ster ha avviato la procedu­r­a per la bancarotta assisti­ta...
«Per frenare la crisi dell’ho­mevideo è indispensabile una legislazione molto rigida contro la pirateria che, da una ricerca Ipsos, nel 2009 ha pro­vocato una perdita di fattura­to potenziale di 500 milioni di euro.L’industria dell’audiovi­sivo va tutelata. In Francia, do­po tre avvertimenti a chi scari­ca illegalmente, scatta la di­sconnessione da internet. Sanzioni ancor più drastiche sono comminate a chi intro­duce illegalmente materiali vi­deo. D’altro canto si deve favo­rire la possibilità di accedere al mercato audiovisivo via web a pagamento».
«This must be the place», il prossimo film di Sorren­tino protagonista Sean Penn, è una coproduzione internazionale con bud­get di 28 milioni di dollari, 70 per cento dei quali pro­veniente da denaro italia­no con una quota di Banca Intesa. Questa formula può essere vincente per il futuro?
«Assolutamente sì.Noi l’ab­biamo abbracciata per una produzione impegnativa co­me questa, ma nulla esclude che si adotti anche per proget­ti più contenuti. Il coinvolgi­mento di soggetti terzi, inte­ressati a investire nel mondo del cinema attraverso lo stru­mento del tax shelter , è la stra­da giusta per introdurre risor­se fresche nel mercato e allon­tanarsi dalle logiche assisten­zialiste e dei finanziamenti statali.L’auspicio, piuttosto,è che il provvedimento venga al più presto rinnovato».