Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 25/9/2010, 25 settembre 2010
PARMALAT UN GIOIELLINO DI MENZOGNE
Il cellulare della Polizia attraversa la città, la gente indica, le urla inseguono gli arrestati. A sporcare di bianco gli angoli di una storia nera, vola sul vetro un cartone di latte. E’ l’immagine conclusiva de “Il gioiellino”, un film di Andrea Molaioli liberamente tratto dalla sinistra epopea di Calisto Tanzi, ma potrebbe essere solo l’oggettiva istantanea di un recente passato. L’angolazione dell’imprenditore, velata dall’anagrafe e dai rimpianti è sempre quella di Collecchio. La Versailles che non si può pignorare, tra le brume della mattina padana, le siepi curate e le foto ingiallite dei tanti che vennero, omaggiarono e poi si dileguarono al momento opportuno. L’uomo del più spaventoso crac finanziario europeo del dopoguerra, 72 anni, è solo. I figli lontani, tra i palazzoni della prima periferia padovana (Francesca) e i nuovi inizi (Stefano) con stipendi che da sei cifre, sono passati a quattro. Sul tavolo di chi giovanissimo lasciò l’università per fondare nel 1961 la Dietalat, poi diventata Parmalat, la richiesta del procuratore della città emiliana, La Guardia, 20 anni di reclusione. Una clessidra che il 4 novembre, in occasione dell’arringa difensiva, vedrà una delle ultime occasioni di interrompersi. Poi, a meno di improbabili sovvertimenti della verità finora emersa, per il risarcimento morale (e solo parziale) dell’esercito dei 77.000 mila risparmiatori costituitisi parte civile, per Calisto, (grazie alla legge ex Cirielli del 2005) arresti domiciliari.
Tra Acqui Terme
e New York
SULLA PARABOLA criminosariconducibileaTanzieallescatole cinesi della Parmalat, si è esercitato un ex aiutoregista di Nanni Moretti, premiato esordiente con “La ragazza del Lago”. “Il gioiellino” di Molaioli (la locuzione che nel film è ritmo e ossessione ripetuta per dipingere una creatura autarchica) è un’impresa. Sintetizzare in due ore quasi mezzo secolo di industrialismo italiano che (grazie alla truffa) seppe evadere dall’anonimato per spalancare avamposti cinesi, russi, cileni, un azzardo globale e un acre racconto sulla nostra malata contemporaneità. Mesi di riprese ad Acqui Terme, passeggiate torinesi, trasvolate americane, qualche scena ancora da ultimare, a Mosca, in previsione del Festival di Cannes o di Berlino. Calisto Tanzi nellafinzionesichiamaAmanzio Rastelli e, sorpresa, non è il protagonista. Lo interpreta Remo Girone, ma l’attenzione di Molaioli, l’oggetto della sua indagine ontologica è Fausto Tonna, un Toni Servillo che dell’unico Cavaliere italiano fino all’avvento di Berlusconi, fu principale collaboratore, per poi planare fino al ruolo di direttore finanziariodellaParmalat.Scontroso,iracondo, altero, sprezzante. Un oscuro travet che grazie all’elementare uso della lingua inglese, trattò prestiti con i forzieri ebraici e gli istituti di credito statunitensi (Chase Manhattan Bank), esplorò le possibilità di un’isola (le Cayman) e considerò sempre i diretti sottoposti come pezze da piedi. Nel momento della caduta, Tonna offrì ai giornalisti con gli schiavettoni ai polsi, un saggio di freddezza tatuato nella memoria collettiva: “Auguro a voi e ai vostri congiunti una mortelentaedolorosa”.Spregiudicato, controverso, approdato ai piani alti già nel 1986 (all’epoca della quotazione in Borsa di Parmalat), prima di ricominciare da zero in una fabbrica di porte automatiche per ascensori, Tonna gestìinsolitudineunenormepotere. Molaioli ne accompagna i passi, cogliendo tensioni, volgarità, debolezze, vizi e improvvisi momenti di relax. Tutti in cantina,dovecircondatodallasuacollezione di vini pregiati, Servillo trova requie dai complicati calcoli economici, dai falsi in serie, che il vero Tonna ebbe modo di spiegare: “Ogni anno si partiva dai reali dati di bilancio, quasi tutti in perdita. Poi Calisto stabiliva quali erano i risultati da comunicare e noi studiavamo gli aggiustamenti”. Montagne di bond e distrazioni di fondi che nei disperati tentativi di salvare il gruppo, segnarono i mesi precedenti al crac del 2003.
Dalla laurea alle
sirene della Polizia
LA NARRAZIONE , archiviati un paio di diversivi, si apre su un consesso accademico. Tanzi-Girone sta ricevendo una laurea Honoris causa. Motteggi sui valori e sull’etica, fino a una telefonata che lo costringe al rientro precipitoso. Un flash sul reale e sul crinale dei guai, per poi percorrere a ritroso, l’apogeo (e la caduta) di una piccola azienda che si propose come nascente, inattesa multinazionale. Nella pellicola, sullo sfondo di una provinciagiàdescrittaafondoda Stendhal (che passa davanti agli occhi sazi di chi come Tanzi l’ha definitivamente conquistata) i lampi che permisero a Calisto di edificare l’impero. Svezia, primi anni‘60.Luielamoglie,invacanza, entrano in un Autogrill nei pressi di Stoccolma. Tra gli scaffali nordici, una scatola di Tetrapak. L’illuminazione del contenitore che avrebbe fatto Storia, unita alla scoperta della lunga conservazione (estesa poi a succhi , conserve e merendine) cementeranno la miliardaria fortuna del tycoon. Poi, nell’album fotografico non strettamente cronologico di Molaioli, tra buchi che non si possono sanare e buche in giardino dalle quali riesumare diamanti sporchi di vergogna, targhe di salumifici paterni alla parete, acquisti di squadre di calcio e il resto dell’arcipelago tanziano affetto da gigantismo e megalomania. Da Odeon Tv (una delle principali voci negative del bilancio) ai rapporti con la Dc e le alte gerarchie ecclesiastiche, fino allo sbarco in Piazza Affarieallefusioni,viaticoperladisperazione dei tanti borsisti persuasi dalla solidità della favola. Alla base della piramide, un istante prima che le sirene della Gdf cancellino le pagine scure, ammanettando sogni, scalate e trapezismi senza rete, si muovono personaggi minori.
Nipoti, investiture e
palme caraibiche
SARAH Ferbelbaum
èunanipotediTanzi,cheGirone presentaaServillo.TraTonnaela ragazza, più in là dei segreti lavorativi in comune, anche una breve liaison sentimentale, più animale che ragionata, tramontata quando le fondamenta iniziano a crollare.LeifiniràaiCaraibi,Tonna in cella, non prima di aver disegnato un ghigno sul suo stesso volto, che molto racconta sull’onnipotenza di chi si trovò a gestire l’impensabile. Mentre lo portano via in macchina, gli uffici sono messi a soqquadro e le segretarie devastano computer nel vano tentativo di occultare trucchi ed espedienti, non manca il simbolismo. Colpisce alla cieca, come in una catarsi ribaltata, il più onesto del gruppo. Un comprimario da tragedia greca, persuaso a suon di aumenti e promozioni a tacere, che si toglie la vita, mentre ogni elemento, nella sintesi e nella metafora, si compatta. Alle iperboli di Calisto, si accostano le reazioni del vasto popolo che a un tratto, ipotizzando relative sicurezze da pensione, si ritrovò con carta straccia in mano. Quelli cui Calisto, già sotto accusa, in una commistione di pessimo gusto, delirio e inadeguatezza suggerì: “Continuino a consumare prodotti Parmalat”.
Cartelli, proteste e
lacrime inutili
POI I CARTELLI davanti al tribunale di Milano: “Tanzi e soci tirate fuori i nostri risparmi”, la rivolta degli allevatori, gli insulti gridati a piena voce tra le lacrime sotto le finestre di una società evaporata con il peso del buco monstre. Quattordici miliardi di euro, volati via tra una voragine, un paradiso fiscale, una diligence e un ambiguo, costante drenaggio di fondi da una scatola all’altra. Con un tono morale ma non moralista, scorre l’anatomia di un disastro. Un’analisi dei fatti puntualemadistantedall’inchiesta. Un’esegesi antropologica che vale come monito e lezione, sui patrimoni cresciuti esponenzialmente al riparo da qualsiasi controllo nel Titanic Italia. Alla sceneggiatura, con Ludovica Rampoldi e Molaioli, la penna di Gabriele Romagnoli. Mentre i produttori di Indigo, Giuliano e Cima ultimano insieme a Occhipinti il nuovo progetto di Sorrentino (sei settimane, nessun in-toppo) Molaioli conclude. Tanzi aspetta la visione. Incerto, è solo il luogo della proiezione. Al cinema, a Collecchio, nel limbo. Alternative, vie di fuga o ipotesi adesso non esistono più.