Sergio Bocconi, Corriere della Sera 25/9/2010, 25 settembre 2010
La consulenza tecnica dal pool guidato dal vicepresidente della Bocconi e super esperto di bilanci Luigi Guatri, dopo una serie di slittamenti dovuti a «complessità tecnica», è stata depositata ieri
La consulenza tecnica dal pool guidato dal vicepresidente della Bocconi e super esperto di bilanci Luigi Guatri, dopo una serie di slittamenti dovuti a «complessità tecnica», è stata depositata ieri. E si tratta di un volumone di circa 200 pagine ricco di cifre, tabelle, spiegazioni sul metodo che ne rendono complessa la lettura anche agli addetti ai lavori. Ma il quesito al quale sono stati chiamati a rispondere Guatri, Maria Martellini e Giorgio Pellicelli era non solo delicato per la posta in gioco (comunque centinaia di milioni) e le implicazioni anche politiche, visto che le controparti sono la Cir di Carlo De Benedetti e la Fininvest di Silvio Berlusconi, ma complicatissimo anche perché si riferisce a fatti e valori di 20 anni fa: la «guerra di Segrate» per il controllo della Mondadori cominciata a fine ’89 e conclusa il 29 aprile 1991 con la spartizione del gruppo editoriale. Esito le cui condizioni sono però state fortemente influenzate dalla sentenza del 24 gennaio 1991 risultata in seguito «comprata» con la corruzione del giudice estensore Vittorio Metta. Il giudice Raimondo Mesiano in primo grado ha condannato la Fininvest a risarcire a Cir 750 milioni, somma che deriva dal danno subito da De Benedetti per aver trattato in condizioni rese sfavorevoli dalla sentenza «corrotta», più rivalutazioni e interessi dovuti al tempo trascorso. Con uno sconto del 20% perché, secondo Mesiano, la Cir avrebbe comunque avuto l’80% delle chance di ottenere una decisione favorevole in assenza di corruzione. La Corte d’Appello ha perciò chiesto ai consulenti «se e quali variazioni dei valori delle società e delle aziende oggetto di scambio fra le parti siano intervenute fra giugno 1990 e aprile 1991, con particolare riguardo agli andamenti economici delle stesse e all’evoluzione dei mercati dei settori di riferimento». Le date vanno osservate con attenzione: perché, secondo quanto si legge nella sentenza Mesiano, nel giugno 1990 sono in corso trattative presso Mediobanca fra Cir e Fininvest per arrivare a una spartizione della Mondadori, sollecitata dal mondo politico e in particolare da Giulio Andreotti. Ebbene, il 19 giugno 1990 il negoziato sarebbe arrivato a definire la divisione della Mondadori con l’offerta da parte di Fininvest di un conguaglio monetario a favore della Cir di circa 400 miliardi di lire, proposta che non viene successivamente riconosciuta dal gruppo Berlusconi ma che Mesiano (che cita, fra le altre, le testimonianze dell’avvocato Sergio Erede, dal lato Cir di Corrado Passera e dal lato Fininvest di Fedele Confalonieri) considera invece ampiamente provata e definisce spartizione «pulita». Il 29 aprile 1991, dopo la sentenza del 24 gennaio, si arriva invece alla spartizione che il giudice chiama «corrotta»: questa volta è la Cir a pagare a Fininvest un conguaglio di 370-400 miliardi di lire. La Corte d’Appello ha chiesto al pool guidato da Guatri di stabilire se nella differenza di prezzo fra la spartizione «pulita» e quella «corrotta», che Mesiano indica in 236,5 milioni di euro e considera come «danno fondamentale», siano intervenute anche «variazioni di valore», cioè in sostanza oggettive, dipendenti da svariate componenti e che i consulenti calcolano spiegandone ampiamente metodologie e basi ricostruttive. La misura complessiva viene indicata in 86,7 miliardi di lire, pari 44,5 milioni di euro. Somma che per 40 miliardi si riferisce ad Ame-Amef (Mondadori editoriale e finanziaria), 24 miliardi a la Repubblica, 9,7 a l’Espresso e 11,7 a Finegil (i quotidiani locali). Questa variazione di valore, considerata «oggettiva» e quindi non dipendente dalle condizioni rese sfavorevoli dalla sentenza «corrotta», è pari al 18,8% del danno fondamentale calcolato da Mesiano e andrebbe dunque dedotta da questa cifra. Inoltre, secondo altre informazioni ricavate dai consulenti anche se non richieste dalla Corte d’Appello, il Tribunale ha commesso un «errore di calcolo» compreso fra 34,5 e 54,1 milioni di euro che ridurrebbe il danno fondamentale a una cifra compresa fra 182,2 e 202 milioni (rispetto alla quale la «variazione di valore», oggettiva, passa al 22-24%) Infine, i periti ritengono che un’altra voce che il giudice Mesiano aggiunge al danno fondamentale, chiamata «integrazione equitativa» e pari a 47,5 milioni, nella quasi totalità «non può avere dimostrazione quantitativa». La consulenza non si occupa invece di altre componenti che secondo Mesiano concorrono a stabilire il «danno finale», cioè le spese legali (8,2 milioni) e la «lesione dell’immagine patrimoniale di Cir» (20,6 milioni). Né tratta la rivalutazione monetaria e gli interessi che moltiplicano per 3,12 volte la cifra del danno e neppure lo «sconto» del 20% applicato in relazione al ragionamento sulle «chance» della Cir di ottenere una sentenza favorevole se non corrotta. Alla fine dunque sulla base della perizia, attraverso calcoli che non sono però contenuti nelle 200 pagine della consulenza, si può dire che il danno finale, cioè il risarcimento di Fininvest a Cir, calcolato da Mesiano in 749,9 milioni, si ridurrebbe del 35-41%, cioè di una cifra compresa fra 264 e 310 milioni, e si aggirerebbe fra 440-490 milioni.