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 2010  settembre 25 Sabato calendario

I soldi dei poveri per riscaldare Palazzo Reale - La Regina Elisabetta chiese aiuto al suo governo per riscaldare il palazzo reale

I soldi dei poveri per riscaldare Palazzo Reale - La Regina Elisabetta chiese aiuto al suo governo per riscaldare il palazzo reale. Già la richiesta appare strana, se poi si scopre che Sua Mae­stà voleva approfittare di un fondo di povertà per far fronte all’aumento delle spese per i suoi radiatori, la notizia sem­bra quasi una burla. Invece è tutto vero e documentato dal quotidiano inglese The Inde­pendent che in questi giorni sta rivelando gli accordi segre­ti tra il governo britannico e la monarchia avvenuti negli ulti­mo anni. E le sorprese, come si può vedere, non mancano. Il giornale racconta come dal 2006 un patto segreto tra Whitehall e la Casa Reale mi­se fine di fatto all’indipenden­za della gestione delle risorse finanziarie stanziate ad Elisa­betta e alla sua famiglia dallo Stato inglese. In un documen­to viene infatti precisato nero su bianco che, in caso di disac­cordo sull­a modalità delle spe­se effettuate dalla Regina, i mi­nistri potevano ordinare uti­lizzi diversi. Una bella mazza­ta, non solo per Sua Altezza ma per la stessa istituzione monarchica. I tempi cambia­no del resto, ma quanto pare la Ca­sa Reale se n’era già accorta. Prag­matica come i suoi sudditi, Elisabetta non ha mai perso tempo in inutili e pedanti repliche sull’importanza del suo titolo nobi­liare. Anzi, già un paio d’anni prima che l’accordo ve­nisse stipulato im­pedendole di sce­gliere come spen­dere i soldi statali, aveva deciso che tanto valeva comportarsi come una qua­l­unque anziana signora in dif­ficoltà. Così, nel 2004, quan­do il prezzo del petrolio è sali­to alle stelle e i conti del riscal­damento pure, ha chiesto una sovvenzione per coprire i co­sti del riscaldamento di casa propria. Peccato che fosse lo stesso sussidio solitamente destinato a scuole, ospedali, associazioni e famiglie con reddito basso. Forse presi alla sprovvista, inizialmente i fun­zionari preposti avevano ac­cettato la domanda, ma in un secondo tempo avevano pre­cipitosamente fatto marcia in­dietro. Il giornale racconta di una lettera spedita dal Teso­riere della Casa Reale in cui ci si lamentava dell’incredibile aumento dei conti relativi a gas ed elettricità spiegando che la spesa, aumentata del 50 per cento nel giro di un an­no, ha portato i costi al di so­pra del milione annuo ed è di­venuta ’insostenibile’. Inol­tre, spiegavano a Palazzo, le sovvenzioni di 15 milioni all’ anno destinate alla Famiglia Reale erano ormai assoluta­mente ’inadeguate’ ai tempi. Per tutti questi motivi il Teso­riere si domandava se non fos­se possibile attingere dal fon­do per il risparmio energetico che all’epoca era di 60 milioni di sterline, per ottenere un pic­colo supplemento. Sorprendentemente, all’ini­zio gli uffici preposti non op­posero obiezioni alla richie­sta spianando la strada all’ apertura di una pratica ammi­­nistrativa sebbene si sapesse che già altre dimore reali mi­nori o­ccupate da parenti di Eli­sabetta usufruivano dello stes­so fondo speciale. Nell’agosto del 2004 però, le cose cambia­rono drasticamente come spiega sempre l’ Independent . Nel timore di una reazione in­dignata da parte dell’opinio­ne pubblica, il governo fece sa­pere ad Elisabetta che non era proprio il caso di riscaldare Buckingham Palace con i sol­di dei contribuenti messi da parte per la gente più bisogno­sa. «Questi fondi sono destina­ti alle famiglie con basso red­dito » venne spiegato diploma­ticamente in una lettera in cui si suggeriva a Sua Maestà di cercarsi un fornitore in grado di farle un prezzo di favore. Al­la fine fu trovata una soluzio­ne che permise alla Casa Rea­le di tagliare i costi del 6-8 per cento. Lo scorso anno uno stu­dio effettuato per identificare e misurare gli sprechi di ener­gia a Londra, ha individuato proprio nell’abitazione della Regina il riscaldamento cen­tralizzato peggiore della capi­tale. I fondi che Elisabetta ave­va chiesto per sé, sono stati uti­lizzati da 17 enti pubblici sud­divisi tra comuni, ospedali e associazioni senza scopo di lu­cro.