Varie, 25 settembre 2010
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 27 SETTEMBRE 2010
Sabato Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini si sono parlati attraverso due messaggi audio. Il premier s’è rivolto ai Promotori della Libertà: «In questi giorni l’immagine che dà di sé la politica è davvero un disastro, è molto peggio del teatrino di sempre, del teatrino delle chiacchiere, degli insulti, delle falsità. Meglio lasciar perdere. Fuori da questo teatrino, il nostro governo invece, il governo del fare, ha continuato a lavorare in silenzio su cose concrete, nell’interesse di tutti gli italiani». Il presidente della Camera ha diffuso attraverso i siti internet di Generazione Italia, Libertiamo e il Secolo d’Italia un messaggio atteso per tutto il giorno: definita la situazione politica «deprimente» e promesso che pur ritenendosi senza colpa, si dimetterebbe nel caso in cui fosse provato che il cognato Giancarlo Tulliani è il padrone dell’ormai famosa casa di Montecarlo ereditata da An, dopo aver lanciato varie frecciate a Berlusconi gli ha chiesto una tregua («è ora di fermare il gioco al massacro») che permetta di tornare a pensare al bene del Paese portando a termine la legislatura. [1]
«Io dovrei governare, abbiamo problemi fino al collo, ci sono 87 miliardi di titoli pubblici da collocare. E invece sono costretto a stare appresso a queste beghe» va ripetendo da giorni Berlusconi, che mercoledì, giorno del suo 74° compleanno, presenterà alla Camera il programma di governo dei prossimi tre anni. [2] Giuseppe D’Avanzo: «Si sa che il premier, nel suo intervento, illustrerà i cinque punti programmatici (giustizia, Mezzogiorno, fisco, federalismo e sicurezza) per rilanciare la corsa di un governo a corto di fiato. Berlusconi chiederà ai suoi alleati ostili (Fini) o delusi (Lega) di sottoscrivere intorno alle cinque questioni un “patto” per concludere la legislatura con un decoroso rispetto delle urgenze del Paese e degli impegni elettorali». [3]
Non potendo più esser certo del sostegno dei finiani, il governo nato dalla grande vittoria elettorale del 2008 ha adesso problemi nel raggiungere alla Camera “quota 316” (la metà più un voto dell’aula di Montecitorio). Per questo, mercoledì Berlusconi potrebbe chiedere di votare non la fiducia ma una meno impegnativa “risoluzione” (i finiani: «Bella prova di forza»). [4] Ugo Magri: «Già una volta il Cavaliere s’è sbagliato sui numeri, quando credeva che con Fini sarebbero transitati 20-25 “peones”, invece furono tanti di più. Possibile che prenda un abbaglio pure stavolta». [5] Per essere certo della riuscita della sua operazione, Berlusconi avrebbe promesso sei posti da sottosegretario. Francesco Bei: «I nomi dei 6 già sono entrati nel pissi-pissi del Pdl: Nello Musumeci (la Destra), Paola Pelino, Daniela Melchiorre (lib-dem), Amedeo Laboccetta, Anna Maria Bernini e Saverio Romano (Udc)». [2]
Tre scenari potrebbero garantire la tenuta della maggioranza. Mario Ajello: «Lo scenario numero uno, quello più tranquillizzante per il Pdl, dice che se ai 308 voti (con 12 arrivati però dal soccorso dei “franchi tiratori”) ottenuti mercoledì in favore di Cosentino (parlamentare del Pdl accusato di collusione con la camorra, la Camera ha negato ai magistrati l’uso di intercettazioni che lo riguardano, ndr) si aggiungono quelli dei 17 pidiellini e leghisti assenti si arriva a quota 325: il che significa maggioranza ampia e comoda, ben superiore ai 316 che basterebbero. Infatti, su questo scenario i berluscones metterebbero la firma, e assicurano che la metteranno, perchè “questi sono i numeri, e i numeri parlano chiaro”, dice Paolo Bonaiuti. Un altro scenario, lo scenario numero due, ma ormai non gradito a Berlusconi, che non si fida, è il ritorno del pallottoliere ai numeri originali: 316». [6]
Il raggiungimento della semplice quota 316 non sarebbe per Berlusconi una grande vittoria. Marcello Sorgi: «L’esigua maggioranza che lo sosterrebbe, in nome del salvataggio della pensione parlamentare prima che della legislatura, di fronte a nuove insostenibili difficoltà sarebbe pronta a raccogliersi, un domani, per sorreggere un altro governo, anche d’emergenza». [7] Amedeo La Mattina: «Bossi è scettico. Sa che “su Fini non ci si può più contare”. Ma sa pure che con 316 deputati non si può andare avanti, non bastano: le assenze in aula sono sempre tante e ad ogni angolo ci sarà un agguato». [8] Ciò significa che, raggiunta l’“autosufficienza” alla Camera, Berlusconi dovrebbe comunque trattare con Fini. Ugo Magri: «Nessuno meglio di lui sa che 2-3 voti in più non gli permettono di governare, di controllare le commissioni parlamentari e tanto meno di approvare “scudi” costituzionali contro i processi». [9]
Quota 316 è un traguardo senza senso se visto nell’ottica del continuare a governare, ma Berlusconi lo insegue per un altro motivo «La maggioranza di 316 non è contro Fini – avrebbe spiegato a un finiano moderato - È per far capire a tutti che c’è una maggioranza dietro di me che si opporrebbe a qualsiasi ipotesi di governo tecnico». Bei: «E in quel “tutti” il premier vede una persona sola: Giorgio Napolitano. È al Quirinale che è rivolto il messaggio che sarà recapitato il 29 settembre». [2] Ignazio La Russa: «Abbiamo una maggioranza, per non andare a votare. Difficilmente la avremmo per andare a votare. E quanto al resto, si vedrà....». Ajello: «Il “si vedrà” è lo scenario numero tre. Forse il più probabile». [6]
La maggioranza può contare su 305 deputati. Ajello: «Quelli iscritti ai gruppi di Lega e Pdl infatti sono 296, che diventano 295 dopo la decisione di Giampiero Catone di passare nel gruppo di Fini. A questi 295, vanno aggiunti i 5 di “Noi Sud” di Enzo Scotti (il gruppo nato dalla scissione con l’Mpa di Raffaele Lombardo, ndr) più i tre dei Liberal-democratici e Francesco Nucara e Francesco Pionati. Un totale di 305 voti sicuri. Ma per superare con comodità la quota salvifica di 316 diventerebbero determinanti fra gli altri i 5 voti dell’Mpa di Lombardo. E, soprattutto, quelli dei finiani di credo berlusconiano che (nei 35 di Futuro e Libertà) sono svariati: basti pensare a Menia, o a Moffa, o alla Polidori, o alla Sbai. Berlusconi, a torto o a ragione, è arciconvinto che può andare a buon fine un doppio pressing sui deputati del Gruppo Misto in cui figurano i sicilianisti e sui parlamentari ”gianfranchisti” non del genere Bocchino-Briguglio-Granata». [6]
Undici o dodici finiani, forse più, hanno votato mercoledì per Cosentino. Osvaldo Napoli: «Come si fa a darli sicuramente per persi nel proseguo della legislatura? La partita è apertissima». Ajello: «Basta però che, per usare il linguaggio berlusconiano, fra i “dissennati” finiani emerga qualche “ragionevole” o “responsabile” (ipotesi che lascia scettici svariati parlamentari pidiellini, come Marcello De Angelis: “Ma perchè dovrebbero tradire Fini, ora che Fini è un brand che tira?”) e che fra i sicilianisti “vinca la saggezza” o almeno quella che il Cavaliere giudica la loro convenienza. In questo scenario, potrebbero anche venire adottate le “geometrie variabili”. Cioè Berlusconi va avanti lungo la legislatura, prendendo una volta i voti dei finiani moderati e una volta i voti dei sicilianisti o, in generale, prendendo a seconda dei casi i voti dell’immenso e variegato corpaccione parlamentare. Che si farebbe fare a pezzi, pur di evitare che la legislatura finisse e li rimandasse a casa». [6]
Se in pubblico afferma di fidarsi dei numeri di Berlusconi, in privato Bossi racconterebbe di essersi stufato di questa guerra tra il premier e il presidente della Camera. [8] Carlo Fusi: «Nonostante le assicurazioni bossiane, nella Lega cova preoccupazione e insoddisfazione. “La campagna acquisti di Berlusconi mette tristezza” soffia infastidito Luca Zaia, governatore del Veneto. Il perchè è evidente. Lasciamo perdere la convenienza: posto che infatti sia davvero possibile, è comunque complicato considerare approdo sicuro l’affrancarsi dal giogo finiano per finire nelle mani di un pugno di transfughi e di Fregoli della dislocazione politica. Servirebbe cambiare registro, recuperando la mission affidata dagli elettori alla coalizione di governo e a chi ne incarna la premiership». [10]
È possibile che mentre si continua a a parlare della casa di Montecarlo e del cognato di Fini, la Lega (o almeno una parte) pensi al momento in cui recuperare la sua anima movimentista mettendo fine a questo esecutivo? Miguel Gotor: «Bossi lo ha già fatto una volta, mostrando coraggio politico da vendere, e, immaginiamo, non esiterà a farlo di nuovo». [11] Nel caso la situazione dovesse precipitare verso le elezioni, Berlusconi avrebbe in mente la creazione di una “Lega Sud” con lo scopo di drenare consensi all’Udc e a Fini: sarebbe composta dai seguaci di Gianfranco Micciché, dai ribelli cuffariani (ex Udc siciliani) e da “Noi Sud”. [2]
Sebbene non entusiasta del voto anticipato, da tempo Fini ha detto ai suoi di prepararsi. A confortarli ci sono i numeri di alcuni sondaggi, che sarebbero in costante crescita fino al 6, 7, perfino 8 per cento di consensi. Il Messaggero: «Non è più tempo per mediazioni. E neppure per un lavorio discreto sul territorio, una specie di porta a porta mediatico. Il progetto di partito diffuso che Fini aveva in testa e che avrebbe dovuto prendere corpo “prima nel Paese e poi tra i vertici”, per citare una recente riflessione dei finiani più cauti, prende la rincorsa. E si materializza prima del dovuto». [12] Fabio Martini: «Certo, vista da Montecitorio, l’ideale sarebbe un governo di transizione. Ma Fini se ne rende conto: per ora si tratta di una chimera». [13]
Su come presentarsi alle elezioni, i finiani coltivano idee diverse. Martini: «La prima suggestione, contando di superare la soglia del 4 per cento, è puntare sull’autosufficienza: presentarsi da soli, in nome del “vero centrodestra”. La seconda suggestione l’ha vagheggiata Italo Bocchino alla festa dell’Udc di Chianciano: un “polo moderato”, “un altro centrodestra”, assieme a quelli che ne facevano parte alle origini, da Casini a Pisanu più tutti quelli che verranno. La terza suggestione piace a personaggi come Carmelo Briguglio e Fabio Granata e la spiega Aldo Di Biagio: “Chi può escludere una grande coalizione con l’unico obiettivo di fermare l’ennesimo ritorno di Berlusconi?”». [13]
Si fa fatica a credere che Berlusconi, a un passo dal suo traguardo (la corsa al Quirinale), si accontenti di vivacchiare mediocremente fino a quando Fini sarà pronto con il suo nuovo partito. D’Avanzo: «È plausibile che egli tenti di tirarsi fuori dalle sabbie mobili che lo stanno inghiottendo con un’invenzione che “generi la politica dall’antipolitica, l’ordine dal caos”». [3] Marco Galluzzo: «Sembra che una tentazione alberghi nell’animo del capo del governo, quella di rifiutare pubblicamente i voti degli esponenti di Futuro e Libertà alla Camera, additandoli come voti di traditori, incapaci in ogni caso di garantire quel minimo di governabilità che occorrerebbe per proseguire la legislatura». [14]
Note: [1] repubblica.it, 25/9; [2] Francesco Bei, la Repubblica 24/9; [3] Giuseppe D’Avanzo, la Repubblica 21/9; [4] Corriere della Sera 24/9: [5] Ugo Magri, La Stampa 23/9; [6] Mario Ajello, Il Messaggero 23/9; [7] Marcello Sorgi, La Stampa 25/9; [8] Amedeo La Mattina, La Stampa 25/9; [9] Ugo Magri, La Stampa 22/9; [10] Carlo Fusi, Il Messaggero 24/9; [11] Miguel Gotor, Il Sole 24 Ore 25/9; [12] c. ter., Il Messaggero 25/9; [13] Fabio Martini, La Stampa 25/9; [14] Marco Galluzzo, Corriere della Sera 25/9.